Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5208 del 28/02/2017
Cassazione civile, sez. II, 28/02/2017, (ud. 27/01/2017, dep.28/02/2017), n. 5208
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –
Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27588/2012 proposto da:
R.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE BRUNO BUOZZI 19, presso lo studio dell’avvocato PAOLO
GRIMALDI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIANCARLO GRECO;
– ricorrente –
contro
G.V., (OMISSIS), L.M.C. (OMISSIS),
rappresentati e difesi dall’avvocato FERNANDO LO VOI;
– controricorrenti –
e contro
D.N.E., B.T.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 522/2012 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,
depositata il 03/04/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
27/01/2017 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO;
udito l’Avvocato GIANCARLO GRECO, difensore della ricorrente, che ha
depositato 4 relate di notifica ed ha chiesto l’accoglimento del
ricorso;
udito l’Avvocato GIOVANNI TRIPODI, con delega dell’Avvocato FERNANDO
LO VOI difensore dei controricorrenti, che ha insistito sulle
conclusioni del controricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
IACOVIELLO Francesco Mauro, che ha concluso per l’inammissibilità
del ricorso.
Fatto
ESPOSIZIONE DEL FATTO
R.G. propone ricorso per cassazione, con un motivo, nei confronti di G.V., L.M.C., D.N.E. e B.T., avverso la sentenza con la quale la Corte d’Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado, ha dichiarato che l’appartamento di proprietà di G.V. e L.M.C., non era gravato da alcuna servitù in favore dell’immobile della R..
La Corte d’Appello, per quanto in questa sede ancora rileva, riteneva che l’odierna ricorrente avesse dedotto, soltanto in grado d’appello e dunque in violazione dell’art. 345 c.p.c., l’eccezione riconvenzionale secondo cui il passaggio della tubazione, integrante servitù in favore del proprio immobile, era stata costituita per destinazione del padre di famiglia.
I signori G. e L. resistevano con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto, nel presente giudizio, attività difensiva.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con l’unico motivo di ricorso la R. denunzia la violazione e falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., in relazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3), lamentando che la Corte d’Appello abbia erroneamente ritenuto la tardività della propria eccezione riconvenzionale di costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia, che era stata invece formulata nella comparsa di risposta del giudizio di primo grado.
Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza.
Si osserva infatti che non vengono riportate nel corpo del motivo nè le conclusioni prese in comparsa di costituzione, nè quelle precisate dall’odierna ricorrente ai sensi dell’art. 189 c.p.c., mentre vengono unicamente riportate delle frasi stralciate dagli atti difensivi, sulla base dei quali non è dato desumere la proposizione da parte della ricorrente di un’espressa eccezione riconvenzionale, avente ad oggetto la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia.
Ed invero, seppure la proposizione di un’eccezione riconvenzionale non richiede l’adozione di formule sacramentali, essa postula, quanto meno, che sia formalizzata una richiesta di pronuncia negativa sulla domanda della controparte, fondata su un determinato fatto impeditivo (ovvero modificativo o estintivo) specificamente dedotto.
Nel caso di specie non risulta che l’odierna ricorrente abbia ritualmente indicato nella comparsa di risposta, nè in sede di precisazione delle conclusioni, gli elementi costitutivi della servitù invocata e la correlativa richiesta di reiezione della domanda in forza di tale specifica eccezione, non risultando all’uopo sufficiente la mera esposizione, quale riportata nel corpo del ricorso, di allegazioni relative alla situazione dei luoghi. Il ricorso va dunque respinto e la ricorrente va condannata alla refusione delle spese del presente giudizio in favore dei controricorrenti, che si liquidano come da dispositivo.
Nulla sulle spese nei confronti degli altri intimati, i quali non hanno svolto nel presente giudizio attività difensiva.
PQM
La Corte respinge il ricorso.
Condanna la ricorrente alla refusione delle spese del presente giudizio in favore di G.V. e L.M.C., che liquida in 2.300,00 Euro di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfetario per spese generali in misura del 15% ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 27 gennaio 2017.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017