Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5195 del 04/03/2010

Cassazione civile sez. III, 04/03/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 04/03/2010), n.5195

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente –

Dott. FEDERICO Giovanni – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 21918-2005 proposto da:

A.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso lo studio dell’avvocato DE ARCANGELIS

GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GRACIS

ALESSANDRO con delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

FALCO DI CASSINARI PIERANGELO & C SAS (OMISSIS), C.

P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MASSAROSA 3,

presso lo studio dell’avvocato AMICI GIANCARLO, che li rappresenta e

difende unitamente agli avvocati TEGHIL ADRIANA, SACCHINI

MARIACRISTINA, INGUAGGIATO ANTONELLA con delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

sul ricorso 24839-2005 proposto da:

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

MASSAROSA 3, presso lo studio dell’avvocato AMICI GIANCARLO, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati TEGHIL ADRIANA,

SACCHINI MARIACRISTINA, INGUAGGIATO ANTONELLA con delega a margine

del controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

A.A.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 911/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

Seconda Sezione Civile, emessa il 19/10/2004; depositata il

26/05/2005; R.G.N. 20 e 21/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito l’Avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO;

udito l’Avvocato AMICI GIANCARLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per accoglimento del primo motivo del

ricorso principale, rigetto degli altri motivi; rigetto del ricorso

incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel proporre l’azione che ha dato origine alla vicenda processuale in trattazione l’ A. espose: di avere ottenuto nel (OMISSIS) un mutuo per la somma di L. 83 milioni da tal B. (estraneo al processo), da restituire entro un anno, dando in garanzia un contratto di compravendita di un terreno con patto di riscatto e rilasciando un assegno in bianco dell’importo L. 110 milioni; alla scadenza del termine, il credito, insoluto, fu ceduto al C., il quale concesse una proroga di un anno per la restituzione del mutuo, portò la somma da restituire a L. 152 milioni, chiese la stipula di una scrittura privata di compravendita dello stesso fondo, con diritto di riscatto a favore dell’ A. dietro pagamento dell’ultima menzionata somma e si fece rilasciare titoli vari a copertura di quest’ultima; pagati solo due di quei titoli, l’ A., nell’impossibilità di far fronte al debito, dovette vendere il terreno, con atto pubblico, in favore della soc. Falco s.a.s., designata come acquirente dal C., senza percepire alcuna somma a fronte della vendita; lo stesso giorno dell’atto pubblico suddetto il C. si impegnò non solo a restituire i titoli all’ A. ma anche a versargli una somma a conguaglio di L. 25 milioni a condizione che la vendita a favore della società fosse andata a buon fine; nonostante questi accordi, i predetti titoli vennero posti in azione con precetto. Tutto ciò premesso, l’ A. citò in giudizio il C. e la soc. Falco perchè nei confronti del primo fosse negato il diritto a procedere esecutivamente in base ai titoli (in quanto alla base v’era un mutuo di natura usuraria) e nei confronti della seconda fosse dichiarata la nullità del contratto pubblico di compravendita siccome viziato dal patto commissorio. Inoltre, verso il C. fu chiesta la nullità della scrittura privata di compravendita (anche in questo caso per il sottostante patto commissorio) ed il risarcimento dei danni non patrimoniali.

Il Tribunale di Treviso accolse tutte le domande dell’ A. ed, in particolare, dispose la compensazione tra il credito da questo vantato a titolo risarcitorio ed ogni altro credito spettante al C..

Impugnata la sentenza da quest’ultimo e dalla società, la Corte d’appello di Venezia l’ha in parte riformata, respingendo la domanda proposta contro la società, escludendo il carattere usurario del mutuo prestato dal C. (e, dunque, la conseguente domanda risarcitoria dell’ A.), pur confermando la nullità della scrittura privata di trasferimento immobiliare tra questi ultimi due, nonchè la nullità del precetto opposto.

Contro la sentenza della Corte veneziana propone ricorso l’ A. a mezzo di tre motivi. Rispondono con controricorso la soc. Falco, nonchè il C., il quale propone anche ricorso incidentale a mezzo di un unico motivo. Le parti hanno depositato memorie per l’udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi, siccome proposti contro la medesima sentenza, devono essere riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

1^. – IL RICORSO PRINCIPALE DELL’ A..

