Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5202 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.28/02/2017),  n. 5202

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6254/2013 proposto da:

T.R., (OMISSIS), T.G. (OMISSIS),

T.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

COSSERIA 5, presso lo studio dell’avvocato LAURA TRICERRI,

rappresentati e difesi dagli avvocati PAOLA PIOLI, CESARE VISCONTI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

R.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA GIULIANA 44 INT. 13, presso lo studio dell’avvocato ARNALDO

MIGLINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato FRANCO

MIGLINO, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VALLO DELLA LUCANIA, depositata

il 24/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Viste le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUCIO

CAPASSO che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso

per mancata prova della qualità di eredi in capo ai ricorrenti,

ovvero, nel caso in cui tale prova sia fornita, dichiarare la

nullità del provvedimento per difetto di integrità del

contraddittorio;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

All’esito del ricorso in opposizione proposto da M.C. avverso il decreto di liquidazione del 20 gennaio 2012, con il quale il Giudice unico del Tribunale di Vallo della Lucania aveva liquidato in favore del Dott. R.G. i compensi per l’attività di consulente tecnico d’ufficio, nella procedura iscritta al n. 345/2001 RGAC, il Tribunale rigettava le doglianze dell’opponente, condannandola altresì al rimborso delle spese del giudizio di opposizione.

Rilevava l’ordinanza che nella fattispecie trovava applicazione il criterio di liquidazione in base a vacazioni, trattandosi di prestazione non inquadrabile in alcuna di quelle espressamente contemplate nelle tabelle di cui al D.M. 30 maggio 2002.

Inoltre il decreto opposto aveva tenuto conto del fatto che l’attività del CTU si era attenuta alle richieste del giudice della causa di merito, il quale nel procedere alla liquidazione aveva anche tenuto conto del ritardo nel deposito della CTU, riducendo i compensi di un quarto del D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 52.

Infine non poteva darsi seguito alle doglianze concernenti l’ultroneità dell’attività espletata in quanto si trattava di contestazioni che attengono al merito della consulenza e che non possono incidere nella valutazione concernente la congruità della liquidazione.

Avverso tale provvedimento propongono ricorso T.R., T.A. e T.G., quali eredi di M.C. sulla base di quattro motivi.

R.G. ha resistito con controricorso.

In via assolutamente preliminare deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dal R., sul presupposto che i ricorrenti, pur qualificandosi formalmente eredi della M., opponente nel giudizio di merito, non avrebbero fornito la prova di tale qualità.

L’eccezione è fondata, dovendosi dare atto che non risulta depositata alcuna documentazione che effettivamente dimostri la qualità di eredi in capo ai T., non avendo nemmeno allegato se e quando la loro dante causa sarebbe deceduta.

In tal senso costituisce orientamento costante di questa Corte quello per il quale (cfr. Cass. n. 10022/1997) in caso di decesso della parte costituita nel precedente giudizio di merito, colui il quale, in sede di giudizio di legittimità, abbia proposto ricorso assumendo di esserne l’erede deve provare, pena l’inammissibilità del gravame, la propria legittimazione processuale attraverso le produzioni documentali consentite dalla norma di cui all’art. 372 c.p.c., con riferimento tanto al fatto storico del decesso della parte originaria, quanto alla asserita qualità di erede della stessa (oneri ottemperabili, ad esempio, mediante produzione del certificato di morte del “de cuius” e della conseguente denuncia di successione, ovvero di atti notori), trattandosi, nella specie, di fatti costitutivi del diritto di impugnazione e, come tali, da provare da parte del soggetto che intenda esercitarlo. Tale prova, necessaria in presenza di apposita eccezione di controparte, può essere fornita in tempi anche successivi a quello del deposito del ricorso, purchè precedenti la discussione del medesimo, così che siano resi edotti gli eventuali controricorrenti presenti (conf. Cass. n. 6238/2006; Cass. n. 4116/2016).

Nella fattispecie occorre altresì rilevare che, oltre all’eccezione del controricorrente la questione è stata evidenziata anche dalle conclusioni del P.G., ai cui rilievi in alcun modo i ricorrenti hanno inteso replicare, non essendovi alcun cenno alla questione nemmeno nelle note di cui all’art. 380 bis c.p.c., comma 1.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese di lite che liquida in complessivi Euro 1.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% sui compensi ed accessori di legge;

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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