Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5205 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. III, 04/03/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 04/03/2010), n.5205

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23926-2005 proposto da:

L.N.G., (OMISSIS), L.N.L.,

(OMISSIS), entrambe eredi del Sig. L.N.V.,

elettivamente domiciliate in ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 10, presso

lo studio dell’avvocato PATERNOSTRO GEMMA, rappresentate e difese

dall’avvocato MONTERISI ARTURO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

L.C., (OMISSIS), C.L.,

(OMISSIS), C.A., (OMISSIS),

C.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliati

in Roma, presso Cancelleria Corte di Cassazione, rappresentati e

difesi dall’Avvocato DE GIROLAMO GIUSEPPE, con studio in 70052

Bisceglie (Ba), P.zza V. Emaunele 83, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

e contro

LA.NO.GR., L.N.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 342/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

Sezione Seconda Civile, emessa il 8/4/2005, depositata il 14/04/2005;

R.G.N. 342/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 29 novembre 1990 L.N.V. ha convenuto in giudizio, innanzi al Tribunale di Trani, C.N..

Premessa la propria qualità di coltivatore diretto, l’attore ha esposto che da oltre un decennio conduceva in affitto un fondo di proprietà del genitore LA.NO.Gi. in (OMISSIS), alla contrada (OMISSIS) e che in data (OMISSIS) gli era stato notificato preliminare di vendita di tale fondo, per il prezzo di L. 15 milioni, in favore del C..

Detto preliminare, peraltro, ha riferito ancora l’attore, era inidoneo a determinare l’obbligo, da parte sua, dell’esercizio della prelazione agraria, perchè sottoscritto non dal promittente venditore ma da sua sorella LA.NO.Gr., anche tenuto presente che nel contratto definitivo del (OMISSIS) – con il quale il convenuto aveva acquistato il fondo in discussione – il fondo era stato venduto al prezzo di L. 12 milioni, e non per 15 milioni come indicato nell’atto notarile.

Tutto ciò premesso l’attore ha chiesto che l’adito tribunale, dichiarata la simulazione relativa al prezzo di vendita, accogliesse la domanda di riscatto del terreno in questione al prezzo di L. 12 milioni.

Costituitosi in giudizio il convenuto ha resistito alla domanda avversaria deducendone non solo la inammissibilità – stante la intervenuta decadenza dalla prelazione per non essere stata la stessa esercitata nel termine di legge decorrente dalla notifica del preliminare a mezzo ufficiale giudiziario, ma anche facendo presente la inesistenza della invocata simulazione del prezzo.

Svoltasi la istruttoria del caso, nel corso della quale a seguito della morte del convenuto la causa è stata riassunta nei confronti dei suoi eredi, L.C., C.L., A. e M.N. che costituitisi in giudizio si sono riportati alle difese già svolte dal loro dante causa, ed è intervenuto in giudizio l’alienante LA.NO.Gi. che ha chiesto il rigetto della domanda attrice, deducendone la inesistenza della denunziata simulazione, l’adito tribunale con sentenza 15 – 21 marzo 2002, ritenuta la fondatezza delle eccezioni di parte convenuta, ha rigettato la domanda attrice.

Gravata tale pronunzia da L.N.G. e L.N.L., aventi causa dell’originario attore, deceduto, nel contraddittorio di L.C., C.L., A. e M. N. che costituitisi in giudizio hanno chiesto il rigetto del gravame, nonchè di LA.NO.Gi., contumace, la Corte di appello di Bari con sentenza 8-14 aprile 2005 ha rigettato la impugnazione, con condanna degli appellanti in solido al pagamento delle spese del grado.

Per la cassazione di tale pronunzia, notificata il 13 luglio 2 005 hanno proposto ricorso L.N.G. e L.N.L., nella loro qualità di eredi di L.N.V., nei confronti di L. C., C.L., A. e M.N. nonchè di LA.NO.Gr., L.N.P. nella qualità di eredi del defunto LA.NO.Gi., affidato a tre motivi, con atto 27 settembre 2005 e date successive.

Resistono, con controricorso L.C., C. L., C.A. e C.M.N..

