Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5199 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. III, 04/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 04/03/2010), n.5199

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25908-2008 proposto da:

G.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato MARINI

RENATO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COREA

ULISSE con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato

MARTUCCELLI CARLO, che lo rappresenta e difende con delega a margine

del controricorso;

– controricorrente –

contro

CONGREGAZIONE DEI SERVI DELLA CARITA’

(OMISSIS);

– intimata –

nonchè da:

CONGREGAZIONE DEI SERVI DELLA CARITA’

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore Don

A.R. elettivamente domiciliata in ROMA, V. MICHELE

MERCATI 51, presso lo studio dell’avvocato VACCARELLA ROMANO,

rappresentata e difesa dall’avvocato OTTAVIANI ALFREDO con delega a

margine del controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

C.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZALE DON MINZONI 9, presso lo studio dell’avvocato

MARTUCCELLI CARLO, che lo rappresenta e difende con delega a margine

del controricorso avverso ricorso incidentale;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

G.L. (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 278/2008 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 3/10/2007; depositata il

24/01/2008; R.G.N. 7540/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato MARINI RENATO;

udito l’Avvocato MARTUCCELLI CARLO;

udito l’Avvocato VACCARELLA ROMANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto e/o inammissibilità dei

motivi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Roma – accertata l’avvenuta stipulazione di un preliminare di compravendita immobiliare tra la Congregazione ed il G., nonchè di un ulteriore accordo con cui il G. ed il C. avevano convenuto che l’acquisto da parte del primo sarebbe avvenuto nell’interesse di entrambi – dichiarò trasferito l’immobile oggetto del preliminare a favore del C. e del G. in parti uguali. Condannò, inoltre, il G. al risarcimento del danno a favore del C. per il mancato godimento dell’immobile. Condannò, infine, il C. a rifondere al G. le spese per la ristrutturazione.

La sentenza è stata parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Roma, affermando, in aggiunta, il diritto del C. ad immettersi nel compossesso dell’immobile.

Propone ricorso per cassazione il G. a mezzo di 11 motivi.

Rispondono con controricorso il C. e la Congregazione.

Quest’ultima propone anche ricorso incidentale a mezzo di 4 motivi. A questo ricorso incidentale risponde con di controricorso il C., il quale ha anche depositato memoria per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi, siccome proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Preliminarmente occorre dichiarare inammissibile il ricorso incidentale della Congregazione, la quale, chiamata in giudizio dal C., insieme con il G., ha dedotto la propria estraneità alla lite, per poi prestare acquiescenza alla sentenza di primo grado, che nei suoi confronti è, dunque, passata in giudicato.

L’esposizione successiva darà conto dell’infondatezza della tesi secondo cui, in ipotesi di litisconsorzio necessario, l’appello proposto dal G. avrebbe effetti estensivi anche in favore della Congregazione.

Con il primo motivo il ricorrente sostiene che non spettava al G. la legittimazione passiva nell’azione ex art. 2932 c.c. intentata dal C., essendosi il primo obbligato ad acquistare solo nei confronti della Congregazione e non nei confronti del C. al quale era invece legato (secondo la stessa sentenza impugnata) dal diverso rapporto di cessione del contratto.

Il secondo motivo sostiene la giuridica in configurabilità della cessione pro quota del contratto preliminare, dal quale deriva il mero obbligo di stipulare il contratto definitivo.

Il terzo motivo censura la sentenza per avere disposto il trasferimento dell’immobile in favore di più soggetti ed in parti uguali, benchè il contratto preliminare fosse stato sottoscritto dal solo G. ed avesse ad oggetto l’intero immobile.

Il quarto motivo censura la sentenza nel punto in cui ha ritenuto che il consenso del contraente ceduto (la Congregazione) potesse desumersi dal mancato rifiuto di procedere alla stipula del contratto definitivo e, comunque, dalla mancata impugnazione della sentenza di trasferimento dell’immobile ex art. 2932 c.c..

Il quinto motivo censura la sentenza per avere escluso la legittimazione del G. a far valere il mancato perfezionamento della parziale cessione del contratto in favore del C. per la mancanza del consenso del contraente ceduto.

