Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5200 del 04/03/2011

Cassazione civile sez. trib., 04/03/2011, (ud. 19/11/2010, dep. 04/03/2011), n.5200

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. MAGNO Giuseppe Vito – Consigliere –

Dott. SOTGIU Simonetta – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CIPRO SICILIA SPA (oggi in liquidazione volontaria), in persona del

liquidatore e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA UFFICI DEL VICARIO 35, presso lo studio

dell’avvocato GRILLO G CARLO, che lo rappresenta e difende giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 17/2005 della COMM. TRIB. REG. di PALERMO,

depositata il 22/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/11/2010 dal Consigliere Dott. SIMONETTA SOTGIU;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, riformando con sentenza 22 marzo 2 005 la sentenza di primo grado, ha confermato la legittimità dell’avviso di rettifica, riducendone il “quantum” (inizialmente di L. 895.949.000=) relativo a diniego di detrazione IVA per l’anno 1995, con intimazione di. pagamento, fra l’altro, di L. 335.449.000= oltre sanzioni, emesso nei confronti della CI.PRO s.p.a. con riferimento alla fattura n. (OMISSIS) emessa in data (OMISSIS) dalla s.p.a. SIDAC (poi ARANCA Industria, del cui Gruppo la CI.PRO faceva parte) per il complessivo importo (comprensivo di IVA per L. 355.448.800-) di L. 2.100.968.800= di cui L. 1.100.000.000= per cessione ramo d’azienda CBS s.r.l., L. 655.520.000= per montaggi, riparazioni e modifiche effettuate sugli impianti ceduti e su quelli fatturati dalla CBS s.r.l. in data 24.1.1995 nei confronti prima della stessa Società CI.PRO (in quanto acquistati dalla s.r.l. EUDOSIA, già destinataria di somme anticipate dalla stessa CBS per “acquisto macchinari” per l’importo di L. 1.280.000.000= per conto della stessa CI.PRO) e poi nei confronti della capogruppo SIDAC, con evidente sovrapposizione di fatturazioni, trattandosi sempre degli stessi macchinari.

La Commissione Regionale, disattendendo le argomentazioni dei giudici di primo grado secondo cui la CI.PRO faceva comunque parte del gruppo SIDAC e che le operazioni infragruppo avevano comunque successivamente pareggiato l’ammontare della fattura in contestazione, ha in particolare sottolineato che la s.r.l. CBS, dopo aver definito il rapporto con EUDOSIA s.r.l. nel 1994, non alieno l’intero impianto alla C.PRO, neppure dopo il collaudo dell’impianto all’interno dello stabilimento Ci.PRO in data 5.4.1995, ma lo trasferì alla SIDAC s.p.a., che lo rivendette alla CI.PRO aggiungendovi la cospicua somma di L. 655.520.000=, cioè oltre due terzi del presso inizialmente concordato con la CBS, il che presuppone, secondo la CTR, la inesistenza della operazione fatturata, ancorchè infragruppo.

La CI.PRO Sicilia s.p.a. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di cinque motivi, senza resistenza da parte dell’Amministrazione intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 16, comma 2, art. 53, comma 2 e art. 20, comma 1, anche in combinato disposto,oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla ritenuta ammissibilità dell’appello dell’Agenzia, notificato a mezzo del Messo dell’Ufficio, modalità non consentita dal D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 53 e 20.

I motivo è infondato.

Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cass. 13969/2001; 21516/2005; 3433/2008) i Messi degli Uffici finanziari hanno il potere di effettuare notifiche oltrechè degli atti dell’Amministrazione finanziaria, anche nell’ambito del procedimento speciale avanti alle Commissioni tributarie, e le loro attestazioni fanno piena prova, fino a querela di falso, al pari di quelle compiute dall’ufficiale Giudiziario, con la sola esclusione di potere notificatorio nel processo per cassazione (Cass. 18291/2004).

Col secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata, in cui la ricorrente ha provato l’esistenza e la contabilizzazione delle fatture coerenti con il loro contenuto,mentre l’Ufficio non ha indicato nè la provenienza delle informazioni, nè le modalità e i contenuti del controllo effettuato dalla G. di F., omettendo di indicare gli elementi indiziari posti a base dell’asserita falsità delle fatture, dedotta da un verbale redatto nei confronti di terzi, di cui la ricorrente non ha mai avuto conoscenza.

Peraltro l’emissione di fatture infragruppo avrebbe dovuto comportare la prova di un qualche vantaggio dell’operazione da parte delle società partecipanti, posto che le partite a debito e a credito fra due società dello stesso Gruppo si annullano.

