Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5218 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 26/02/2020), n.5218

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32764/2018 proposto da:

D.E., rappresentato e difeso dall’avv. Ennio Cerio, presso

il suo studio, in Campobasso, via Mazzini, 101;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

02/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il tribunale di Campobasso, con il Decreto n. 2128/18 pubblicato il 2 ottobre 2018, ha rigettato la domanda proposta da D.E., cittadina proveniente dal (OMISSIS), escludendo il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha rilevato la scarsa credibilità, le contraddizioni, la vaghezza ed implausibilità del racconto del ricorrente, il quale ha riferito di essere fuggito dal Gambia per timore di essere arrestato, non potendo far fronte al risarcimento dei danni provocati in un incidente avvenuto mentre era in servizio quale vigile del fuoco; in ogni caso, rilevava la mancanza di carattere persecutorio nella vicenda narrata.

Il tribunale ha inoltre escluso che nell’area di provenienza del richiedente, il Gambia, fosse allo stato ravvisabile una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità della richiedente.

Il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’odierna adunanza il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’unico motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), nonchè alla protezione umanitaria, essendo mancata la valutazione, mediante fonti autorevoli ed aggiornate della situazione del paese di origine del richiedente, avuto riguardo all’esistenza di una situazione di violenza diffusa, di guisa che il rientro del cittadino straniero lo esponga al pericolo per la sua incolumità fisica o psichica.

Il motivo è inammissibile.

Per quanto concerne la protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

Nel caso di specie, il tribunale ha accertato, mediante il ricorso a fonti internazionali attendibili citate in motivazione (Rapporti di Amnesty International, Operation World), secondo quanto richiesto dal recente indirizzo di questa Corte (Cass. 11312/2019) che la zona di provenienza dell’immigrato (Gambia) non risultava interessata da una situazione di violenza diffusa riconducibile a quella di cui all’art. 14, lett. c), essendo in atto una evidente evoluzione sul piano economico e della tutela dei diritti civili, mentre le criticità, tuttora presenti nel paese, riguardano categorie definite, quali attivisti, oppositori politici e giornalisti e non valgono ad integrare, quella situazione di “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, richiesta dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c)).

Va poi dichiarata inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio della pronuncia, la censura circa il mancato riconoscimento della protezione umanitaria, posto che non viene dedotta una specifica situazione di “vulnerabilità” del richiedente; condizione di “vulnerabilità” che va specificamente delineata nei suoi elementi costitutivi, onde consentire di effettuare una effettiva valutazione comparativa della situazione del richiedente, con riferimento al paese di origine, al fine di verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti umani, al di sotto del nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale, in correlazione con la situazione di integrazione raggiunta nel paese di accoglienza (Cass. 4455/2018).

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Ministero dell’Interno, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in 2.100,00 Euro per compensi, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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