Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5203 del 06/03/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 06/03/2018, (ud. 25/01/2018, dep.06/03/2018),  n. 5203

Fatto

RILEVATO

– che in controversia relativa ad impugnazione del silenzio-rifiuto dell’amministrazione finanziaria sull’istanza di rimborso di imposte catastali che la società contribuente riteneva erroneamente versate, con la sentenza in epigrafe la CTR laziale, ritenendo che anche la presentazione dell’istanza ad un ufficio finanziario incompetente consentisse la formazione del silenzio-rifiuto, accoglieva l’appello proposto dalla predetta società riformando la sentenza di primo grado;

– che l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo cui replica l’intimata società con controricorso;

– che risulta regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. (come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con modificazioni dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197), all’esito del quale la controricorrente ha depositato memoria con richiesta di riunione ad altro ricorso dalla medesima proposto ed attualmente pendente dinanzi alla 5^ Sezione Civile di questa Corte;

– che il Collegio, con motivazione semplificata.

Diritto

OSSERVA

– che il motivo con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 347 del 1990, art. 12, sostiene che, diversamente da quanto sostenuto dalla Commissione d’appello, la presentazione di una “istanza di rimborso ad un ufficio finanziario incompetente, anche della stessa amministrazione, osta alla formazione di un regolare provvedimento tacito di rifiuto con la conseguente inammissibilità dell’impugnativa giurisdizionale per inesistenza di un atto, anche tacito, di diniego”, è palesemente infondato e ciò rende superfluo ritardare la decisione del ricorso, così come avverrebbe se si accogliesse l’istanza avanzata dalla controricorrente;

– che il Collegio, pur consapevole di un diverso orientamento giurisprudenziale che tralaticiamente si ispira alla lontana pronuncia delle Sezioni Unite n. 11217 del 1997, peraltro emessa con riferimento alla previgente disciplina del contenzioso tributario (e segnatamente del D.P.R. n. 636 del 1972, art. 16, comma 6) ed in epoca antecedente sia alla promulgazione dello Statuto dei diritti del contribuente (L. n. 212 del 2000) che alla revisione dell’art. 111 Cost., ritiene di condividere, perchè aderente ai più recenti indirizzi giurisprudenziali in materia di collaborazione tra uffici della pubblica amministrazione e tra questa ed il contribuente, ma anche del citato precetto costituzionale, il principio in base secondo cui “In tema di rimborso delle imposte sui redditi, disciplinato dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38, comma 2, la presentazione di un’istanza di rimborso ad un organo diverso da quello territorialmente competente a provvedere costituisce atto idoneo non solo ad impedire la decadenza del contribuente dal diritto al rimborso, ma anche a determinare la formazione del silenzio-rifiuto impugnabile dinanzi al giudice tributario, sia perchè l’ufficio non competente (quando non estraneo all’Amministrazione finanziaria e, nella specie, coincidente con una diversa direzione regionale) è tenuto a trasmettere l’istanza all’ufficio competente, in conformità delle regole di collaborazione tra organi della stessa Amministrazione, sia alla luce dell’esigenza di una sollecita definizione dei diritti delle parti, ai sensi dell’art. 111 Cost.” (Cass. n. 4773 del 2009; conf. n. 15180 del 2009, n. 2810 del 2009, n. 27117 del 2016);

– che la CTR si è correttamente attenuta al suddetto principio di diritto, che va qui confermato, con conseguente rigetto del ricorso e condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nella misura liquidata in dispositivo, mentre, risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.200,00 per compensi, Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15 per cento dei compensi ed agli accessori di legge.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018

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