Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5212 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. I, 04/03/2011, (ud. 27/10/2010, dep. 04/03/2011), n.5212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

P.M.C. (c.f. (OMISSIS)), L.

I., L.M.A., L.S.E.,

L.E., H.A., L.P., elettivamente

domiciliati in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 13, presso l’avvocato

CASTELLI AVOLIO GIUSEPPE, che li rappresenta e difende, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 5399/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/10/2010 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA COLTRERA;

udito, per i controricorrenti, l’Avvocato CASTELLI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l’accoglimento del ricorso

e statuizione di merito con decorrenza degli interessi (dal

14/7/1993) con conseguente nuova statuizione delle spese.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto notificato il 20 gennaio 2002 P.M.C., H.A., L.E., L.I., A. L.M., L.S.E. hanno impugnato innanzi alla Corte d’appello di Roma la sentenza del Tribunale di Roma che aveva respinto la loro domanda proposta nei confronti del Ministero del Tesoro, ora Ministero dell’Economia e delle Finanze, per ottenerne la condanna al pagamento dell’indennizzo previsto per la perdita di beni situati nello Stato estero dello Zaire ai sensi del combinato disposto della L. n. 135 del 1985 e L. n. 98 del 1994.

Hanno contestato il valore attribuito sulla base della c.t.u. alla loro azienda; hanno chiesto la rivalutazione della somma loro spettante e l’attribuzione degli interessi moratori; hanno infine censurato il criterio applicato per compensare le somme loro dovute con quelle già incassate tal proposito hanno lamentato che il primo giudice aveva rivalutato dal 1987 l’importo loro corrisposto e, diversamente, sull’indennizzo riconosciuto moltiplicato per il coefficiente 1,90 sino al 1985, non aveva computato nè interessi nè rivalutazione.

Con sentenza n. 5399 depositata il 20 dicembre 2004, la Corte d’appello, accogliendo l’ultimo motivo, ha condannato l’amministrazione al pagamento della somma pari alla differenza tra il valore giudiziale dell’azienda calcolato in L. 3.193.754.691- valore accertato in giudizio moltiplicato per il coefficiente 1,90 attualizzato al 1985 -, oltre gli interessi legali dal 4.5.85 all’attualità, e l’importo di L. 1.950.949.582 corrisposto agli istanti nel 1987, maggiorato degli interessi dal gennaio 1987 all’attualità. Sul risultato ha riconosciuto gli interessi legali dalla data della domanda giudiziale.

Avverso questa decisione il Ministero dell’Economia ha infine proposto il presente ricorso per cassazione sulla base di unico motivo resistito dagli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 1182 e 1224 c.c. e della L. 26 gennaio 1980, n. 16, art. 5. Censura l’impugnata statuizione per aver attribuito gli interessi di mora in favore degli istanti dalla data del 4 maggio 1985 di entrata in vigore della L. n. 135 del 1985, sino al soddisfo.

Ascrive alla Corte di merito errore consistito nel ritenere che l’entrata in vigore della L. n. 135 del 1985. che regola il caso di specie .determinasse automaticamente l’insorgere dell’obbligazione per gli interessi, laddove sarebbe stato necessario un atto di costituzione in mora, cui non è omologabile l’istanza di liquidazione,che rappresenta mero atto d’avvio del procedimento amministrativo. Sostiene inoltre che il coefficiente di rivalutazione previsto dalla L. n. 116 del 1980, art. 5, ha natura forfetaria, in coerenza col carattere indennitario del beneficio previsto in subiecta materia, e copre sia. gli interessi moratori che il maggior danno ex art. 1224 c.c. Per l’effetto null’altro spettava agli istanti, a meno della prova del maggior danno da ritardo.

I controricorrenti deducono inammissibilità ed in subordine infondatezza del motivo. Osservano che la Corte territoriale ha emendato l’errore del primo giudice il quale aveva rivalutato dal 1987 solo l’importo loro corrisposto e non anche quello loro dovuto.

Il motivo appare fondate.

La Corte territoriale ha sostenuto che il coefficiente unico dell’1,90, che, secondo quanto previsto dalle norme citate funge da moltiplicatore dell’indennizzo, comprende tanto la rivalutazione che gli interessi moratori, che rappresentano categorie giuridiche tipicamente risarcitorie e perciò inapplicabili nella specie. Gli istanti peraltro non avevano provato il maggior danno. Nè la somma già corrisposta dall’amministrazione, risultante dall’applicazione del detto coefficiente, nè la residua somma non ancora pagata potevano perciò essere rivalutate. Il primo importo andava attualizzato mediante corresponsione degli interessi legali alla data d’entrata in vigore della L. n. 135 del 1985; la somma già incassata doveva essere attualizzata a partire dalla data del 1987 stabilita dal primo giudice. Sull’importo finale gli interessi legali decorrevano dalla data della domanda giudiziale.

