Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5185 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5185

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. PERINU Renato – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21985-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

SELLINI CLUB HOUSE SRL, elettivamente domiciliata in ROMA V. DELLA

PANETTERIA 13, presso lo studio dell’avvocato ROSSANA MARIA AGNESE

RINELLA, rappresentata e difesa dall’avvocato ATTILIO PECORA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 85/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 28/06/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/11/2019 dal Consigliere Dott. RENATO PERINU.

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle Entrate ricorre avverso la sentenza n. 85/30/11, depositata in data 28/06/2011, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, Sez. Milano, ha rigettato l’appello dell’Ufficio avente ad oggetto l’avviso di irrogazione accessoria di 15 giorni di sospensione dall’esercizio, contestata nei confronti della FELLINI CLUB HOUSE S.r.l., a seguito di PVC per omessa installazione del misuratore fiscale;

per quanto qui rileva, la CTR, fondava la pronuncia di rigetto sui seguenti presupposti: a) la memoria integrativa presentata dalla contribuente non costituisce domanda nuova, vietata, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57; b) l’appello dell’Ufficio è infondato, in quanto la contribuente si è attenuta a quanto indicato a pag. 6 del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate, che escludeva l’applicazione della sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio, nel caso della definizione agevolata di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3;

avverso tale pronuncia, ricorre l’Agenzia affidandosi a tre motivi;

il contribuente resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18,21 e 24 ed inoltre, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per avere la CTR violato le disposizioni vigenti in riferimento ai cosiddetti “motivi aggiunti”, e per avere la CTR motivato in termini insufficienti e contraddittori circa fatti controversi e decisivi per il giudizio;

2. con il secondo motivo viene denunciata, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. n. 212 del 2000, art. 10 e della L. n. 241 del 1990, art. 21 septies, comma 3 e art. 21 octies, per avere la CTR errato nel ritenere che l’Ufficio avesse, nell’irrogare. la sanzione accessoria, violato il principio di buona fede sancito nella L. n. 212 del 2000, art. 10;

3. con il terzo motivo viene dedotta, in relazione all’art. 360 c.p.c., 1 comma, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 3, per avere la CTR omesso di considerare la validità della base normativa alla quale l’Ufficio avrebbe adeguato il proprio comportamento sanzionatorio accessorio;

4. va preliminarmente divisata l’eccezione di inammissibilità del gravame, prospettata nel controricorso in riferimento alla violazione del termine lungo per la notifica del ricorso in questa sede, ai sensi dell’art. 327 c.p.c.;

5. l’eccezione preliminare della controricorrente in ordine al profilo della tardività del ricorso è infondata;

6. è pacifico in fatto che la sentenza impugnata non è stata notificata, sicchè il ricorso per cassazione doveva essere proposto nel cd. “termine lungo” di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62 ed all’art. 327 c.p.c.;

7. nemmeno può aversi dubbio in ordine alla applicabilità di quest’ultima disposizione nella versione originaria e non in quella novellata, poichè la controversia è stata radicata prima del 4 luglio 2009, data fissata dal relativo diritto transitorio per l’applicabilità di quest’ultima, sicchè il termine per impugnare era di 1 anno, cui va aggiunto il periodo di sospensione feriale dello stesso;

8. ai fini della tempestività il ricorso in oggetto doveva dunque essere notificato entro un anno dal deposito della sentenza di secondo grado (28 giugno 2011), notifica intervenuta il 26 settembre 2012, tempestivamente, quindi, entro il termine di scadenza del 28/09/2012;

9. per quanto precede, deve essere, pertanto, disattesa l’eccezione preliminare contenuta nel controricorso;

10. nel merito vanno esaminati congiuntamente il secondo ed il terzo motivo del gravame in quanto oggettivamente connessi;

11. “il thema decidendum” comune ad entrambi i mezzi di gravame consiste nello stabilire: a) se, sulla base del contenuto delle “Avvertenze” recate a pag. 6 dell’atto di contestazione, cori il quale veniva rappresentato al contribuente che “ai sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, il trasgressore poteva definire la controversia con il pagamento di un importo pari ad un quarto della sanzione determinata e comunque non inferiore ad un quarto dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo” e che “la definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie”, la contribuente potesse legittimamente invocare, così come asseverato nella sentenza impugnata, la violazione del principio generale di tutela dell’affidamento e della buona fede, sancito dalla L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 2; b) se la definizione agevolata di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3, possa escludere l’applicazione della sanzione accessoria della chiusura dell’esercizio;

12. entrambi i motivi di ricorso appaiono fondati;

13. in ordine al primo profilo di cui al punto a), va evidenziato che la CTR da un lato non coglie, esattamente, l’oggetto del contenuto delle “Avvertenze”, e per converso erra nel ritenere le stesse fuorvianti per la contribuente, atteso che, nelle stesse “Avvertenze”, come correttamente riportato dalla difesa erariale, viene chiarito che “la definizione agevolata impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie, salvo il caso di recidività nella violazione degli obblighi di rilascio dello scontrino e ricevuta fiscale”, e dall’altro lato non considera che l’applicazione del principio di affidamento e buona fede non può essere, utilmente, invocato di fronte, come nel caso di specie, ad aspetti vincolati della normativa tributaria, poichè ciò comporterebbe la violazione di fondamentali principi di valenza costituzionale, attinenti all’indisponibilità della obbligazione tributaria;

14. del pari, erra il giudice di secondo grado in merito alla questione riportata al punto b);

15. Infatti a partire dalla sentenza n. 2439/ 2007, questa Corte ha ripetutamente affermato che in tema di sanzioni amministrative, per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. n. 471 del 1997, il quale prevede la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’esercizio ovvero dell’esercizio dell’attività medesima nel caso in cui siano state accertate nel corso di un quinquennio tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale, ha carattere speciale rispetto alla norma generale contenuta nel D.Lgs. n. 47 del 1997, art. 16, comma 3, con la conseguenza che l’irrogazione di detta sanzione non è inibita dalla definizione agevolata prevista da quest’ultima disposizione (Cass. n. 13577/2010 – Cass. n. 25671/2008);

16. alla luce di quanto precede, vanno, pertanto accolti il secondo ed il terzo motivo, con assorbimento del primo, con conseguente cassazione della decisione impugnata e decisione nel merito di rigetto del ricorso introduttivo, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto;

17 le spese liquidate come da dispositivo seguono la soccombenza in relazione al presente giudizio, mentre vanno compensate quelle del merito.

PQM

La Corte accoglie il ricorso in epigrafe, e per l’effetto cassa la sentenza impugnata, e decidendo nel merito rigetta la domanda introduttiva della contribuente; condanna quest’ultima al pagamento delle spese del presente giudizio a favore dell’Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 5600,00, oltre le spese prenotate a debito, compensa le spese del merito.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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