Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 521 del 14/01/2021

Cassazione civile sez. II, 14/01/2021, (ud. 22/10/2020, dep. 14/01/2021), n.521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20508/2019 proposto da:

SALCA SRL, VIVCOLOR SRL, PARTISANI SRL, S.C. SPA, GAZZONI

SRL, TRIDELLA SRL, GROSSI SRL, METALTARGHE SRL, RABBI & SOLVED

SRL, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G AVEZZANA 6, presso lo

studio dell’avvocato MATTEO ACCIARI, rappresentati e difesi

dall’avvocato BRUNO GUARALDI;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il

16/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/10/2020 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso depositato dinanzi alla Corte d’Appello di Bologna i ricorrenti indicati in rubrica proponevano opposizione avverso il decreto emesso dalla medesima Corte d’Appello, in composizione monocratica, che aveva accolto parzialmente la loro richiesta di condanna del Ministero della Giustizia all’equa riparazione per l’irragionevole durata di un procedimento relativo al fallimento della (OMISSIS) spa, aperto il 26 novembre 1982 e chiuso il 30 agosto 2017.

2. La Corte d’Appello con decreto del 16/12/2018, confermava il decreto opposto, ritenendo infondata l’opposizione.

Il primo motivo di opposizione atteneva alla quantificazione dell’indennizzo; secondo la tesi prospettata dagli opponenti la limitazione al risarcimento introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 1, lett. d), non poteva essere applicata per il periodo antecedente la sua entrata in vigore.

La Corte d’Appello evidenziava che del medesimo D.L. n. 83 del 2012, art. 55, comma 2, disponeva, con norma transitoria, che la suddetta disposizione di cui al comma 1, dovesse applicarsi ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto.

Il secondo motivo di opposizione era del pari infondato non potendosi applicare correttivi per l’attualizzazione delle somme ma il valore accertato doveva essere quello indicato nello stato passivo. Peraltro, i ricorrenti non avevano prospettato elementi di fatto dai quali si potessero ricavare ragioni di deroga ai parametri previsti dalla L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, quanto al mancato riconoscimento degli interessi nella misura legale anzichè nella misura indicata dall’art. 1284 c.c., per i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali, il motivo era del tutto destituito di pregio.

3. SALCA SRL, VIVCOLOR SRL, PARTISANI SRL, S.C. SPA, GAZZONI SRL, TRIDELLA SRL, GROSSI SRL, METALTARGHE SRL, RABBI & SOLVED SRL hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

4. Il Ministero della giustizia ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale.

5. I ricorrenti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, in relazione all’art. 6, paragrafo 1 della CEDU, all’art. 1 del primo protocollo addizionale ed agli artt. 111 e 117 Cost..

In sintesi, la Corte d’Appello avrebbe fatto erroneamente un’applicazione retroattiva della norma nonostante i ricorrenti, alla data di entrata in vigore della stessa, avevano già maturato 24 anni di diritto all’equa riparazione. La norma, infatti, avrebbe natura sostanziale, incidendo sull’an e sul quantum del diritto spettante alla parte e, dunque, non potrebbe avere applicazione retroattiva. Il divieto di applicazione retroattiva, oltre a corrispondere all’interpretazione della Corte di Cassazione, sarebbe conforme anche alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti Dell’uomo.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3, in relazione all’art. 6, paragrafo 1 della CEDU, all’art. 1 del protocollo addizionale ed agli artt. 111 e 117 Cost..

La censura attiene al valore della domanda oggetto del processo presupposto che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essere quella attualizzata al momento del riconoscimento dell’equa riparazione.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..

La censura attiene alla regolazione delle spese del giudizio in quanto, con riferimento alla domanda di applicazione degli interessi moratori commerciali ex art. 1284 c.c., mancavano precedenti di legittimità e dunque vi erano giusti motivi per compensare le spese per l’assoluta novità della questione trattata.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato violazione e falsa applicazione del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, commi 2 e 4 e dell’art. 91 c.p.c..

La condanna alle spese dei ricorrenti effettuata dalla Corte d’Appello sarebbe erronea avendo applicato il valore minimo dei compensi previsti per cause di valore sino a Euro 26.000, aumentato per il numero delle parti ricorrenti. In tal modo, la Corte d’Appello avrebbe violato la norma sopra citata, non avendo comportato la difesa nonostante l’esistenza di più ricorrenti alcuna attività diverse ed ulteriore per ciascuno di essi. Non doveva dunque essere aumentato automaticamente il compenso da liquidare.

5. L’unico motivo del ricorso incidentale del Ministero della giustizia è così rubricato: violazione e falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 4 e del R.D. n. 267 del 1942, art. 129.