1^.1 – Nel primo motivo il ricorrente enumera una serie di elementi emersi nel giudizio di merito in base ai quali, a suo dire, doveva desumersi la nullità della compravendita del terreno in favore della società a causa del sottostante patto commissorio (cfr. in particolare pagg. 32 – 40 del ricorso). Elementi che si possono così riassumere: dichiarazione sottoscritta il medesimo giorno dell’atto pubblico di vendita con la quale il C. si impegnava a restituire i titoli all’ A. ed a versargli la somma di L. 25 milioni (detratta l’INVIM) “nel momento in cui verrà definitivamente accertato quanto dichiarato nell’atto di compravendita (quello a favore della società) ossia l’assoluta libertà del bene compravenduto da ogni onere, vincolo ed altro”; l’obbligo assunto dal C. di pagare l’INVIM scaturente dalla vendita stessa; la mancata prova che la somma stabilita come prezzo della vendita (L. 130 milioni) fosse stata effettivamente incassata dal venditore A.; l’obbligo, stabilito nell’originaria compravendita per scrittura privata, assunta dal C. di versare una caparra di L. 110 milioni ed il saldo di L. 42 milioni al momento del rogito notarile anche per persona da nominare; l’identità delle somme stabilite come caparra e saldo con la somma mutuata dal C. all’ A.; l’espressa ammissione, negli atti difensivi della Falco, del collegamento tra l’originaria scrittura privata stipulata dal C. per persona da nominare e la successiva stipula per atto pubblico a favore della società stessa; l’entrata del C. nella società, benchè quattro anni dopo la vendita del fondo, in qualità di socio accomandatario; la costituzione della società nello stesso girono della stipula notarile; la contraddittorietà tra le statuizioni di nullità della scrittura privata (per sottostante patto commissorio) e di liceità dell’atto pubblico di compravendita; la circostanza che la Falco acquistasse per un prezzo inferiore (L. 130 milioni) a quello pattuito dal C. (L. 152 milioni). Queste ed una serie di altre puntuali osservazioni avanzate nel motivo di ricorso costituiscono una fondata critica alla sentenza impugnata e, soprattutto, al tenore della sua motivazione, che si rivela in parte insufficiente ed in parte contraddittoria.

La sentenza impugnata, infatti, esclude l’esistenza di un patto commissorio a fondamento della compravendita notarile tra l’ A. e la società sulla base delle seguenti considerazioni:

l’autonomia di quest’atto rispetto alla precedente scrittura privata tra l’ A. ed il C. sarebbe desumibile dalla differenza di prezzo pattuito (L. 130 milioni per la prima e L. 152 per la seconda) e dalla mancanza di alcun riferimento nella prima a mutui ed alla facoltà del mutuatario di porre nel nulla gli effetti del contratto con la soddisfazione dei titoli di credito posseduti dal compratore; la mancanza di elementi che smentiscano la libertà negoziale delle parti dinanzi al notaio e riducano il rogito a semplice sostituzione della società con il precedente compratore C.; la circostanza che quest’ultimo si impegnasse a restituire tutti i titoli all’ A. con scrittura resa lo stesso giorno dell’atto notarile e che lo stesso C. sia entrato nella compagine sociale della Falco quattro anni dopo l’atto sono tutt’al più spia di un collegamento economico ma non giuridico tra i rapporti intercorsi tra l’ A. e la società e quelli intrattenuti tra l’ A. ed il C.; è ipotizzabile che la somma dovuta in restituzione dall’ A. al mutuante C. sia stata utilizzata per pagare il prezzo della vendita, sulla base di una rinegoziazione di rapporti o di specifiche obbligazioni giunte a scadenza.

Occorre qui, innanzitutto, ribadire che il collegamento negoziale, il quale costituisce espressione dell’autonomia contrattuale prevista dall’art. 1322 cod. civ., è un meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, che viene realizzato non già per mezzo di un autonomo e nuovo contratto, ma attraverso una pluralità coordinata di contratti, i quali conservano una loro causa autonoma, anche se ciascuno è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con gli altri, si che le vicende che investono un contratto possono ripercuotersi sull’altro, seppure non necessariamente in funzione di condizionamento reciproco, ben potendo accadere che uno soltanto dei contratti sia subordinato all’altro, e non anche viceversa, e non necessariamente in rapporto di principale ad accessorio. Accertare la natura, l’entità, le modalità e le conseguenze del collegamento negoziale realizzato dalle parti rientra nei compiti esclusivi del giudice di merito, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (tra le varie, cfr. Cass. 5 giugno 2007, n. 13164).

La sentenza impugnata, alla luce di questo principio, risulta resa in violazione di legge, oltre che essere viziata nella motivazione.