Non hanno svolto attività difensiva gli altri intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Ritenuto di dover esaminare – con precedenza rispetto allei altre questioni – quella relativa alla denunciata simulazione – quanto al prezzo – del contratto intervenuto tra l’acquirente B. e l’alienante LA.NO.Gi., atteso “che nel caso in cui il prezzo non fosse simulato, così come ritenuto dal tribunale, la questione delle inidoneità del preliminare a determinare la decadenza dalla prelazione non avrebbe alcuna pratica incidenza, avendo l’odierno appellato esercitato il riscatto con l’offerta del prezzo di L. 12 milioni in luogo di quello di L. 15 milioni portato nel rogito … che si assume simulato”, la Corte di appello di Bari ha negato che fosse stata raggiunta, in causa, la prova della invoca simulazione.

La dimostrata infondatezza del motivo relativo alla invocata simulazione – hanno concluso i giudici di secondo grado – assorbe ogni altra questione e rende superfluo l’esame e l’appello, quindi, va rigettato.

2. Le ricorrenti censurano la sentenza sopra trascritta, nella parte de qua, denunziando con i primi due motivi, intimamente connessi, e per l’effetto da esaminare congiuntamente:

– da un lato, omesso esame (omessa pronuncia) della domanda di “riscatto agrario”; violazione degli artt. 277 c.p.c., comma 1 e art. 112 c.p.c., per avere la Corte di appello omesso di pronunciare sulla domanda di riscatto proposta con l’atto introduttivo del giudizio primo motivo;

– dall’altro, omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5); violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la Corte del merito omesso di esaminare e prendere in considerazione i primi due motivi di appello, con i quali la sentenza del primo giudice era stata censurata – da una parte – per non avere conosciuto della domanda di riscatto, dall’altra, per non avere accertato e verificato la ricorrenza, nel caso di specie, degli elementi soggettivi ed oggettivi richiesti dalla legge per il riscatto agrario secondo motivo.

3. Nessuna di tali censure può trovare accoglimento.

3. 1. Per aversi il vizio omessa pronuncia rilevan-te sotto il profilo di cui all’art. 112 c.p.c. (e da dedursi in sede di legittimità, a pena di inammissibilità esclusivamente sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4) è indispensabile che il giudice del merito non si sia pronunciato su una espressa domanda, o eccezione della parte soccombente.

Nel caso di specie un tale vizio non è – neppure in tesi – prospettabile.

I giudici del merito, infatti, hanno si pronunziato esclusivamente sul motivo di appello concernente la domanda di simulazione con conseguente assorbimento degli altri motivi di appello, ma hanno – altresì – espressamente enunciato le ragioni per cui il rigetto di tale motivo di appello precludeva l’accoglimento della domanda di riscatto (rendendo irrilevanti tutti gli accertamenti, inutilmente sollecitati, vuoi quanto alla inidoneità della trasmissione del preliminare di vendita non sottoscritto dall’alienante a far decorrere i termini per l’esercizio del diritto di prelazione, vuoi quanto alla sussistenza, in capo del dante causa delle odierne ricorrente, delle altre condizioni soggettive e oggettive per l’esercizio del diritto di riscatto).

Hanno precisato, infatti, quei giudici “la soluzione del caso cioè della controversia postula indiscu-tibilmente la verifica della esistenza o meno della de-manciata simulazione del prezzo”.

“E’ infatti di palmare evidenza – hanno sottolineato quei giudici – che nel caso in cui il prezzo non fosse simulato così come ritenuto dal tribunale, la questione della inidoneità del preliminare a determinare la decadenza dalla prelazione non avrebbe alcuna pratica incidenza, avendo l’odierno appellato esercitato il riscatto con l’offerta del prezzo di L. 12 milioni in luogo di quello di lire 15 milioni portato nel rogito L. che si assume simulato”.

Certo quanto sopra è palese che non sussiste la denunziata omessa pronunzia sui alcuno dei motivi di appello.

3.2. Deve escludersi, contemporaneamente, che la sentenza impugnata sia censurabile per avere erroneamente interpretato la citazione introduttiva, atteso che con questa l’originario attore aveva chiaramente manifestato la volontà di riscattare il fondo per 15 milioni (e non per 12 come ritenuto dai giudici di merito).

