Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5203 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2011, (ud. 19/11/2010, dep. 04/03/2011), n.5203

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito A. – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

SI.COMM DI PALLESCA & LICURSI S.N.C. elettivamente domiciliata

in

Roma, Via Borghesano Lucchese, n. 29, nello studio dell’Avv. Giuseppe

Petrucciani; rappresentata e difesa dagli Avv. CIMA Angelo e Pietro

Colucci, giusta procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze;

– intimato –

e contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata.

– controricorrente –

nonchè sul ricorso n. 27214/2006 proposto in via incidentale da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i

cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliati.

– ricorrenti incidentale –

nei confronti di SI.COMM DI PALLESCA & LICURSI S.N.C.;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Molise, n. 34/1/05, depositata in data 21 settembre 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19

novembre 2010 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Sentito l’Avv. Gen. Dello Stato, Letizia Guida, che ha chiesto il

rigetto del ricorso principale a l’accoglimento del ricorso

incidentale;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Federico Sorrentino, il quale ha concluso per il rigetto dei

ricorsi.

Fatto

1. – La SI.COMM di Pallesca e e Licursi S.n.c. – d’ora in poi, per brevità, SI.COMM – impugnava l’avviso di rettifica con cui le veniva contestato, in relazione all’IVA del 1992, di aver operato come “schermo” rispetto a tale Giorgetto Alessandro, allo scopo di consentire a costui di porre in essere delle operazioni imponibili avvalendosi, per l’appunto, di tale interposizione.

1.1 – La Commissione tributaria provinciale di Campobasso, con decisione n. 474/01/2000, accoglieva il ricorso proposto dalla società, ritenendo che i rilievi non fossero sorretti da confortanti prove, essendo fondati esclusivamente sulle risultanza del p.v.c., costituite, per altro, da testimonianze e da presunzioni.

1.3 La Commissione tributaria regionale del Molise, con la decisione meglio indicata in epigrafe, pronunciando sull’appello proposto dall’Ufficio, in riforma della decisione di primo grado, confermava l’avviso di rettifica, salva l’applicazione, riguardo alle sanzioni, del principio della continuazione. Venivano richiamate le risultanze probatorie acquisite, confortate dagli esiti, dei giudizi penali correlati, ponendosi in evidenza come le operazioni della SI.COMM, priva di sede, di organizzazione e di personale, per altro amministrata da casalinghe e strette congiunte del G., fossero fittizie.

1.2 – Avverso tale decisione detta società propone ricorso, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate, che propone a sua volta ricorso incidentale, fondato su un motivo.

Diritto

2 – In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità, per difetto di legittimazione, del ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze, che non è stato parte del giudizio d’appello, instaurato dalla sola Agenzia delle entrate, nella sua articolazione periferica, dopo la data del 1 gennaio 2001, con implicita estromissione dell’ufficio periferico del Ministero (Cass., Sez. Un., n. 3166 del 2006).

Non si provvede in merito alle spese processuali, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva.

2.1 – Sempre in via preliminare, va disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima decisione.

2.2. – Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia “violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento:

al D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 32, 33, 39 e 42, per omessa e insufficiente motivazione dell’accertamento; al D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, n. 4, per omessa, carente e/o insufflo::ente motivazione delle ragioni di fatto e di diritto;

all’art. 654 c.p.c. (recte c.p.p.), per errata interpretazione della natura giuridica delle sentenze e degli altri provvedimenti di natura penale, falsa applicazione di norme di diritto ed insufficiente e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5”.

Il motivo è articolato su tre distinti, profili: vizio di motivazione dell’avviso di accertamento; vizio di motivazione della sentenza in cui recepisce le risultanze del p.v.c.; inidoneità del giudicato penale nel procedimento tributario.

2.2.a – Quanto al primo aspetto, si afferma, in sostanza, che l’Ufficio, recependo le risultanze del processo verbale di constatazione, avrebbe omesso di fornire una propria ed autonoma valutazione del materiale acquisito dalla Guardia di Finanza.