In primo luogo, non è comprensibile la differenza che essa pone tra collegamento “economico” (che pure ammette esistere tra i vari atti) e quello “giuridico” (che invece esclude), siccome ogni atto giuridico costituisce espressione dell’assetto economico che le parti intendono fornire ai propri interessi. Il vizio logico della sentenza impugnata risiede, infatti, nell’avere atomizzato i singoli atti ed elementi emersi dall’istruttoria, senza procedere, invece, ad una lettura complessiva e sintetica, tale da cogliere l’esito finale voluto dalle parti.

Piuttosto, le circostanze indicate dal giudice sembrano essere frutto di una sommaria ed analitica ricostruzione dei fatti. Basti dire che la stessa differenza di prezzo tra le due scritture di trasferimento immobiliare può essere validamente spiegata (come fa il ricorrente) dal rilievo che il giorno stesso dell’atto pubblico il C. s’era impegnato a restituire all’ A. la somma di L. 25 milioni (detratta l’INVIM), in tal modo sostanzialmente equiparando i prezzi fissati nei due atti. Così pure è assolutamente insignificante la circostanza che manchino elementi che smentiscano la libertà negoziale delle parti innanzi al notaio, posto che la tesi del ricorrente consiste proprio nella raffigurazione di un complesso piano negoziale che dovesse condurre al trasferimento definitivo della proprietà senza possibilità d’emersione nè del mutuo usurario, nè del patto commissorio. Infine, contraddittoria con la stessa tesi finale accolta in sentenza è l’affermata ipotizzabilità che la somma dovuta in restituzione dall’ A. al C. fosse stata utilizzata per pagare il prezzo della vendita, posto che proprio questo elemento di aggancio tra le diverse operazioni costituisce il punto centrale delle questioni svolte dall’attuale ricorrente.

D’altronde, la stessa circostanza che il giudice abbia riconosciuto la natura commissoria della scrittura privata di trasferimento immobiliare (definito contratto preliminare proprio o improprio di compravendita a pagg. 15-16 della sentenza) costituisce un presupposto da valutare in collegamento logico con l’ulteriore sviluppo della vicenda che, in ogni sua parte, vede al centro la figura del C. ed all’origine proprio quell’atto.

Sul punto, dunque, la sentenza impugnata deve essere cassata ed il giudice del rinvio, adeguandosi al principio sopra enunciato, procederà al riesame della vicenda.

1^.2 – Il secondo motivo, che censura la sentenza nel punto in cui ha escluso la natura usuraria degli interessi pretesi, è infondato. Sul punto il giudice ha fornito una congrua e logica motivazione, che si fonda sulla mancata prova, da parte dell’ A. delle somme effettivamente ricevute in prestito dalla controparte, nonchè sull’interpretazione del contratto tra di loro stipulato. Lo stesso motivo si risolve, in parte, nella inammissibile richiesta di una nuova valutazione del merito della questione.

1^.3. Inammissibile è il terzo motivo nel quale il ricorrente lamenta che il giudice, disconosciuta la natura usuraria degli interessi, abbia demolito anche quel capo della prima sentenza che condannava il C. a risarcirgli il danno. Più in particolare, l’ A. sostiene che la domanda risarcitoria non si esauriva nella contestata condotta usuraria ma riguardava, invece, anche l’illegittimo protesto dei vaglia cambiari.

A riguardo, però, il ricorrente, per soddisfare il requisito d’autosufficienza del ricorso, avrebbe dovuto trascrivere nel motivo sia le parti della sentenza di primo grado alle quale fa riferimento, sia la sua stessa domanda a riguardo. Diversamente, essendo impedito alla Corte procedere all’esame diretto di tali atti, non è possibile delibare la questione.

2^. – IL RICORSO INCIDENTALE DEL C..

L’unico motivo del ricorso incidentale del C. censura il punto della sentenza in cui è stata affermata la natura commissoria del contratto preliminare di vendita immobiliare stipulato tra lui e l’ A.. Il motivo si sostanzia nell’affermazione di merito secondo cui tale natura il contratto non avrebbe potuto avere in quanto il fondo era gravato da ipoteca a favore di terzo per somma di importo pari al prezzo pattuito.

Circostanza alla quale il giudice d’appello ha risposto con motivazione (che qui non è neppure il caso di ripetere) immune da vizi logici o giuridici.

3^. – CONCLUSIONI. In conclusione, va accolto il primo motivo del ricorso principale, mentre vanno respinti gli altri motivi del ricorso stesso. Così pure va respinto il ricorso incidentale. La sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio in relazione al motivo accolto.

PQM

La Corte, riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale e respinge gli altri. Rigetta il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto del ricorso principale e rinvia alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 3 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2010

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