Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5182 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5182

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17088-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

C.L., C.V., COEDIL DEI F.LLI C. & C.

SNC, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA M. PRESTINARI 13, presso

lo studio dell’avvocato PAOLA RAMADORI, rappresentati e difesi

dall’avvocato DOMENICO D’ARRIGO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 77/2011 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST, di

BRESCIA, depositata il 08/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 77/68/11, depositata l’8 settembre 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) della Lombardia- sezione staccata di Brescia – respinse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della COEDIL dei F.lli C. & C. S.n.c. e dei soci C.L. e C.V., avverso la sentenza di primo grado resa tra le parti dalla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Brescia, che aveva accolto il ricorso dei contribuenti avverso avvisi di accertamento, con il primo dei quali, nei confronti della società, era accertato in ragione di compravendite immobiliari ritenute oggetto di sottofatturazioni, un maggior reddito d’impresa, con recupero delle maggiori IRAP ed IVA ritenute dovute, mentre con gli altri due erano recuperate le maggiori imposte dirette dovute dai soci per trasparenza.

Avverso la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui le controparti private resistono con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo l’Agenzia delle Entrate denuncia nullità della sentenza e del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto di non poter esaminare, come domanda nuova, la cui formulazione per la prima volta in grado di appello è preclusa dal richiamato art. 57 del succitato decreto, la questione relativa alla dedotta “antieconomicità” del comportamento operativo della società nell’esercizio 2005, anche in relazione al richiamo alla vendita di un gruppo di immobili che darebbe stata effettuata al prezzo di Euro 280.000,00 pari a quello d’acquisto, quantunque fossero state effettuate per detti immobili cospicue spese.

L’Agenzia delle Entrate, premesso che detta questione non integra eccezione in senso stretto, ma mera difesa, rileva che su di essa, come già prospettata nelle proprie controdeduzioni nel primo grado di giudizio, in ogni caso il contraddittorio si era ampiamente spiegato dinanzi alla CTP.

2. Con il secondo motivo l’Amministrazione finanziaria ricorrente denuncia insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere il giudice tributario d’appello fondato il proprio giudizio d’illegittimità degli atti impositivi impugnati unicamente su quello che era uno solo (la vendita degli immobili a prezzi dichiarati tutti inferiori ai valori OMI di riferimento), tra i diversi elementi addotti dall’Ufficio idonei a fondare la legittimità dell’accertamento presuntivo.

3. Il primo motivo è fondato.

3.1. Premesso che non è controverso che l’accertamento avente come destinataria la società non fa espresso riferimento alla definizione come “antieconomica” dell’attività d’impresa svolta per l’anno 2005 in relazione alle vendite immobiliari prese in esame, deve rilevarsi come la c.d. antieconomicità non sia in sè un fatto, ma una valutazione che s’intende offrire all’esame del giudice di merito sulla base di una serie di elementi, che portino ad evidenziare come il comportamento dell’imprenditore – ove non finalizzato all’occultamento di maggiori ricavi – sfugga alla logica tipica d’impresa che mira alla remunerazione del capitale investito.

3.2. Ciò posto, deve quindi rilevarsi, avendo riferimento alla posizione dell’Amministrazione finanziaria come attrice in senso sostanziale, come, in relazione alla causa petendi della ripresa a tassazione, non vi sia stata alcuna mutazione dei fatti costitutivi della pretesa dell’Ufficio, individuati, negli accertamenti impugnati, nella ricognizione di vendite concluse nel 2005, come da esame degli atti notarili e dalla relative fatture di vendita, a prezzi dichiarati significativamente inferiori a quelli risultanti, oltre che dalla banca dati dell’OMI (Osservatorio del Mercato Immobiliare), da quelli desumibili dall’Osservatorio Immobiliare istituito presso le Camere di Commercio, a ciò aggiungendosi la circostanza ulteriore secondo la quale, da parte di alcuni degli acquirenti, erano stati posti in essere finanziamenti d’importo superiore al prezzo d’acquisto dichiarato.

3.3. Il riferimento all’antieconomicità della condotta imprenditoriale, immutato il quadro fattuale di riferimento, sopra indicato, conduce ad escludere che l’Amministrazione abbia nella fattispecie in esame mutato i termini della contestazione, la qualcosa soltanto verrebbe a porsi in contrasto con il divieto di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, comma 1, che trova applicazione anche nei confronti dell’Ufficio finanziario, avendo questa Corte, anche di recente (cfr. Cass. 2019, n. 12467), chiarito che ad esso “non è consentito, innanzi al giudice del gravame, avanzare pretese diverse, sotto il profilo del fondamento giustificativo e, dunque, sul piano della causa petendi, da quelle recepite nell’atto impositivo, altrimenti ledendosi la concreta possibilità per il contribuente di esercitare il diritto di difesa attraverso l’esternazione dei motivi di ricorso, i quali, necessariamente, vanno rapportati a ciò che nell’atto stesso risulta esposto”.

Deve dunque ribadirsi che, con il riferimento all’antieconomicità del comportamento della società, quanto ai prezzi dichiarati nelle vendite oggetto di esame nell’atto impositivo inferiori in maniera significativa rispetto alle quotazioni di mercato desunte da diverse banche dati, non vi sia stato da parte dell’Amministrazione finanziaria alcun indebito ampliamento rispetto al contenuto dell’avviso di accertamento, rappresentando il riferimento all’antieconomicità delle vendite ove avvenute ai prezzi rispettivamente dichiarati, peraltro già contenuto nelle controdeduzioni depositate dall’Ufficio in primo grado, mera difesa.

4. Ugualmente è fondato il secondo motivo.

4.1. Premesso che, nel processo in esame, risulta ancora applicabile ratione temporis la formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 anteriore alla riforma ad esso apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito con modificazioni, nella L. n. 134 del 2012, la sentenza impugnata incorre in effetti nel vizio denunciato d’insufficiente motivazione, atteso che finisce col prendere in esame il solo profilo riguardante la difformità dei prezzi dichiarati di vendita rispetto ai valori OMI, omettendo nel contempo ogni valutazione dei concorrenti elementi (valori di mercato tratti anche dal listino della locale Camera di Commercio, importi dei mutui accesi dai terzi acquirenti superiori ai prezzi dichiarati di vendita) nell’ambito di una doverosa ricostruzione unitaria, onde verificare l’idoneità dei singoli elementi indiziari a costituire un quadro probatorio presuntivo caratterizzato dagli elementi di gravità, precisione e concordanza.

4.2. Costituendo vizio logico dell’argomentazione svolta dal giudice di merito, è infondata l’eccezione della controricorrente d’inammissibilità del motivo perchè asseritamente implicante una richiesta di riesame delle risultanze istruttorie in senso difforme a quello compiuto dal giudice di merito.

5. Il ricorso dell’Amministrazione finanziaria va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata, con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia – in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia – sezione staccata di Brescia – in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 26 febbraio 2020

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