La censura è infondata. Giova, in proposito richiamare il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui l’avviso di accertamento, rappresentando l’atto conclusivo di una sequenza procedimentale a cui possono partecipare anche organi amministrativi, diversi, può essere motivato per relationem, anche con il rinvio pedissequo alle conclusioni contenute in un atto istruttorio (come, ad esempio, il p.v.c. della Guardia di Finanza), senza che ciò arrechi alcun pregiudizio al diritto del contribuente (Cass., 10 febbraio 2010, n. 2907).

E’ stato altresì precisato che la motivazione degli atti di accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, non è illegittima per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura, che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio (Cass., 11 maggio 2009, n. 10680).

Non potendosi dubitare, quindi, del potere dell’Amministrazione finanziaria di ricorrere alla motivazione mediante rinvio ad altri atti, conosciuti da parte del contribuente, il sindacato del giudice di merito non può incentrarsi sulla scelta in sè considerata, dovendosi viceversa valutare se, dal richiamo globale all’atto strumentale, sia derivata una inadeguatezza o una insufficienza della motivazione dell’atto finale. Del pari, in sede di legittimità, il contribuente che intenda contestare l’accertamento dell’adeguatezza della motivazione per relationem dovrà – onere che non risulta sufficientemente assolto nel caso in esame -specificamente indicare, nei motivi di ricorso, le cause della sua incongruità.

2.2.b – Quanto al secondo profilo, strettamente correlato al precedente, va osservato che la sentenza impugnata, nel richiamare le risultanze del p.v.c. e dei giudizi penali, non ha operato un mero ed acritico rinvio alle risultanze acquisite dalla Guardia di Finanza, ma, assumendo alla base della propria decisione gli elementi più significativi emergenti dagli atti (assenza di sede, di personale, di organizzazione, rapporti di parentela o di affinità) ha doverosamente compiuto, sia pure con la richiesta concisione, il compito specifico del giudice tributario di esaminare il materiale probatorio (Cfr., in termini, Cass. 23 febbraio 2010, n. 4306), pervenendo al convincimento relativo alla natura fittizia delle operazioni poste in essere dalla SI.COMM. 2.2.c – Del pari, quanto agir esiti dei giudizi penali, la Commissione tributaria regionale non si è limitata ad estenderne automaticamente gli effetti, ma, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 c.p.c.), ne ha verificato la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare (Cass., n. 3724 del 2010; Cass. n. 10495 del 2005). Ed invero è stata valorizzata la circostanza dell’assoluzione delle socie ed amministratrici della SI.COMM, proprio perchè mere prestanome, per trame l’ulteriore conferma che “le operazioni commerciali a nome della SI.COMM erano meramente fittizie sia nel momento del l’acquisto, sia nel momento della cessione di beni e servizi”.

2.3 – Il successivo motivo, con il quale si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., invocandosi il giudicato formatosi in senso favorevole alla società in merito alle annualità 1993 e 1994, e del pari infondato.

Al riguardo va richiamato il consolidato principio secondo cui il giudicato formatosi in merito ad una determinata annualità non può estendersi – a fronte della variabilità delle situazioni di fatto che determinano le poste attive e passive, stante anche l’irrilevanza dell’eventuale identità delle questioni di diritto – ad altre annualità (Cass., 22 febbraio 2008, n. 4607), soprattutto quando, come nel caso di specie, non vengano in considerazione elementi costitutivi della fattispecie a carattere (tendenzialmente) permanente (Cass., Sez. Un., 16 giugno 2006, n. 13916, in motivazione).

3. – Passando all’esame del ricorso proposto in via incidentale, e fondato sulla denunciata carenza motivazionale in merito alla “riduzione” delle sanzioni operata dalla Commissione tributaria regionale, ne va rilevata l’infondatezza, in quanto la censura non coglie l’aspetto fondamentale della statuizione adottata in tema di sanzioni, consistente nell’applicazione del principio della continuazione, sancito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 12.

4. In conclusione, i ricorsi riuniti vanno rigettati con compensazione, tenuto conto delle reciproca soccombenza, delle spese processuali.

PQM

Riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti del Ministero dell’economia e delle finanze e rigetta gli altri. Dichiara compensate interamente le spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 19 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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