Con il sesto motivo il ricorrente si duole che la sentenza abbia dedotto l’esistenza del consenso, da parte della Congregazione, dalla mancata impugnazione da parte di questa della sentenza di primo grado, laddove, invece, quel consenso dovrebbe provenire dalla parte (e non dal difensore) in maniera in equivoca.

Il settimo motivo censura la sentenza per non avere rilevato che la mancata impugnazione della sentenza di primo grado avvenne successivamente al venir meno dell’originario accordo tra il C. ed il G., per essere intervenuti altri accordi tra le parti stesse.

L’ottavo motivo censura la sentenza per avere ritenuto perfezionata la cessione parziale del preliminare dal G. al C. con il consenso della ceduta Congregazione, benchè quel consenso fosse stato manifestato in un momento successivo al pagamento del corrispettivo di acquisto e, dunque, all’esecuzione delle prestazioni contrattuali.

Il nono motivo sostiene la nullità del contratto di cessione tra il G. ed il C. ai sensi dell’art. 2744 c.c..

Il decimo motivo censura la sentenza per non avere esaminato la domanda riconvenzionale del G., intesa all’accertamento del diritto in capo a lui della proprietà sull’intero immobile.

L’undicesimo motivo censura la sentenza nel punto in cui ha condannato il G. a risarcire la controparte per il mancato godimento dell’immobile dal (OMISSIS).

I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono in parte inammissibili ed in parte infondati.

Occorre precisare che la vicenda, come ricostruita in sentenza e negli atti depositati dalle parti per il giudizio di legittimità, concerne un preliminare di compravendita immobiliare stipulato tra il G. e la Congregazione nel (OMISSIS), in calce al quale lo stesso G. ed il C. stilarono una scrittura con la quale convennero che quel preliminare doveva intendersi stipulato nell’interesse comune ad entrambi, con la conseguenza che oneri e vantaggi sarebbero andati a carico ed a favore loro, in parti uguali.

Aggiunsero che l’acquisto sarebbe stato pro indiviso a persona di famiglia loro o a nome di una società da loro stessi predisposta.

Precisarono pure le conseguenze che sarebbero derivate da un eventuale rifiuto della Congregazione a che altra persona intervenisse nell’atto di trasferimento.

Già nel (OMISSIS) il C. pagò la somma da lui dovuta, che fu girata alla Congregazione secondo quanto stabilito nel menzionato preliminare, ma solo nel (OMISSIS) (quando ogni ostacolo alla stipula del definitivo era venuta meno) convocò la Congregazione ed il G. innanzi al notaio per stipulare il definitivo.

Non essendo avvenuta la stipula del definitivo, il C. citò in giudizio la Congregazione ed il G. per ottenere una sentenza che producesse gli effetti del contratto di compravendita non concluso, nei confronti suoi e del G. (per parti uguali), nonchè nei confronti della Congregazione. Questa si costituì in giudizio, deducendo la sua estraneità alla lite. Il Tribunale accolse la domanda del C..

L’appello del soccombente G. è stato respinto dalla Corte romana, la quale ha accertato che nella fattispecie s’era verificata a favore del C. una successione a titolo particolare nel diritto derivante dal preliminare, con subingresso del C. stesso nella posizione giuridica attiva e passiva cui ineriva la pretesa dedotta in giudizio. Da questo accertamento ha fatto derivare che il C. legittimamente aveva proposto la domanda di esecuzione in forma specifica del contratto definitivo non concluso e che la sua eventuale estraneità al preliminare non poteva essere eccepita dal G. (legato al C. dal patto successivo al preliminare), ma semmai solo dalla Congregazione. Questa – che assumeva la posizione del contraente ceduto (almeno per la parte di immobile da trasferirsi al C.) – non aveva mai negato il consenso alla cessione, nè quando era stata convocata innanzi al notaio per la stipula del definitivo, nè quando era stata citata in giudizio ex art. 2932 c.c..

Orbene, benchè nella sentenza non ne sia fatta espressa menzione, è palese che il giudice d’appello abbia inteso individuare nella fattispecie un collegamento negoziale, ossia la realizzazione di un risultato economico complesso attraverso la predisposizione di più contratti che, benchè autonomi, sono concepiti funzionalmente e teleologicamente in modo tale che le vicende relative ad un contratto finiscono sul ripercuotersi sull’altro. Meccanismo legittimamente sperimentabile dalle parti, purchè diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento (art. 1322 c.c.) ed il cui accertamento è esclusivamente riservato al giudice del merito, senza poter essere sindacato in sede di legittimità se (come in questo caso) sorretto da motivazione congrua e logica.

