Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5190 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 14/02/2017, dep.28/02/2017),  n. 5190

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 15874/2012 R.G. proposto da:

PROGETTO Spa, rappresentata e difesa, per procura notarile, dall’Avv.

Giuseppe FALCONE, con domicilio presso l’Avv. Antonio IORIO, in

Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 287;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto

n. 74/14/11, depositata il 9 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14 febbraio 2017

dal Cons. Dott. Giuseppe Fuochi Tinarelli;

udito l’Avv. Francesco Falcone su delega dell’Avv. Giuseppe Falcone,

che si riporta al ricorso e alla memoria ex art. 378 c.p.c.;

udito l’Avv. Giancarlo Caselli che si riporta al controricorso;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. A seguito di accertamento induttivo, l’Agenzia delle entrate rettificava il reddito della società Progetto Spa per l’anno 2003, in relazione alla vendita di 13 immobili per un corrispettivo valutato inferiore a quello effettivo.

La CTP di Vicenza, in parziale accoglimento del ricorso del contribuente, riduceva l’accertamento alle sole compravendite per le quali era stato erogato un mutuo, determinando il valore effettivo in pari misura. La CTR, con la sentenza in epigrafe, riformava la decisione e riteneva di prendere in considerazione i soli immobili per i quali era stata redatta perizia da un istituto di credito, commisurando alla stessa il valore effettivo dei beni.

2. Ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente con cinque motivi, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Il ricorrente produce altresì memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità del procedimento e della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver la CTR, pronunziato ultra ed extra petita, determinando il valore degli immobili in misura superiore a quanto preteso dal fisco avendo posto a fondamento della valutazione le perizie disposte dagli istituti bancari, atti redatti da privati, ed utilizzati per uno solo degli immobili dall’Ufficio, esercitando in tal modo un potere sostitutivo rispetto all’amministrazione finanziaria.

3.1. Il motivo è fondato nei termini che seguono.

3.2. E’ ben vero che, secondo indirizzo incontrastato di questa Corte, il processo tributario è annoverabile tra quelli di “impugnazione-merito” e tende all’accertamento sostanziale del rapporto controverso, sicchè “solo quando l’atto di accertamento sia affetto da vizi formali a tal punto gravi da impedire l’identificazione dei presupposti impositivi e precludere l’esame del merito del rapporto tributario il giudizio deve concludersi con una pronuncia di semplice invalidazione, ostandovi altrimenti il principio di economia dei mezzi processuali, che consente al giudice di avvalersi dei propri poteri valutativi ed estimativi ai fini della decisione e, in forza dei poteri istruttori attribuiti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, di acquisire aliunde i relativi elementi, prescindendo dagli accertamenti dell’Ufficio e sostituendo la propria valutazione a quella operata dallo stesso” (Cass. n. 13294 del 2016; Cass. n. 24611 del 2014; Cass. n. 11935 del 2012).

E tuttavia, il giudice deve procedere a siffatta rideterminazione pur sempre entro i limiti posti dal petitum delle parti, costituenti un limite invalicabile ai poteri cognitivi ed estimativi del giudice tributario (v., ex plurimis, n. 13294 del 2016, Cass. n. 25317 del 2014, Cass. n. 21751 del 2011), comportando la connotazione di tale giudizio come “impugnazione” il vincolo del giudice ai motivi di censura dell’atto impugnato fatti valere dalle parti.

Il riferimento al “merito”, che connota tale tipo di impugnazione, non può essere inteso, dunque, nel senso di una sostituzione piena del giudice tributario all’amministrazione, con potere di diretta riforma degli atti impugnati, ma solo come necessaria indagine sul rapporto tributario, limitata, però, al riscontro della consistenza della pretesa erariale, nei limiti delle censure mosse dalla parte all’atto impugnato (v. in motivazione Cass. n. 21751 del 2011).

Ne consegue che la CTR pur avendo correttamente proceduto ad una valutazione sostitutiva sulla pretesa tributaria, nel rettificare il reddito d’impresa in misura superiore a quanto determinato con l’avviso di accertamento, ha superato i suddetti limiti.

3.3. Il motivo è invece infondato quanto all’utilizzazione da parte della CTR delle perizie effettuate dagli istituti di credito pur a fronte di un più limitato ricorso ad esse da parte dell’Amministrazione finanziaria, trattandosi di atti già entrati nell’accertamento e nel processo ed afferenti agli immobili (in numero di sei) per i quali esisteva la pratica di mutuo, sicchè erano ritualmente esaminabili ed apprezzabili dal giudice di merito.