Il motivo e infondato.

La Commissione Regionale ha ampiamente e dettagliatamente motivato in ordine alla tumultuosa attività di ordinazioni rimaste ineseguite da parte della CI.PRO, perchè priva di impianti adeguati, poi riattivati dalla capogruppo SIDAC nello stabilimento della CI.PRO previa doppia cessione degli stessi macchinari fra società infragruppo, con aumento tuttavia del costo degli stessi, il che sarebbe sufficiente a giustificare, nell’ambito del meccanismo dell’IVA, il vantaggio dell’operazione. Peraltro, pur dovendosi astrattamente ritenere che l’Amministrazione debba provare la inesistenza di operazioni sottese a fatture in tal senso contestate, qualora la stessa Amministrazione fornisca validi indizi in ordine alla fittizietà, anche parziale, di alcune fatturazioni, passerà al contribuente l’onere di dimostrare l’effettiva esistenza dello operazioni contestate (Cass. 15395/2008).

Col terzo motivo si denuncia vizio di motivazione della sentenza impugnata. In ordine al mancato annullamento delle sanzioni – soltanto ridotte nella sentenza impugnata – avendo l’Ufficio in sede di riliquidazione della dichiarazione IVA limitato fino a rendere irrilevante il rilievo fiscale l’imposta relativo alla imposta dovuta per la fattura n. (OMISSIS). Il motivo è inammissibile, posto che la sanzione è stata ridotta dall’Ufficio, ma non poteva essere annullata,proprio porche il rilievo fiscale confermato e tutt’altro che irrilevante, ammontando a L. 335.449.000-, e peraltro conseguente alla violazione al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 21.

Col quarto motivo, si denuncia la violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 1 del D.P.R. n. 600 del 1973, e art. 42, comma 2, oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine all’assoluta carenza di motivazione dell’avviso di accertamento, che si è richiamato integralmente al P.V. della G. di F., a sua volta incentrato su una segnalazione riguardante terzi,mai portata a conoscenza della ricorrente.

Il motivo e inammissibile,perchè non riproduco l’atto proviene dall’A. F.- del quale il giudice di legittimità non può direttamente conoscere- e che non risulta ne trascritto nel ricorso ne allegato allo stesso.

No può peraltro il contribuente sostenere di aver adempiuto all’onere di dimostrazione della regolarità delle operazioni effettuate invocando l’apparente regolarità delle scritture contabili (Cass. 11599/2007; 951/2009).

Quanto all’acquisizione presso terzi dei dati sui quali l’Ufficio ha fondato i propri rilievi, la contribuente non può lagnarsi di tale acquisizione (peraltro operaia nel “groviglio” delle società infragruppo), avvenuta peraltro in epoca precedente (1997) all’entrata in vigore della L. n. 212 del 2002, che ha introdotto l’obbligo di al negazione (cfr. Cass. 4989/2003), poichè il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, espressamente prevede che l’Ufficio possa procedere a rettifica l’indipendentemente dalla previa ispezione del contribuente, qualora l’esistenza di operazioni imponibili risulti da verbali relativi ad ispezioni presso terzi; e comunque l’avviso di accertamento non richiede un’autonoma attività istruttoria,il cui svolgimento contrasterebbe con i principi di economicità ed efficienza dell’attività amministrativa nonchè con le norme (artt. 51 e 52 cit. D.P.R.), che consentono all’Amministrazione di avvalersi dell’attività di altri organi (Cass. 13486/2009; 8344/2001;

10205/2003; 14058/2006).

I primi quattro motivi di ricorso vanno pertanto rigettati.

Col quinto motivo si deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla omessa pronuncia circa la rideterminazione delle sanzioni D.Lgs. 546 del 1992, ex art. 12, comma 5 richiesta nel ricorso introduttivo e riproposta nelle controdeduzioni e in appello incidentale.

Il motivo è fondato.

La Commissione Regionale ha omesso qualsivoglia pronuncia in ordine alla rideterminazione delle sanzioni, che la contribuente aveva tempestivamente richiesto nel ricorso introduttivo, reiterando la domanda in sede d’appello. La rideterminazione delle sanzioni, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 546 del 1995, art. 12, dovrà essere quindi operata-previa cassazione sul punto della sentenza impugnata – dal giudice di rinvio, che si indica in altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, la quale liquiderà anche le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso, rigetta gli altri, cassa la sentenze, impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2011

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