Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5210 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. lav., 04/03/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 04/03/2010), n.5210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo – Presidente –

Dott. VIDIRI Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. MAMMONE Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4876-2006 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo

studio dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e difende con

l’avvocato TRIFIRO’ SALVATORE giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZALE DON

MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato AFELTRA ROBERTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ZEZZA LUIGI, giusta

delega a margine del controricorso;

G.G., BA.GI., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso lo studio dell’avvocato

BROCHIERO MAGRONE FABRIZIO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato PAGLIARELLO ANGELO GIOACCHINO MARIA giusta deleghe in

calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

U.R., F.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 76/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 04/02/2005 R.G.N. 68/04 + altre;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE ;

udito l’Avvocato GIOVANNI GIUSEPPE GENTILE per delega PESSI ROBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SEPE Ennio Attilio che ha concluso per l’accoglimento, estinzione per

la posizione definita.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con separati ricorsi B.G., G.G., Ba.

G., U.R. e F.G. chiedevano al giudice del lavoro di Milano che fosse dichiarata la nullità del termine apposto al contratto di assunzione alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a..

Salvo che per la F., la domanda era accolta per tutti con declaratoria dell’instaurazione di rapporto di lavoro a tempo indeterminato e con condanna del datore al pagamento delle retribuzioni arretrate. In particolare, per B. ed U., la cui posizione qui rileva, la decorrenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato veniva fissata per entrambi alla data del 30.9.99.

Proponevano appello Poste Italiane e la F. avverso le sentenze in cui risultavano soccombenti.

Riunite le cause, la Corte d’appello di Milano con sentenza 26.1- 4.2.05, quanto alla posizione F. accoglieva integralmente l’impugnazione, dichiarando che anche nei suoi confronti si era instaurato un rapporto a tempo indeterminato; quanto alle altre posizioni, accoglieva l’impugnazione nei confronti di U. e G., limitatamente alla decorrenza dell’obbligo di pagamento delle retribuzioni arretrate, e rigettava l’impugnazione nei confronti degli altri appellati.

Quanto alle posizioni U. e B., rilevava la Corte di merito che l’assunzione era stata disposta in forza dell’art 8 del CCNL Poste 26.11.94 e che le assunzioni erano da ritenere ammesse fino alla data del 30.4.98, di modo che per le assunzioni successivamente disposte il termine era illegittimamente apposto. Ogni questione sui contratti a termine successivamente stipulati era ritenuta assorbita.

Quanto alla posizione B., rilevato inoltre che l’assunzione era stata determinata dalla “necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre”, il giudice riteneva che fosse rimasta priva di riscontro probatorio la circostanza che il numero delle giornate di ferie godute dal personale delle unità produttive interessate dal rapporto di lavoro in questione fosse superiore o equivalente al numero delle giornate di prestazione offerte dai dipendenti assunti a tempo determinato per la causale in questione.

Avverso questa sentenza Poste Italiane proponeva ricorso per cassazione, cui rispondevano con controricorso solo B. e, separatamente con unico atto, G. e Ba..

Hanno depositato memoria la ricorrente Poste Italiane spa e B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Poste Italiane s.p.a. ha depositato una dichiarazione, debitamente sottoscritta dal proprio procuratore e dal suo difensore, ai sensi dell’art. 390 c.p.c., comma 2, con la quale essa rinuncia al ricorso nei confronti di F. per intervenuta transazione in sede sindacale. Essendo stata la dichiarazione notificata alle controparti ai sensi del citato art. 390 c.p.c., comma 3 il giudizio deve essere dichiarato estinto nei confronti dei predetti ai sensi dell’art. 391 c.p.c..

Non essendosi la dipendente difesa nel giudizio di legittimità, nulla deve disporsi in punto di spese.

Agli atti sono depositati anche due verbali di conciliazione in sede sindacale del 6.10.08 e del 30.1.09, dai quali rispettivamente risulta che G. e Ba. hanno raggiunto con la controparte un accordo transattivo concernente la controversia de qua e che le parti si danno atto dell’intervenuta amichevole e definitiva conciliazione a tutti gli effetti di legge e dichiarando che -in caso di fasi giudiziali ancora aperte – le stesse saranno definite in coerenza con il presente verbale.

