Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5201 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. II, 28/02/2017, (ud. 20/01/2017, dep.28/02/2017),  n. 5201

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6452/2013 proposto da:

R.V. SRL, (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA G PALUMBO 3, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO RONCHIETTO,

che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS), PROCURA DELLA REPUBBLICA presso

il TRIBUNALE di ROMA, L.H.;

– intimati –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di ROMA, depositata il 18/07/2012;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

20/01/2017 dal Consigliere Dott. MAURO CRISCUOLO;

Viste le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. LUCIO

CAPASSO, che ha chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del

primo motivo di ricorso con l’assorbimento del secondo;

Lette le memorie di parte ricorrente.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con ordinanza del 18/7/2012 il Tribunale di Roma rigettava l’opposizione proposta dall’odierna ricorrente avverso il decreto di liquidazione dei compensi maturati per l’attività di custode giudiziario svolta dalla società relativamente a beni diversi da veicoli.

Rilevava il Tribunale che non poteva trovare applicazione il D.M. n. 265 del 2008, emanato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59, in quanto insuscettibile di trovare applicazione analogica alla custodia di beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati, sicchè anche ai sensi dell’art. 5 dello stesso D.M. bisognava far ricorso agli usi locali come previsto dall’art. 58, comma 2 del citato D.P.R..

Inoltre l’art. 276 del testo normativo in esame dispone in via transitoria che si applichino le tariffe esistenti presso la Prefettura, ridotte secondo equità, o in via residuale, ed in mancanza delle prime, gli usi locali.

In assenza di tariffe esistenti presso la Prefettura, non emergeva nemmeno l’esistenza di usi locali, neppure allegati dalle parti, con la conseguenza che la liquidazione doveva avvenire ai sensi dell’art. 2225 c.c. e quindi equitativamente.

Per l’effetto tenuto conto del quantitativo di merce in custodia (25.680 paia di scarpe) e del tempo per il quale tale attività si era protratta, ha riconosciuto equa una liquidazione pari ad Euro 200,00 mensili, ai quali andavano aggiunte le spese di viaggio e di recupero, oltre l’IVA se dovuta.

Infine non potevano trovare applicazione le pretese tariffe predisposte dall’Agenzia del Demanio di Roma, che al più potrebbero valere come parametro per la valutazione equitativa, mancando una specifica allegazione e produzione delle medesime.

Avverso tale provvedimento propone ricorso la R.V. S.r.l. sulla base di due motivi, mentre gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

Il primo motivo di ricorso è fondato nei limiti delle precisazioni che seguono.

Ed, invero, con il medesimo si contesta la liquidazione del giudice del merito avvenuta sulla base del parametro dell’equità, in violazione di quanto discende dal combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, artt. 58, 59 e 276.

Ed infatti se appare incontestata la circostanza che per la tipologia dei beni in sequestro non fosse stato adottato all’epoca della liquidazione il decreto di fissazione delle tariffe per i compensi del custode, non appare però condivisibile l’assunto di parte ricorrente che vorrebbe attribuire alle tariffe predisposte dall’Agenzia del Demanio la valenza di usi locali, idonei come tali ad orientare la liquidazione del compenso in base alle norme indicate.

Ed, invero, anche a voler superare le carenze di allegazione documentale segnalate dal provvedimento impugnato, vale richiamare il costante orientamento di questa Corte per il quale, avendo il giudice l’obbligo di conoscere la legge, ma non anche gli usi, questi ultimi, ove il giudice non ne sia a conoscenza, debbono essere provati (anche per quanto riguarda l’elemento dell'”opinio iuris ac necessitatis”) a cura della parte che li allega, e la relativa prova non può essere fornita per la prima volta nel giudizio di legittimità (Cass. n. 4853/2007; Cass. n. 1229/1969).

Ne consegue che le tariffe de quibus, delle quali in realtà in sede di merito non era stata nemmeno allegata la natura di usi normativi, ove anche ne fosse stata offerta la piena prova circa il loro effettivo contenuto, non avrebbero in ogni caso potuto essere utilizzate dal giudice in assenza della dimostrazione, della quale era onerata parte ricorrente, dei requisiti che consentono di affermarne la natura di usi normativi.

Le censure della ricorrente invece colgono nel segno, nella parte in cui contestano al giudice di merito di avere provveduto alla liquidazione dei compensi mediante il ricorso alla previsione di cui all’art. 2225 c.c. e quindi in base ad un giudizio essenzialmente di natura equitativa.

A’ tal fine ritiene la Corte di dover dare continuità a quanto in precedenza affermato da Cass. n. 3475/2012, dalla quale, nonostante sia stata richiamata nella motivazione dal giudice di merito, quest’ultimo si è evidentemente discostato.

Infatti, in attesa dell’emanazione delle tabelle per la determinazione dell’indennità di custodia previste dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 59, il compenso va determinato in base alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità, ove esistenti, ovvero secondo gli usi locali in virtù della previsione di cui all’art. 276 suddetto decreto; in mancanza delle une e degli altri, come nel caso in esame, la liquidazione deve avvenire ai sensi dell’art. 2233 c.c., comma 2, e quindi in base all’importanza dell’opera svolta e previa acquisizione del parere dell’associazione professionale del custode; ne consegue che, ove in violazione di tali precetti, il giudice liquidi il compenso dovuto al custode secondo equità il relativo provvedimento è censurabile in sede di legittimità per violazione dell’art. 2233 c.c., comma 2, ma non per mancata applicazione delle tariffe professionali, non sussistendo alcuna norma di legge che imponga l’adozione di tali tariffe, e non essendo le stesse applicabili in via analogica” (conf. Cass. n. 6049/2009).

Nella fattispecie se il ragionamento del giudice di merito nella prima parte risulta aderente al dettato normativo, laddove esclude la possibilità di fare applicazione degli usi locali ovvero delle tariffe in uso presso le Prefetture (ma a tal proposito si veda Cass. n. 11281/2012, secondo cui in tema di liquidazione dell’indennità spettante al custode di beni sottoposti a sequestro nell’ambito di un procedimento penale, a seguito dell’emanazione del D.M. 2 settembre 2006, n. 265, di approvazione delle tariffe, la determinazione dell’indennità di custodia per i beni diversi da quelli ivi espressamente contemplati va operata, ai sensi dell’art. 5 del predetto decreto, sulla base degli usi locali, non essendo più applicabile il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 276, il quale consentiva altresì il riferimento alle tariffe prefettizie ridotte secondo equità), erra tuttavia nelle conclusioni laddove richiama la previsione di cui all’art. 2225 c.c., compiendo in realtà una liquidazione di carattere essenzialmente equitativo, in contrasto con quanto invece derivante dall’applicazione dei suesposti principi.

L’accoglimento del primo motivo determina poi l’assorbimento del secondo motivo di ricorso con il quale si denunzia l’assenza di motivazione ovvero la sua intrinseca contraddittorietà.

Il provvedimento impugnato deve quindi essere cassato con rinvio al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo, assorbito il secondo, cassa il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Roma in persona di diverso magistrato che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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