La Corte territoriale è incorsa nel denunciato error juris laddove ha attribuito gli interessi sulla somma già rivalutata mediante l’applicazione del coefficiente unico dalla data della legge che ha introdotto questo fattore di moltiplicazione sino alla data del soddisfo. Si tratta di interessi moratori, la cui attribuzione postula l’atto di costituzione in mora, identificabile con la domanda giudiziale. La L. n. 135 del 1985 non ha infatti determinato automaticamente il sorgere dell’obbligazione in oggetto. Sui nucleo di questa conclusione non incide la questione di diritto posta dall’amministrazione ricorrente, se l’istanza in via amministrativa che avvia il procedimento previsto per la liquidazione dell’indennizzo valga a costituire in mora l’amministrazione, pur se questa, come nel caso di specie, si sia attivata tempestivamente.

L’auspicata soluzione appare condivisa dalla Corte territoriale che, richiamando ed applicando lo stesso principio invocato dalla ricorrente, ha calcolato la somma spettante agli, istanti secondo i criteri già in vigore moltiplicati per il coefficiente 1.90 previsto dalla L. n. 135 del 2005 comprensivo del risarcimento da ritardato adempimento, sia per la parte ragguagliata agli interessi irroratori maturati alla stessa data, sia per l’eventuale maggior danno ex art, 1224, comma secondo cod. civ., non certo a partire da quella data. La non omologabilità dell’istanza presentata in via amministrativa all’atto di costituzione è perciò estranea alla ratio decidendi, dunque irrilevante. E’ invece pertinente e fondata la censura relativa all’attualizzazione della somma calcolata dal giudice d’appello a far tempo calla data d’entrata in vigore della L. n. 135 del 1984, sino alla data della liquidazione. Gli interessi moratori, e se provato il maggior danno, sono configurabili in ragione della responsabilità dell’amministrazione per il ritardo nell’adempimento dell’obbligo del pagamento dell’indennizzo, cui corrisponde il diritto soggettivo del privato alla sua corresponsione, se sussistono le perdite avente fonte nella legge citata – cfr. Cass. n. 10912/2008 e 12281/2008 sul solco di n. 3070/1997 -, Secondo la disciplina delle obbligazioni pecuniarie, dunque dell’art. 1224 c.c., gli accessori di cui si discute sono dovuti non per il semplice ritardo nella corresponsione di questo indennizzo, ma dal momento in cui l’avente diritto, costituendo in mora il Ministero obbligato, ne chiede il pagamento, e maturano per l’effetto da quest’ultima data, necessariamente coincidente con quella domanda giudiziale, tanto in relazione alla somma calcolata sulla base del moltiplicatore legalmente predeterminato, non corrisposta, quanto sul quid pluris preteso dall’avente diritto rispetto all’indennizzo già liquidatogli in via amministrativa. Fatta salva, ovviamente, la prova, di cui è onerata l’amministrazione, che il ritardo o l’inesattezza della prestazione non siano dipesi da causa ad essa non imputabile, secondo quanto dispone l’art. 1218 c.c..

A questa costruzione esegetica non si è adeguata la Corte d’appello laddove ha fissato il decorso degli interessi moratori sulla somma liquidata in favore degli attori dalla data dell’entrata in vigore della legge applicata sino alla data della liquidazione, così come ha fatto per la parte d’indennizzo già incassata tenendo conto ai fini del dies a quo della data della sua percezione, correggendosi solo nell’attribuzione sul dovuto degli interessi legali, quali ordinari frutti civili, con corretta decorrenza dalla domanda giudiziale.

Tanto premesso, il ricorso deve essere accolto e l’impugnata sentenza deve essere cassata con pronuncia nel merito ex art. 384 c.p.c. non necessitando ulteriori indagini istruttorie, disponendo la condanna dell’amministrazione finanziaria convenuta, che nè risulta in sede di merito nè sostiene in questa sede aver mantenuto condotta scriminante rispetto all’inadempimento ascrittogli, a corrispondere agli attori gli interessi sulla differenza ad essi spettante tra la somma già percepita nel 1987 di L. 1.950.949.582 e quella loro dovuta, pacificamente esatta, calcolata dal giudice del gravame in L. 3.193.754.691, dal 14.7.1993, data della domanda giudiziale, sino al soddisfo.

La peculiarità della questione trattata, e la parziale irrilevanza delle questioni introdotte dalla ricorrente rispetto al nucleo fondante la decisione impugnata, giustificano la compensazione integrale delle spese del presente giudizio; ferme, per il giudizio di merito, le spese già liquidate.

PQM

La Corte:

accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione e decidendo nel merito condanna l’amministrazione finanziaria ricorrente a corrispondere agli attori gli interessi sulla differenza loro spettante tra la somma già percepita nel 1987 di L. 1.950.949.582 e quella liquidata in sede di merito in L. 3.193.754.691 dal 14.7.1993 sino al soddisfo. Compensa le spese del presente giudizio; ferme, per il giudizio di merito, le spese già liquidate.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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