Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5207 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/02/2017, (ud. 27/01/2017, dep.28/02/2017),  n. 5207

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27719/2012 proposto da:

U.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANAPO 46, presso lo studio dell’avvocato MARIO FARINA, rappresentata

e difesa dagli avvocati FILOMENA WANNA FAILLACE, RAFFAELE MELFI;

– ricorrente –

contro

D.D.A., nata a (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 8, presso lo studio dell’avvocato CATERINA

DOMENICA ALAGGIO, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE

SIERVO;

– controricorrente –

e contro

DE.DO.AN., nato a (OMISSIS), B.F. nato a

(OMISSIS), BR.CA. nato a (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 255/2011 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

depositata il 27/10/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2017 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

udito l’Avvocato MELFI Raffaele, difensore della ricorrente che ha

fatto presente l’eventuale necessità di integrazione del

contraddittorio a parte ora maggiorenne, nel merito ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato CRISCI Francesco con delega depositata in udienza

dell’Avvocato SIERVO Raffaele, difensore della resistente che si è

riportato agli atti depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IACOVIELLO Francesco Mauro, che si oppone all’integrazione del

contraddittorio, in quanto il ricorso è da considerarsi

inammissibile.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

Con ricorso del 13 settembre 1999 U.M., quale proprietaria di fondo in agro di (OMISSIS), in atti specificamente indicato, adiva il Tribunale di Lagonegro e lamentava chiedendo apposto provvedimento di reintegra – di essere stata parzialmente spogliata del passaggio, di circa metri 2,00/2,50, tramite il quale accedeva al terreno di sua proprietà, e che si era ristretto a soli cm. 70/80.

Il tutto, come esposto in ricorso, per effetto della recinzione del fondo da parte dei confinanti coniugi D.D.N. e G.M.R..

Quest’ultimi resistevano all’avverso ricorso di cui chiedevano il rigetto.

L’adito Tribunale, dapprima con ordinanza del 13 gennaio 2000 all’esito della fase interdittale, e – successivamente – con sentenza n. 288/2003 rigettava la domanda.

Avverso la suddetta decisione, di cui chiedeva la riforma, la U. interponeva appello, resistito dalle parti appellate D.D. e G..

L’adita Corte di Appello di Potenza, con sentenza n. 255/2011, rigettava il gravame e condannava l’appellante alla refusione delle spese del giudizio.

Per la Cassazione della succitata sentenza di appello ricorre la U. con atto affidato a due ordini di motivi e resistito con controricorso di D.D.A..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1027, 1168 e 1170 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè degli artt. 112, 113 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, ed omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con il motivo vengono, nella sostanza, svolte censure tutte attinenti al merito della controversia ed implicanti una rivalutazione, in fatto, di quanto già accertato e definito la gravata decisione.

Quest’ultima ha correttamente rilevato che il nucleo della controversia, risultando pacificamente l’inesistenza di precedenti recinzioni, che il nucleo della controversia era costituito dall’accertamento di uno spoglio a seguito dell’apposizione della recinzione da parte dei vicini dell’attrice-ricorrente.

Orbene, stante il non contestato abbandono della domanda relativamente al passaggio con mezzi meccanici, la Corte territoriale ha ritenuto con propria logica motivazione che “la larghezza del viottolo residuo tra le recinzioni, quantificata dalla stessa appellante in cm. 70, era sufficiente al transito pedonale ed anche a quello con un mulo”.

La motivazione risulta fondata su argomentazione priva di vizio denunciabile innanzi a questa Corte e comprensiva, fra l’altro, dell’apprezzamento della “prova assai debole” del preesistente esercizio di un passaggio non solo pedonale, ma anche con animali.

Per di più la detta estensione del passaggio è stata accertata in misura maggiore rispetto anche alla “larghezza di 50 cm. di cui al contratto di compravendita in cui si dava atto della servitù pedonale”.

E’, pertanto, del tutto evidente che le doglianze sostanzialmente mosse col motivo in esame finiscono per tradursi in una impropria istanza di revisione della valutazione in fatto correttamente operata con la gravata decisione.

Va riaffermato, al riguardo, il principio per cui “la motivazione omessa o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito emerga una totale obliterazione di elementi” (Cass. civ., S.U., Sent. 25 ottobre 2013 n. 24148).

Nè, d’altra parte, “il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito. dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, può equivalere e risolversi nella revisione del “ragionamento decisorio” (Cass. civ., Sez. L., Sent. 14 no novembre 2013, n. 25608).

La infondatezza della censura quanto alla ricostruzione fattuale della fattispecie rende conseguentemente infondata l’altra parte di doglianza del motivo relativa alle prospettate violazioni di legge.

Il motivo va, pertanto, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce la nullità della sentènza per violazione agli artt. 112, 115, 184 e 345 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Parte ricorrente solleva, in particolare, al questione relativa alla mancata ammissione del teste D..

La censura, oltre che carente sotto il profilo del compiuto adempimento degli oneri connessi al noto principio di autosufficienza (manca la trascrizione dell’ordinanza relativi alla questione del detto teste) è comunque infondata. L’ammissione del teste medesimo era comunque (oltre che superflua) irrilevante per più motivi.

Come àffermato nello stesso ricorso – ancorchè privo di compiuta trascrizione dei capitoli su cui avrebbe dovuto deporre l’invocato teste – il D. avrebbe dovuto riferire della “servitù di passaggio a piedi (e) con asini e muli”.

Tale tipo di servitù non è stata esclusa dalla Corte territoriale che – come innanzi già detto – ha valutato la sufficienza del passaggio in essere a seguito dell’apposizione delle recinzioni.

Il teste avrebbe dovuto poi riferire (per quanto evincibile nei detti limiti di cui al ricorso) “sul passaggio anche con mezzi meccanici di medie dimensioni”.

Ma tale parte della domanda risulta in sentenza essere stata abbandonata, nè la gravata decisione è stata – in punto – gravata.

Era, quindi, in ogni ininfluente ed irrilevante la detta testimonianza.

Da consegue l’infondatezza del motivo che va respinto.

3.- Alla stregua di quanto innanzi esposto il ricorso deve essere rigettato.

4.- Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono determinate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della controricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 1. 200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 27 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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