Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5221 del 17/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 17/02/2022, (ud. 16/12/2021, dep. 17/02/2022), n.5221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11822-2021 proposto da:

O.L.O., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ETTORE FAUSTO PUCILLO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto n. cronol. 2005/2021 del TRIBUNALE di MILANO,

depositato il 09/03/2021;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 16/12/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO

FALABELLA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – E’ impugnato per cassazione il decreto del Tribunale di Milano del 9 marzo 2021 con cui è stata respinta la domanda di protezione internazionale proposta da O.L.O., proveniente dalla Nigeria.

2. – Il ricorso per cassazione si fonda su quattro motivi. Il Ministero dell’interno, intimato, ha depositato un “atto di costituzione” in cui non è svolta alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso sono i seguenti.

Primo motivo: “Violazione della L. n. 46 del 2017, art. 35 bis, comma 11, lett. a), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: mancata audizione del ricorrente in ipotesi tassative previsto dalla legge con conseguente violazione del principio del contraddittorio, violazione del principio del giusto processo e violazione del diritto di difesa”.

Secondo motivo: “Violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3: illegittimità del giudizio di credibilità per erronea, omessa valutazione del racconto del ricorrente e dei fatti; difetto di motivazione”.

Terzo motivo: ” Nullità del decreto ex art. 132 c.p.c., e violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, e art. 27, comma 1 bis, nonché violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c); violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione sussidiaria ovvero umanitaria per violazione dell’obbligo di cooperazione istruttoria nonché motivazione omessa, apparente, generica ed insufficiente per mancata specifica indicazione delle fonti relative al paese di provenienza del ricorrente”.

Quarto motivo: “In via subordinata: violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5: illegittimità del mancato riconoscimento della protezione umanitaria per difetto di motivazione, violazione di legge ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio”.

2. – Il primo motivo è inammissibile.

Con riguardo alla richiesta di audizione, va ricordato che il ricorso per cassazione con il quale sia dedotta, in mancanza di videoregistrazione, l’omessa audizione del richiedente che ne abbia fatto espressa istanza, deve contenere l’indicazione puntuale dei fatti che erano stati dedotti avanti al giudice del merito a sostegno di tale richiesta, avendo il ricorrente un preciso onere di specificità della censura (Cass. 11 novembre 2020, n. 25312).

La proposizione su cui si regge il mezzo di censura è oltretutto espressa in termini che non possono essere condivisi. E infatti, nel giudizio innanzi all’autorità giudiziaria, successivo alla decisione della Commissione territoriale, ove manchi la videoregistrazione del colloquio, all’obbligo del giudice di fissare l’udienza non consegue automaticamente quello di procedere all’audizione del richiedente, purché sia garantita a costui la facoltà di rendere le proprie dichiarazioni, o davanti alla commissione territoriale o, se necessario, innanzi al tribunale: onde il giudice ben può respingere una domanda di protezione internazionale se risulti manifestamente infondata sulla sola base degli elementi di prova desumibili dal fascicolo e di quelli emersi attraverso l’audizione o la videoregistrazione svoltesi nella fase amministrativa, senza che sia necessario rinnovare l’audizione (Cass. 20 gennaio 2020, n. 1088; Cass. 28 febbraio 2019, n. 5973; si tratta di una giurisprudenza che è conforme al quella unionale: cfr. infatti Corte giust. UE 26 luglio 2017, C-348/16, Moussa Sacko).

Il secondo mezzo è parimenti inammissibile.

Esso manca di misurarsi con il decreto impugnato e appare orientato a una non consentita rivisitazione del fatto.

Il Tribunale ha spiegato come il racconto del richiedente, vertente sul timore da lui manifestato quanto alla propria incolumità, minacciata da un gruppo criminale operante nella regione da cui il medesimo proveniva, risultava essere privo di specificità e mancante di coerenza esterna (avendo cioè riguardo alle fonti di stampa consultate dallo stesso giudice del merito, menzionate nel corpo del provvedimento: pag. 6 del decreto).

Il ricorrente, col motivo in esame, mira a confutare quanto affermato dal giudice di prima istanza con riguardo al valore probatorio da attribuirsi a un documento da lui prodotto (documento recante attestazione, da parte di un avvocato, quanto alla recezione di una denuncia riguardante minacce e un tentativo di rapimento da parte di una gang criminale). E’ da rammentare, in proposito, che il giudice di prima istanza ha dubitato della genuinità dello scritto in considerazione della sua datazione e ha osservato come lo stesso non fosse sufficiente a suffragare la credibilità della vicenda narrata. Ebbene, l’esame e la valutazione dei documenti di causa, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito (per tutte: Cass. 31 luglio 2017; Cass. 2 agosto 2016, n. 16056).

Il terzo motivo è inammissibile per la sua genericità.

Il ricorrente non chiarisce quali sarebbero i fatti desumibili dalle fonti successive a quelle menzionate dal Tribunale (aggiornate a giugno 2020) che assumerebbero rilievo ai fini dell’accoglimento della sua domanda. La censura non dà nemmeno conto degli elementi di fatto idonei a dimostrare che il giudice di merito abbia deciso sulla base di informazioni non più attuali, e non contiene, quindi, precisi richiami, anche testuali, alle fonti alternative o successive proposte, in modo da consentire alla S.C. l’effettiva verifica circa la violazione del dovere di collaborazione istruttoria (Cass. 21 ottobre 2019, n. 26728; in senso analogo Cass. 12 marzo 2021, n. 7105).

Il quarto motivo è anch’esso inammissibile.

E’ stata accertata l’assenza di indici di vulnerabilità in capo al ricorrente che – ricorda il Tribunale – nel paese di origine svolgeva due attività lavorative, godendo tuttora di una rete di relazioni familiari di rilievo (potendo contare sull’appoggio dei genitori, dei fratelli, della moglie e del figlio). E’ stata pure appurata la mancanza di concreto radicamento di O. in Italia, posto che il richiedente non ha sul territorio nazionale alcun legame sociale e parentale e non risulta essere stato impegnato in attività diverse rispetto a quelle aventi ad oggetto la formazione e la frequenza di un corso di lingua. Il giudice del merito ha dunque correttamente basato la propria decisione sulla valutazione comparativa tra la situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese di origine e la situazione d’integrazione raggiunta in Italia (da ultimo: Cass. Sez. U. 9 settembre 2021, n. 24413). L’accertamento di fatto che è stato speso non è censurabile nella presente sede; né vale opporre il mancato esame, da parte del Tribunale, di alcuni documenti: i medesimi (menzionati nel ricorso) si riferiscono infatti alla frequentazione di corsi di formazione e di lingua italiana, ma – come si è visto – il Tribunale ha reputato non decisiva tale circostanza (e, d’altro canto, l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie: Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053; Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8054). Sfugge, poi, al sindacato di legittimità quanto dedotto in ricorso con riferimento all’emergenza epidemiologica determinata dalla diffusione del Covid-19: il tema risulta estraneo al provvedimento impugnato e il ricorrente non spiega se e come esso sia stato fatto valere in sede di merito.

3. – Il ricorso va dichiarato in conclusione inammissibile.

4. – Nulla è da statuire in punto di spese processuali.

P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello stabilito per il ricorso, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 6 Sezione Civile, il 16 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 17 febbraio 2022

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