Come assolutamente pacifico, la interpretazione della domanda giudiziale è rimessa al giudice merito e non è sindacabile in sede di legittimità se non nei limiti del vizio di motivazione (Cass. 5 ottobre 2009, n. 21228).

Certo quanto sopra si osserva che il motivo di ricorso per cassazione con il quale alle sentenza impugnata venga mossa censura per vizi di motivazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 deve essere inteso a far valere carenze o lacune nelle argomentazioni, ovvero illogicità nella attribuzione agli elementi di giudizio di un significato fuori dal senso comune, o ancora, mancanza di coerenza tra le varie ragioni esposte per assoluta incompatibilità razionale degli argomenti ed insanabile contrasto tra gli stessi, mentre non può, invece, essere inteso – come ora pretendono le ricorrenti – a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggetto della parte e, in particolare, non si può proporre un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti (cfr. Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087, Cass. 27 ottobre 2006, n. 23087, specie in motivazione, nonchè Cass. 6 marzo 2008, n. 6064; Cass. 6 settembre 2007, n. 18709; Cass. 3 agosto 2007, n. 17076).

Pacifico quanto precede è di palmare evidenza che nella specie la difesa delle ricorrenti lungi dal formulare censure, nei confronti della sentenza impugnata, rilevanti sotto i sopradescritti aspetti, si limita a opporre – alla lettura data dai giudici del merito alla domanda di riscatto come formulata con la citazione introduttiva – una propria, assolutamente soggettiva e in contrasto con lo stesso tenore letterale degli scritti di causa, interpretazione dello stesso documento.

3.3. La accertata inammissibilità della censura preclude alla Corte l’esame, nel merito, delle censure in questione le quali, comunque, si osserva per completezza di esposizione, sono manifestamente infondate attesa la stessa formulazione della citazione introduttiva trascritta in ricorso, nella quale non risulta proposta una domanda di riscatto per L. 15 milioni in via subordinata all’eventuale rigetto della domanda di simulazione, e appare non equivoca la volontà del retraente di corrispondere a titolo di rimborso prezzo la somma di L. 12 milioni e non di 15 milioni.

4. Quanto alla invocata simulazione del prezzo i giudici di secondo grado hanno precisato:

– in assenza di un minimo di elementi oggettivi idonei a supportarla, la denunciata simulazione con la indicazione di un prezzo maggiore di quello reale, che sarebbe stata ordita per eludere la disciplina in tema di prelazione e riscatto nella vendita del fondo affittato dal LA.NO.Gi. al figlio V., dante causa degli appellanti, resta confinata nel limbo di una pura congettura;

– anche a voler prescindere da tale considerazione, non può non rilevarsi che, mentre la testimonianza de relato del D.C. si appalesa estremamente generica non solo perchè non confortata da circostanze oggettive di riscontro, ma anche perchè fortemente minata dal fatto che il teste non è stato neppure in grado di indicare a quale fondo si sarebbe riferito il suo confidente – nel parlargli della vendita in parola – al contrario la versione fornita dai coniugi N. – L.N. è assolutamente affidabile;

– è in particolare, circostanza pacifica, perchè non contestata che proprio la figlia Gr., convivente con il padre L.N. G., curava gli affari di questo ultimo, tanto da aver addirittura sottoscritto il preliminare in sua vece per essere lo stesso analfabeta, ed era, quindi, l’unica – insieme al marito – ad essere in grado, per partecipazione diretta alla vicenda, di conoscerne esattamente i termini;

– d’altronde, a voler tutto concedere agli appellanti – non essendo neppure stati prospettati dei motivi di attrito tra i due – non si riesce proprio a scorgere perchè mai il LA.NO.Gi., per il quale era del tutto indifferente la persona da cui ottenere il denaro, avrebbe dovuto voler danneggiare il figlio ricorrendo all’artificio di indicare nel rogito di vendita un prezzo superiore a quello reale.

5. Con il terzo motivo le ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte de qua lamentando carenza ed illogicità della motivazione l’art. 360 c.p.c., n. 5) circa la salutazione delle prove; violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c. (art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte rigettato la domanda di simulazione del prezzo.