L’accordo comporta la cessazione della materia del contendere nel giudizio di cassazione ed il conseguente sopravvenuto difetto di interesse delle parti a proseguire il processo. Alla cessazione della materia del contendere consegue pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso in quanto l’interesse ad agire, e quindi anche ad impugnare, deve sussistere non solo nel momento in cui è proposta l’azione o l’impugnazione, ma anche nel momento della decisione, in relazione alla quale va valutato l’interesse ad agire (Cass. S.u. 29.11.06 n. 25278).

In ragione del tenore dell’atto di conciliazione, ricorrono giusti motivi per compensare integralmente le spese del giudizio di cassazione tra Poste Italiane da un lato e G. e Ba., costituiti con difesa comune, dall’altro.

Passando alle residue posizioni di B. ed U., deve rilevarsi che la Corte d’appello ha per entrambe preso in esame solo il contratto a termine stipulato per primo in ordine temporale (anche se in realtà in tempi successivi furono stipulati cinque contratti per B. e tre per U.), rilevandone l’illegittimità e ritenendo assorbita ogni altra questione inerente i contratti successivi. La ragione dell’illegittimità è stata individuata dal giudice di merito per entrambi nella circostanza che detto contratto a termine – legittimato dall’art. 8 del c.c.n.l. 1994 – fu stipulato dopo il 30.4.98, quando era venuta meno la deroga consentita dalla L. n. 56 del 1987, art. 23. Per il B., inoltre, è stata presa in considerazione la specifica motivazione adottata (espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie), ritenendosi non provata la circostanza che il numero delle giornate di ferie godute dal personale delle unità produttive interessate dal rapporto di lavoro in questione fosse superiore o equivalente al numero delle giornate di prestazione offerte dai dipendenti assunti a tempo determinato per la causale in questione.

Tenuto conto di queste statuizioni del giudice di merito e dei motivi specificamente indirizzati contro le stesse (escludendo quindi le censure mosse a parti della sentenza riguardanti le altre posizioni definite in sede stragiudiziale), il ricorso di Poste Italiane può sintetizzarsi come segue.

Con il primo motivo è denunziata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e art. 2697 c.c., sostenendosi che erroneamente il giudice di merito ha ritenuto che la causale “espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie” fosse stata adottata solamente per B., mentre invece essa, con riferimento al considerato primo contratto in ordine temporale, era stata adottata anche per U..

Con riferimento a tale fattispecie, legittimata tanto dal c.c.n.l.

del 1994 (art. 8) che da quello del 2001 (art. 25), non era necessaria la prova richiesta dalla Corte d’appello, costituendo fatto notorio che nel periodo giugno-settembre si verifica una carenza di organico conseguente al godimento delle ferie da parte del personale.

Con il secondo motivo è dedotta violazione della L. n. 230 del 1962, artt. 1 e 2 e della L. n. 56 del 1987, art. 23 nonchè carenza di motivazione, ritenendosi erronea l’affermazione che la legittimità dei contratti stipulati ex art. 8 del c.c.n.l. 1994 sia temporalmente limitata al 30.4.98.

Con il terzo motivo è contestata la restrizione dell’autonomia delle parti sociali in relazione alla Legge Delega n. 56 del 1987, ex art. 23 non tenendosi conto che la delega conferita ex lege alla contrattazione collettiva non incontra limiti e che tali limiti non sono posti dai successivi accordi attuativi la cui funzione è quella di dedurre nuove situazioni legittimanti il contratto a termine.

Con l’ultimo motivo (settimo in ordine di deduzione, ma quarto dopo l’esclusione delle censure qui non rilevanti) è dedotta violazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 2094 e 2099 c.c., sottolineandosi in subordine che, decorrendo la mora accipiendi dall’offerta della prestazione e non potendo considerarsi tale la notifica della richiesta di tentativo di conciliazione ex art. 410 c.p.c., sarebbe mancata la prova della messa a disposizione della prestazione.

Procedendo all’esame dei primi tre motivi in unico contesto, deve rilevarsi che è incontestato che il primo contratto a termine sia per B. che per U. sia stato motivato dalla necessità di espletamento del servizio nel periodo di fruizione delle ferie;

conseguentemente anche la posizione di U. deve essere valutata sulla base di tale particolare fattispecie, previsto esplicitamente dall’art. 8, comma 2 del c.c.n.l. 26.11.94.