Sulla base di questa premessa deriva la conseguenza (giuridicamente e logicamente corretta) che il diritto di opporsi alla stipula del definitivo (e poi ad una sentenza sostitutiva del consenso al trasferimento definitivo nei termini in cui è stata resa) apparteneva alla sola Congregazione e non al G.. Così, come ancora oggi ogni questione coinvolgente l’esistenza o meno di un consenso da parte della Congregazione può essere solo da questa proposta e non dal G.. E ciò ha senso sia che si voglia inquadrare la vicenda in termini di cessione parziale del contratto preliminare, sia che la si voglia inquadrare in qualsiasi altra fattispecie astratta che le parti abbiano inteso adottare per giungere al definitivo assetto dei loro interessi economici, quale quello accertato in concreto dal giudice del merito.

Ciò premesso, è evidente l’infondatezza ed, ancor più, l’inammissibilità per difetto di interesse di quella congerie di motivi che fondano la loro ragione su questioni che avrebbe potuto porre la sola Congregazione, laddove, piuttosto, l’interesse del G. (così come ricostruito dal giudice del merito) risulta pienamente soddisfatto dalla pronunzia resa. Motivi che, laddove s’incentrano sull’esistenza o meno del consenso del promittente venditore e sulla sua validità, pongono, semmai, questioni di inefficacia del contratto e non di nullità rilevabile d’ufficio.

Più in particolare, la questione posta nel primo motivo è affatto nuova, visto che nel giudizio di merito s’era discusso della legittimazione del C. ad agire contro la Congregazione (mentre qui si discute della legittimazione ad agire contro il G.), ed è, comunque, risolta attraverso l’individuazione del collegamento negoziale al quale s’è fatto riferimento in precedenza.

Considerazione, quest’ultima, che risolve anche il secondo motivo, dove il ricorrente sostiene l’impossibilità giuridica di una cessione parziale del contratto preliminare.

Il terzo motivo (necessaria corrispondenza tra contratto preliminare e sentenza ex art. 2932 c.c.) s’infrange contro il rilievo dell’unicità del promittente venditore e della sua mancata opposizione a che gli effetti del preliminare si riversassero non solo in favore del promittente acquirente (il G.), ma anche in favore di un terzo soggetto (il C.).

I motivi dal quarto all’ottavo (che pongono questioni attinenti all’esistenza ed alla validità del consenso alla cessione) sono inammissibili, come s’è detto, per mancanza d’interesse del ricorrente.

Il nono motivo pone la questione del tutto nuova (e come tale inammissibile) concernente l’esistenza di un patto commissorio.

Quanto al decimo motivo, la sentenza afferma che il giudice di primo grado ha esaminato la domanda riconvenzionale del G. e l’ha respinta per la mancata prova che l’accordo intervenuto tra lui ed il C. fosse stato modificato da un altro accordo successivo. Il giudice d’appello ha, poi, aggiunto che, in difetto di uno specifico gravame, egli doveva limitarsi a verificare l’avvenuto esame della domanda, senza giudicare la correttezza dell’esito al quale era giunto il primo giudice in ordine ad essa. La considerazione è processualmente corretta, con conseguente infondatezza del motivo con il quale si pretende che la mera impugnazione di omessa pronunzia obblighi il giudice d’appello (che verifichi invece che pronunzia v’è stata da parte del primo giudice) ad affrontare il merito della questione.

L’undicesimo motivo (concernente la condanna del G. a risarcire il C. per il mancato godimento dell’immobile) è inammissibile in quanto concernente questioni di fatto estranee al giudizio di legittimità.

In conclusione, il ricorso principale deve essere respinto e quello incidentale deve essere dichiarato inammissibile .

La complessità della questione consiglia la compensazione delle spese tra tutte le parti del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, rigetta il principale e dichiara inammissibile l’incidentale. Compensa interamente, tra tutte le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

 

 

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