Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5214 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 17/12/2019, dep. 26/02/2020), n.5214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32132/2018 proposto da:

O.C., rappresentato e difeso dall’avv. Ennio Cerio,

presso il suo studio, in Campobasso, via Mazzini, 101;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositata il

26/09/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/12/2019 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Il tribunale di Campobasso, con il decreto n. 2137/18, pubblicato il 26 settembre 2018, ha rigettato la domanda proposta da O.C., cittadino proveniente dalla (OMISSIS), escludendo il riconoscimento di ogni forma di protezione.

Il Tribunale, in particolare, ha rilevato la scarsa credibilità e la mancanza di specifici riferimenti temporali del racconto del ricorrente, il quale ha riferito di un attacco perpetrato nell’aprile 2014 dalle milizie del (OMISSIS) nella città di (OMISSIS): il racconto risultava vago, stereotipato ed impreciso, in quanto, dalla consultazione delle fonti era emerso che l’attacco si era verificato nel (OMISSIS), e dunque alcuni mesi dopo rispetto alla data riferita; il richiedente non era stato in grado di circostanziare gli eventi e di specificare elementi essenziali della vicenda, nè di chiarire le ragioni del proprio timore di rientrare in patria, ed inoltre pur dichiarando di conoscere la lingua Haussa, non era stato in grado di indicare il significato del nome “(OMISSIS)”, espresso in tale idioma.

Il tribunale ha inoltre escluso che nell’area di provenienza del richiedente (l’Anambra State in Nigeria), fosse ravvisabile una situazione di violenza generalizzata, come richiesto dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed ha altresì respinto la richiesta di protezione umanitaria, rilevando la mancanza di una specifica situazione di vulnerabilità del richiedente.

Il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva.

In prossimità dell’odierna adunanza il ricorrente ha depositato memoria difensiva.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, in relazione alla protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), essendo mancata la valutazione, mediante fonti autorevoli ed aggiornate della situazione del paese di origine del richiedente, avuto riguardo all’esistenza di una situazione di violenza diffusa, di guisa che il rientro del cittadino straniero lo esponga al pericolo per la sua incolumità fisica o psichica.

Il motivo è infondato.

Con riferimento alla protezione di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel Paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base ad un accertamento che dev’essere aggiornato al momento della decisione (Cass., 28/06/2018, n. 17075; Cass., 12/11/2018, n. 28990). Al fine di ritenere adempiuto tale onere, inoltre, il giudice è tenuto ad indicare specificatamente le fonti in base alle quali abbia svolto l’accertamento richiesto (Cass., 26/04/2019, n. 11312).

Orbene, nel caso di specie, la Corte territoriale ha escluso la sussistenza, nella zona di origine del richiedente, di una situazione di conflitto armato evidenziando che da un lato (OMISSIS) operava nel nord est del paese e che l’ultimo rapporto di Amnesty international (2017-2018) non aveva evidenziato specifici episodi di conflitti armarti nella regione di provenienza del richiedente.

Il secondo motivo, concerne, sempre con riferimento alla mancata indagine sul paese di origine, la protezione umanitaria, denunciandosi la violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32.

Pure tale motivo è infondato.

Premesso che, come già rilevato, con apprezzamento adeguato il Tribunale ha ritenuto non credibile il racconto del richiedente, è evidente che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche ai fini della protezione umanitaria, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018).

Il mezzo è peraltro del tutto generico e non contiene una allegazione della specifica situazione di fragilità del richiedente.

In conclusione, il ricorso va rigettato e, considerato che il Ministero dell’Interno non ha svolto difese, non deve provvedersi sulle spese del presente giudizio.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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