Al riguardo la giurisprudenza di questa Corte (Cass. 2.3.07 n. 4933), decidendo su una fattispecie inerente l’ipotesi di assunzione a tempo determinato prevista dall’art. 8 del precedente c.c.n.l. 26.11.94 dei lavoratori postali “per necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno/settembre” ha cassato la sentenza di merito che aveva affermato la sussistenza dell’obbligo di indicare nel contratto a termine il nome del lavoratore sostituito avendo ritenuto la sussistenza di una violazione di norme di diritto e di un vizio di interpretazione della normativa collettiva. Infatti, l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva è del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie prevista dalla L. n. 230 del 1962, in considerazione del principio (Cass. S.u., 2.3.06 n. 4588) che la L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 che demanda alla contrattazione collettiva la possibilità di individuare – oltre le fattispecie tassativamente previste dalla L. 18 aprile 1962, n. 230, art. 1 – nuove ipotesi di apposizione di un termine alla durata del rapporto di lavoro, configura una vera e propria delega in bianco a favore dei sindacati. Questi ultimi, pertanto, senza essere vincolati alla individuazione di figure di contratto a termine comunque omologhe a quelle previste per legge, possono legittimare il ricorso al contratto di lavoro a termine per causali di carattere “oggettivo” ed anche – alla stregua di esigenze riscontrabili a livello nazionale o locale – per ragioni di tipo meramente “soggettivo”, consentendo (vuoi in funzione di promozione dell’occupazione o anche di tutela delle fasce deboli di lavoratori) l’assunzione di speciali categorie di lavoratori, costituendo anche in questo caso l’esame congiunto delle parti sociali sulle necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i suddetti lavoratori e per una efficace salvaguardia dei loro diritti. L’art. 8, comma 2, del c.c.n.l. 26.11.94, per il quale “l’Ente potrà valersi delle prestazioni di personale con contratto a termine … anche nei seguenti casi: necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie nel periodo giugno-settembre …”, usando una formula diversa da quella della L. n. 230 del 1962 testimonia che le parti stipulanti considerano questa ipotesi di assunzione a termine, in ragione dell’uso dell’espressione in concomitanza, sempre sussistente nel periodo stabilito (giugno-settembre). Altre decisioni (cfr. Cass. 6.12.05 n. 26678) hanno, inoltre, confermato le decisioni di merito che, decidendo sulla stessa fattispecie, avevano ritenuto l’ipotesi di contratto a termine introdotta dalla contrattazione collettiva del tutto autonoma rispetto alla previsione legale del termine apposto per sostituire dipendenti assenti per ferie e interpretato l’autorizzazione conferita dal contratto collettivo nel senso che l’unico presupposto per la sua operatività fosse costituita dall’assunzione nel periodo in cui, di norma, i dipendenti fruiscono delle ferie.

Escluse le valutazioni circa una pretesa perimetrazione temporale del contratto a termine -effettuate a proposito della posizione U., in quanto impropriamente ricondotta all’art. 8 del c.c.n.l. 1994, come integrato dall’accordo del 1997, che prevede la specifica fattispecie del contratto stipulato per fattispecie eccezionali – deve ritenersi che con riferimento al primo contratto stipulato da B. e U. le censure di cui ai primi tre motivi siano fondate, di modo che il ricorso, assorbito l’ultimo motivo, deve essere accolto.

La sentenza deve essere pertanto cassata in relazione alle censure accolte e la causa deve essere rinviata al giudice indicato in dispositivo, il quale applicando i principi sopra enunciati procederà a nuovo esame, tenendo conto, altresì, della domanda proposta dai due attori in relazione agli altri contratti a termine fino ad ora non presi in considerazione.

Al giudice di rinvio va rimessa anche la pronunzia sulle spese del giudizio di legittimità

P.Q.M.

La Corte così provvede:

– dichiara estinto il giudizio nei confronti di F. G., nulla prevedendo al riguardo per le spese;

– dichiara inammissibile il ricorso nei confronti di Ba.

G. e G.G., compensando le spese tra le parti;

– accoglie il ricorso nei confronti di B.G. e U. R. e, cassata l’impugnata sentenza nei limiti dell’accoglimento, rinvia alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

 

 

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