Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5221 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2010, (ud. 13/01/2010, dep. 04/03/2010), n.5221

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. BALLETTI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CASA CURA DI TORTORELLA S.P.A., in persona del presidente del C. d’A.

e Dott. T.A., e questi in proprio, T.

A., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 66,

presso lo studio dell’avvocato SPAGNUOLO GIUSEPPE, che li rappresenta

e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati CORRERA

FABRIZIO, CORETTI ANTONIETTA, COSSU BENEDETTA, giusta mandato in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

S.C.C.I. S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 967/2005 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 14/06/2005 R.G.N. 7/04;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

13/01/2010 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE NAPOLETANO;

udito l’Avvocato SGROI ANTONINO per delega CORETTI ANTONIETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Salerno respingeva l’impugnazione proposta dalla società Casa di Cura Torterella e dal Dott. T. A. avverso la sentenza del Tribunale di Salerno che aveva rigettato l’opposizione, da essi proposta, avverso l’ordinanza ingiunzione n. 442/99 con la quale l’INPS aveva ordinato il pagamento della somma di L. 5.600.000 per omesso versamento di contributi previdenziali concernenti il periodo gennaio 1997-ottobre 1998.

I giudici di appello, rilevato che la mancata osservanza del disposto di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 23, non comportava, relativamente al mancato deposito nei termini della documentazione da parte della Amministrazione ingiungente, alcuna nullità od irrilevanza della documentazione tardivamente depositata, riteneva raggiunta la prova dell’esistenza del fatto costitutivo desunta dall’ordinanza ingiunzione e dal verbale di accertamento notiziato insieme all’illecito amministrativo dal Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale.

Avverso tale sentenza la società Casa di Cura Tortorella ed Dott. T.A. ricorrono in Cassazione sulla base di un’unica censura.

Resiste con controricorso l’INPS.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unica censura i ricorrenti deducono “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione al principio dell’onere della prova (art. 2697 c.c.) e della disponibilità delle prove raccolte (artt. 416 e 115 c.p.c.) ed il vizio di motivazione su punto decisivo della controversia”.

Allegano che l’INPS non ha dimostrato alcun fatto che concretasse il contestato inadempimento e sostengono che la parte non può presentare tardivamente le prove senza incorrere nelle preclusioni stabilite dalla legge(art. 416 c.p.c.).

Lamentano che non è stata indicata, nella contestazione della omissione, la data ed il preciso importo della omissione. Assumono, poi, che dal prospetto riepilogativo delle sanzioni accertate, posto a base della sentenza impugnata,non si evincono i periodi e le somme omesse, nè tanto, assumono, è evincibile dal verbale ispettivo.

La censura è infondata.

Mette conto, preliminarmente, rilevare che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che, nel procedimento di opposizione ad ordinanza – ingiunzione, il termine di dieci giorni prima dell’udienza di comparizione, fissato dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 2, per il deposito da parte dell’amministrazione dei documenti relativi all’infrazione ed alla sua contestazione, non ha natura perentoria, mancando nella norma una simile comminatoria, onde la sua inosservanza non implica alcuna decadenza (ex plurimis, Cass. 5 luglio 2006 n. 15324; Cass. 11 novembre 2004 n. 21491; Cass. 17 gennaio 1998 n. 373; Cass. 30 giugno 1997 n. 5831 e Cass. 6 agosto 1992 n. 9310), nè fa venir meno la presunzione di veridicità dei fatti attestati dai verbalizzanti come avvenuti in loro presenza (Cass. 14 dicembre 2004, n. 15828).

Nella specie il giudice di appello ha applicato siffatto principio sul presupposto della operatività, nella controversia in esame, della normativa di cui alla L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, che disciplina il procedimento di opposizione ad ordinanza-ingiunzione.

Su tale ultimo punto non vi è specifica censura, sicchè sono del tutto irrilevanti le doglianze svolte dai ricorrenti con riferimento alla violazione dell’art. 416 c.p.c..

Relativamente alla censura concernente la valutazione del materiale probatorio, rileva il Collegio che il relativo apprezzamento si risolve in un apprezzamento di fatto, che, in quanto sorretto da motivazione non inficiata da incongruenze e vizi logici, si sottrae al sindacato di questa Corte.

Nè, e vale la pena di sottolinearlo, i ricorrenti, in violazione del principio di autosufficienza, pur deducendo l’erronea valutazione della documentazione posta a base della sentenza impugnata, trascrivono nel ricorso il testo di tale documentazione, impedendo in tal modo qualsiasi sindacato di legittimità al riguardo.

In conclusione il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 10,00, oltre Euro 3000,00 per onorario ed oltre spese, IVA e CPA. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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