Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5220 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. I, 04/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 04/03/2011), n.5220

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (C.F. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

25/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 6.02.2008, C.G. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 21-25.11.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 5.000,00, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè un terzo delle spese processuali, distratte in favore del difensore antistatario e liquidate per l’intero in complessivi Euro 1.130,00 (di cui Euro 500,00 per diritti ed Euro 600,00 per onorari), oltre competenze accessorie come per legge, e compensate per i residui due terzi. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che il C. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo, processo ancora pendente ed introdotto dinanzi al TAR Campania con ricorso del 14.11.2000, nei confronti della Gestione Governativa della Circumvesuviane.

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, già protrattosi per 8 anni sino al deposito del ricorso per equa riparazione, poteva essere fissata in anni tre, data la relativa natura;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 5 anni, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere liquidato all’attualità in ragione di Euro 1.000,00 ad anno;

– che non ricorrevano le condizioni per riconoscere l’ulteriore somma forfettaria richiesta dall’istante;

– che i peculiari profili, oggettivi e soggettivi, del caso considerato, legittimavano, anche in ragione dei limiti di accoglimento della pretesa, la compensazione dei 2/3 delle spese del procedimento e la condanna dell’amministrazione al pagamento del residuo terzo.

Avverso questo decreto il C. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 2.10.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente, con il ricorso il C. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (mot da 1 a 6) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00 e sia (motivi 7 e 8) alla compensazione parziale delle spese processuali, avversata soltanto in ragione del fatto che la soccombenza dell’amministrazione ne avrebbe dovuto implicare la condanna alle spese del giudizio di merito.

Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Inammissibili si rivelano il primo ed il secondo motivo del ricorso, per genericità dei relativi quesiti, del tutto astratti e privi di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:

il terzo motivo del ricorso, giacchè nel caso in disamina la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200608714; 200723844; 200803716) il quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684; 200922869; 201001893; 201019054);

– il settimo e l’ottavo motivo del ricorso, inerenti alla disposta compensazione parziale delle spese processuali del giudizio di merito, giacchè nei processi davanti ai giudici nazionali, ivi compresi quelli di equa riparazione per irragionevole durata del processo, il regime delle spese di lite deve seguire le regole legali previste dalla legge italiana (in tema, cfr. cass. 200318204;

200423789; 200714053), secondo le quali rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito disporne la compensazione, in tutto o in parte, anche nel caso di soccombenza di una parte, ed ancora che la statuizione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, si rivela motivata e segnatamente sostenuta da plausibili ragioni che sono rimaste incensurate.

C., soccombente, va condannato al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il C. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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