Dall’obbligo del giudice tributario di decidere nel merito le questioni proposte, del resto, discende la possibilità che lo stesso giudice, nel decidere una controversia di registro, determini il valore venale degli immobili sulla base di criteri diversi da quelli utilizzati dall’Ufficio, e legittimamente acquisiti agli atti (come nel caso di elementi desumibili dalle citate relazioni tecniche), fermo il limite della pretesa tributaria esercitata dallo stesso Ufficio.

4. Con il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 2727 e 2729 c.c., non potendo integrare la relazione tecnica di una parte privata fatto certo idoneo a fondare presunzioni gravi, precise e concordanti.

4.1. Con il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa motivazione per non aver la CTR chiarito le ragioni per le quali la citata relazione tecnica consentisse l’applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d).

4.2. I motivi, il cui esame va operato congiuntamente in quanto connessi, sono infondati, non cogliendo la ratio della decisione.

L’accertamento induttivo, come emerge dalla decisione e dallo stesso avviso di accertamento, si è fondato su una pluralità di elementi indiziari, costituiti “dai contratti di mutuo, dalle perizie, dall’Osservatorio del mercato immobiliare” “tutti superiori a quelli fatturati”, ancorchè articolati in termini variegati rispetto ai singoli immobili venduti.

La valutazione sulla legittimità dell’accertamento, pertanto, non si sorregge sul (solo) apprezzamento dei contenuti delle relazioni tecniche ma su un complesso di elementi, il quale, tuttavia, non è stato oggetto di censura da parte del ricorrente.

6. Con il quarto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione delle regole sulle prove, del giusto processo e del contraddittorio in relazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), artt. 2727 e 2729 c.c., art. 101 c.p.c., utilizzato strumenti di prova atipici formati senza contraddittorio, fuori dal processo e in assenza di consulenza tecnica d’ufficio.

6.1. Il motivo è infondato.

Come già rilevato al p. 3.3. tali atti erano nel giudizio e, dunque, nella piena disponibilità delle parti, da cui l’assenza del dedotto vulnus.

Quanto alla mancanza di una CTU, premesso che non sussiste un obbligo per il giudice di disporla, non risulta che il ricorrente ne abbia mai formulato istanza.

7. Con il quinto motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa e insufficiente motivazione per aver la CTR posto a base della decisione un giudizio di valore espresso in una relazione di perizia privata senza indicare le ragioni che ne assegnavano idoneità a costituire le presunzioni gravi, precise e concordanti del D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d).

7.1. Il motivo è infondato.

La CTR ha spiegato con precisione le ragioni per le quali, a fronte della varietà di indici presenti, ha ritenuto di valorizzare il contenuto delle relazioni tecniche effettuate dagli istituti bancari. A fronte dell’obbiettivo del giudizio di individuare il valore del fabbricato venduto e compararlo con il fatturato, il giudice, sul rilievo della diversità dei dati utilizzati dall’Ufficio, ha ritenuto che, per la loro natura, diversità e funzione diversa, difficilmente era conseguibile un risultato unitario.

Ha poi scartato il valore dei mutui concessi perchè – pur elemento di una certa rilevanza – “non appare sufficiente” poichè “tiene conto di una serie di altri elementi come, per es. le difficoltà economiche dell’acquirente”.

Da ciò deriva che “l’unico criterio oggettivo che possa essere utilizzato è quello di determinare il valore del fabbricato oggettivo attraverso la perizia di stima effettuata da perizia effettuata dalla Banca. Questo valore ha il pregio di essere determinato in un quadro che si presume di terzietà e di costituire un punto fermo per l’Istituto di Credito nel momento in cui si determina a concedere il mutuo e, a cascata, anche per l’acquirente”.

La ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice tributario dimostra l’insussistenza del dedotto vizio motivazionale sul punto. 8. Conseguentemente, la sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo nei termini di cui sopra, rigettati gli altri, va cassata. Non essendovi, peraltro, necessità di ulteriori accertamenti in fatto poichè il maggior imponibile accertato va determinato nei limiti di quello originariamente contestato con l’avviso di accertamento, va respinto il ricorso introduttivo del contribuente. Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione; rigetta gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio a favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in complessivi Euro 10.000,00, oltre accessori di legge e spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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