Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5203 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 26/02/2020), n.5203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31700/2018 proposto da:

A.D.D., elettivamente domiciliato in Lecco, via Carlo

Cattaneo n. 42/H, presso lo studio dell’avv. Maria D. Sacchi, che lo

rappresenta e difende, come da procura rilasciata in foglio

separato.

– ricorrente –

contro

Ministero Dell’interno, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MILANO, depositato il 08/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2019 dal Cons. Dott. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Milano ha respinto il ricorso proposto da A.D.D. cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il ricorrente ha riferito che a seguito di un incidente alla madre, aveva cominciato a lavorare, in patria, come facchino e poi successivamente con altri datori di lavoro anche in Niger e successivamente in Libia, dove fu rapinato e maltrattato, ma seppur indebolito era riuscito a fuggire e dopo essersi curato riuscì ad affrontare la traversata.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale applicato nel caso di specie, i principi in materia di attenuazione dell’onere della prova, gravante in capo al richiedente, (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale riconosciuto la sussistenza di una minaccia grave alla vita dell’odierno deducente in ragione della situazione generale del paese di provenienza; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale assolto all’onere di cooperazione istruttoria gravante in capo all’Autorità giudiziaria adita; (iv) sotto un quarto profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il tribunale riconosciuto la sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria, nonostante il livello d’integrazione sociale raggiunto dall’istante nel nostro paese e per le attuali condizioni di salute.

Il primo motivo e il terzo motivo, che possono essere oggetto di un esame congiunto, perchè connessi sia nell’individuazione delle norme violate che nella sostanza della censura, sono inammissibili, perchè propongono censure di merito alle decisioni istruttorie e probatorie del giudice del merito, che sono insindacabili nella presente sede (Cass. nn. 11892/16, 25608/13), se congruamente motivate come nella specie.

Infatti, proprio l’approfondimento istruttorio del tribunale ha portato a smentire la fondatezza degli assunti dedotti dal ricorrente, mentre, le censure del ricorrente si configurano in termini di “mero dissenso”, contrapponendo alla lettura della vicenda da parte del giudice del merito, una propria personale ricostruzione.

Il secondo motivo è inammissibile, perchè il giudice del merito con accertamento di fatto, fondato sulla consultazione di fonti informative aggiornate, ha smentito la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

Il quarto motivo, in riferimento alla protezione umanitaria, è inammissibile, in quanto, la valutazione comparativa della situazione soggettiva e oggettiva del richiedente con riferimento al paese d’origine, per verificare se il rimpatrio possa determinare la privazione della titolarità e dell’esercizio dei diritti fondamentali (Cass. n. 4455/18), è stata effettuata dal Tribunale che ha accertato, con giudizio di fatto, l’insussistenza di situazioni di vulnerabilità meritevoli di tale protezione.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

Poichè il ricorrente è ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non paga il doppio del contributo unificato.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Dichiara il ricorso inammissibile.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono, allo stato, i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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