Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5209 del 21/02/2019

Cassazione civile sez. VI, 21/02/2019, (ud. 30/01/2019, dep. 21/02/2019), n.5209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21985-2017 proposto da:

A.D.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

VILLA EMILIANI 48, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO ROMANO,

che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 389/2/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 06/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 30/01/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MOCCI

MAURO.

Fatto

RILEVATO

che A.D.E. propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia che aveva respinto il suo appello contro la decisione della Commissione tributaria provinciale di Milano. Quest’ultima, a sua volta, aveva rigettato il ricorso del contribuente, contro una cartella di pagamento per imposte di registro, per l’anno 2008.

Diritto

CONSIDERATO

che il ricorso è affidato a due motivi;

che, col primo, il ricorrente assume la violazione dell’art. 132 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè la CTR si sarebbe limitata a riportare il contenuto della sentenza di primo grado, ritenendola congrua, senza esplicitare alcun ragionamento in merito alle conclusioni raggiunte;

che, col secondo, l’ A. assume la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, giacchè, a fronte di ben cinque doglianze sollevate col gravame, i giudici di secondo grado nulla avrebbero affermato in proposito;

che l’Agenzia delle Entrate si è costituita con controricorso;

che il primo motivo dedotto dal ricorrente è infondato;

che il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Sez. 3, n. 23940 del 12/10/2017);

che, nella specie, la sentenza impugnata appare sufficientemente argomentata, nè può definirsi apparente, contraddittoria o perplessa;

che il secondo motivo è altrettanto infondato;

che, infatti, delle cinque censure dedotte in appello dall’odierno ricorrente, le prime quattro attengono al problema della notifica ed hanno trovato una risposta cumulativa nella seppur sintetica motivazione riguardante appunto la notifica dell’atto di liquidazione, mentre l’ultima, concernente l’asserita insussistenza della pretesa dell’Ufficio, in ordine alla presunta decadenza dalle agevolazioni, è stata delibata dalla CTR nella parte relativa al merito;

che pertanto, non può reputarsi realizzata la violazione dell’art. 112 c.p.c.;

che il ricorso va dunque respinto;

che al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente, nella misura indicata in dispositivo;

che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, a favore dell’Agenzia delle Entrate, in Euro 2.000, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2019

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