6. Il motivo non può trovare accoglimento. Alla luce delle considerazioni che seguono.

6.1. Come assolutamente pacifico presso una più che consolidata giurisprudenza di questa Corte regolatrice, in particolare, deve ribadirsi – ulteriormente – che il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia della, opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che una simile revisione, in realtà, non sarebbe altro che un giudizio di fatto e si risolverebbe sostanzialmente in una sua nuova formulazione, contrariamente alla funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità.

Deriva da quanto precede, pertanto, che risulta del tutto estranea all’ambito del vizio di motivazione ogni possibilità per la Corte di cassazione di procedere ad un nuovo giudizio di merito attraverso l’autonoma, propria valutazione delle risultanze degli atti di causa.

Nè, ugualmente, la stessa Corte realizzerebbe il controllo sulla motivazione che le è demandato, ma inevitabilmente compirebbe un (non consentito) giudizio di merito, se – confrontando la sentenza con le risultanze istruttorie – prendesse d’ufficio in considerazione un fatto probatorio diverso o ulteriore rispetto a quelli assunti dal. giudice del merito a fondamento della sua decisione, accogliendo il ricorso sub specie di omesso esame di un punto decisivo.

Del resto, il citato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice del merito al quale soltanto spetta individuare le fonti del proprio convincimento, e, in proposito, valutarne le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra le varie risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (cfr., ad esempio, in termini, Cass. 6 marzo 2006, n. 4766. Sempre nella stessa ottica, altresì, Cass. 27 febbraio 2007, n. 4500; Cass. 19 dicembre 2006, n. 27168; Cass. 8 settembre 2006, n. 19274; Cass. 25 maggio 2006, n. 12445).

6.2. Pacifico quanto sopra si osserva che nella specie i giudici di secondo grado, in presenza di testimonianze parzialmente contraddittorie quanto al prezzo concretamente corrisposto ricevutosi dall’alienante hanno adeguatamente e congruamente indicato le ragioni alla luce delle quali hanno ritenuto più attendibile le deposizioni dirette dei testi N. e LA.NO.Gr., che avevano partecipato alle trattative e all’atto, piuttosto che a quella de relato del teste D.C..

6.3. Tutte le considerazioni svolte in ricorso dalle ricorrenti, non solo non investono alcuni passaggi, essenziali, del ragionamento fatto proprio dai giudici di secondo grado (come evidenziato sopra non solo non risultano mai neppure prospettati motivi di attrito tra l’attore in primo grado e la sorella GR., convivente con il padre alienante il fondo per cui è controversia e che in prima persona aveva trattato l’affare con l’acquirente, ma non è mai stata indicata la ragione per cui fosse intenzione dell’alienante interessato unicamente a percepire il corrispettivo per il proprio fondo danneggiare il figlio ricorrendo all’artificio di indicare nel rogito un prezzo maggiore di quello reale), lungi dal prospettare vizi della sentenza impugnata rilevanti sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, come sopra precisati, tendono – inammissibilmente – e contra legem a un nuovo giudizio di merito, precluso in questa sede.

6.4. Manifestamente inammissibile, infine, e l’ultimo profilo del motivo nella parte in cui sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 3 prospetta la violazione degli artt. 1362 e 1363 c.c..

A prescindere da ogni altra, pur opportuna considerazione (cfr. Cass. 5 giugno 2007, n. 13066, nonchè Cass. 20 novembre 2006, n. 24607, specie in motivazione; Cass. 11 agosto 2004, n. 15499, tra le tantissime), la deduzione deve essere dichiarata inammissibile posto che non è in alcun modo specificato perchè la lettura della testimonianza D.C. data dai giudici a quibus sarebbe in violazione dei ricordati precetti di legge.

7. Risultato infondato in ogni sua parte il proposto ricorso, in conclusione, deve rigettarsi, con condanna delle ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo.

PQM

LA CORTE rigetta il ricorso;

condanna le ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio di cassazione liquidate in Euro 200,00, oltre Euro 1.200,00 per onorari e oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 3^ sezione civile della Corte di cassazione, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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