In sintesi, a parere del ricorrente incidentale, il dies a quo da cui far decorrere il termine decadenziale semestrale ex art. 4, sopra citato, deve individuarsi nel decreto di omologazione – nel caso di specie divenuto definitivo nell’anno 2017 – e non dalla data di acquisita definitività del decreto di omologazione del concordato fallimentare.

6. Preliminarmente deve esaminarsi il motivo di ricorso incidentale relativo alla tardività della domanda di equa riparazione della L. n. 89 del 2000, ex art. 4.

Sul punto il ricorso è privo di specificità non emergendo dagli atti quando era divenuto definitivo il decreto di omologazione del concordato. In ogni caso giova ribadire che: “In tema di equa riparazione per irragionevole durata del processo, la procedura di concordato fallimentare è strutturalmente connessa al più ampio procedimento fallimentare in quanto fase e attività eventuale che inerisce al giudizio concorsuale principale. Ne consegue che il “dies a quo” per valutare la tempestività della proposizione del ricorso, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4, coincide con il momento in cui il decreto di chiusura del fallimento diviene definitivo, ovvero con il termine di improponibilità del reclamo del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, ex art. 199″ (Sez. 6-2, Sent. n. 18538 del 2014).

7. Quanto al ricorso principale i quattro motivi in cui è articolato sono tutti infondati.

7.1 Con riferimento al primo si censura l’applicazione retroattiva della L. n. 89 del 2001, art. 2 bis, comma 3. In proposito è sufficiente richiamare il seguente principio di diritto: “Le disposizioni in tema di equa riparazione per violazione del termine ragionevole di durata del processo, introdotte dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134 (nella specie, l’art. 2 bis, comma 3, aggiunto alla L. 24 marzo 2001, n. 89, sulla misura massima dell’indennizzo), non hanno natura di interpretazione autentica nè efficacia retroattiva, ma si applicano ai ricorsi depositati a decorrere dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione” (Sez. 2, Sent. n. 19897 del 2014).

7.2 Il secondo motivo relativo al valore della domanda oggetto del processo presupposto, in disparte il profilo di inammissibilità per mancanza di specificità, è infondato in quanto l’indennizzo è legato alla sofferenza patita per l’irragionevole durata del processo e, dunque, non può porsi in raffronto ad una somma di denaro rivalutata per il decorso del tempo. In tal caso, infatti, il danno derivante dal decorso del tempo e dalla mancata disponibilità della somma è già risarcito. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, infatti, in caso di inadempimento o di ritardato adempimento di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro assoggettata, in quanto tale, alla disciplina dell’art. 1277 c.c. – la rivalutazione monetaria del credito può essere riconosciuta solo a condizione che il creditore alleghi e dimostri, ai sensi dell’art. 1224 c.c., comma 2, l’esistenza del maggior danno derivante dalla mancata disponibilità della somma durante il periodo di mora, non compensato dalla corresponsione degli interessi legali nella misura predeterminata dall’art. 1224 c.c., comma 1, rimanendo comunque esclusa la possibilità del cumulo tra rivalutazione monetaria ed interessi compensativi (Sez. 6-3, Ord. n. 14158 del 2020).

7.3 Con il terzo motivo si censura la liquidazione delle spese che avrebbero dovuto essere compensate per la novità della questione relativa all’applicabilità dell’art. 1284 c.c., comma 4. Anche in questo caso, ai fini di motivazione dell’infondatezza della doglianza è sufficiente richiamare il precedente di questa Corte – cui il collegio intende dare continuità – secondo cui: “In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Sez. 63, Ord. n. 24502 del 2017).

7.4 Infine, il quarto motivo è parimenti infondato, in quanto la Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del D.M. n. 55 del 2014, artt. 4 e 8, secondo cui, in tema di liquidazione delle spese del giudizio e in caso di difesa di più parti aventi identica posizione processuale e costituite con lo stesso avvocato, è dovuto un compenso unico salva la possibilità di aumento nelle percentuali indicate dall’art. 4. In particolare, del citato art. 4, comma 2, prevede che: “Quando in una causa l’avvocato assiste più soggetti aventi la stessa posizione processuale, il compenso unico può di regola essere aumentato per ogni soggetto oltre il primo nella misura del 30 per cento, fino a un massimo di dieci soggetti, e del 10 per cento per ogni soggetto oltre i primi dieci, fino a un massimo di trenta. La disposizione di cui al periodo precedente si applica quando più cause vengono riunite, dal momento dell’avvenuta riunione e nel caso in cui l’avvocato assiste un solo soggetto contro più soggetti”.

8. La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese.

9. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa le spese del giudizio;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della non sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale di un ulteriore importo

a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 22 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 gennaio 2021

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