Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5181 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5181

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10474-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.T., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA QUATTRO

FONTANE 15, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI GIRELLI, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2011 della COMM.TRIB.REG. di ANCONA,

depositata il 03/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. NAPOLITANO LUCIO.

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 5/05/11, depositata il 3 marzo 2011, non notificata, la Commissione tributaria regionale (CTR) delle Marche respinse l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate nei confronti del sig. P.T., titolare dell’omonima ditta individuale, esercente attività di “lavori generali costruzione edifici”, avverso la sentenza di primo grado resa tra le parti dalla Commissione tributaria provinciale (CTP) di Pesaro, che aveva accolto il ricorso del contribuente avverso avviso di accertamento ai fini IRPEF, IVA ed IRAP per l’anno 2003, col quale, sulla base di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, era stato rideterminato in via induttiva il reddito d’impresa in relazione alla ritenuta vendita di sei unità immobiliari realizzate dalla stessa ditta e facenti parte di uno stesso complesso immobiliare a prezzi più elevati rispetto a quelli dichiarati negli atti notarili e contabilizzati.

Avverso la sentenza impugnata l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, cui il contribuente resiste con controricorso, ulteriormente illustrato da memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, lamentando la carenza dell’iter logico – argomentativo della decisione impugnata, che – nonostante la copiosità e la gravità degli elementi raccolti dall’Ufficio a dimostrazione del sistematico ricorso da parte della ditta accertata alla pratica della sottofatturazione delle operazioni di vendita – senza tenerne debito conto, ha ritenuto che gli stessi si risolvessero in autonomi indizi e non costituissero elementi convergenti per la costruzione della presunzione.

2. Con il secondo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando come la decisione impugnata, omettendo di valutare la reciproca convergenza dei plurimi elementi indiziari addotti, sia incorsa nella violazione e falsa applicazione delle norme indicate proprio in relazione alla correttezza del ragionamento inferenziale, negando rilievo alla prova presuntiva offerta dall’Amministrazione in ordine all’esistenza di maggiori ricavi non dichiarati dall’attività di vendita degli immobili, ciò che avrebbe comportato l’onere a carico del contribuente di offrire elementi di prova idonei a superare l’accertamento basato su presunzioni, gravi, precise e concordanti.

3. I due motivi possono essere congiuntamente esaminati, in quanto tra loro connessi.

Essi sono fondati.

3.1. Diversamente da quanto dedotto dal controricorrente, l’Amministrazione finanziaria non ha surrettiziamente, sub specie, rispettivamente, del vizio di insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 5, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, e di quello di violazione o falsa applicazione di norme di diritto, inteso sollecitare alla Corte una rivalutazione degli elementi istruttori.

La ricorrente ha, correttamente, evidenziato nel contempo la carenza dell’iter logico argomentativo della decisione impugnata anche riguardo alla tenuta dello stesso ragionamento inferenziale quale richiesto dalla citate disposizioni di legge in tema di accertamento fondato su presunzioni gravi, precise e concordanti.

3.2. E’ sufficiente in proposito osservare come già, in relazione all’elemento riguardante l’aver riscontrato l’Ufficio che per sei delle sette vendite analizzate sarebbero stati richiesti dai terzi acquirenti mutui d’importo superiore ai prezzi dichiarati nei rispettivi rogiti, quand’anche si ritenga che per quattro delle vendite in oggetto vi sia stato accertamento in punto di fatto diverso da parte della CTR (nel senso di ritenere che per queste la somma erogata a mutuo per gli acquirenti corrispondesse pienamente con i valori dichiarati negli atti di acquisto), relativamente alle altre due per le quali il rilievo dell’Ufficio è stato confermato, la sentenza impugnata si è posta comunque in contrasto con quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte secondo cui “In tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche soltanto sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato all’acquirente, ciò non comportando alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova”. (cfr., tra le altre, più di recente, Cass. sez. 5, ord. 9 giugno 2017, n. 14388; Cass. sez. 5, ord. 25 gennaio 2019, n. 2155; Cass. sez. 5, ord. 30 aprile 2019, n. 11426).

3.3. Oltre poi a rilevarsi l’erroneità dell’affermazione resa dalla CTR secondo cui tutti i prelevamenti evidenziati dalle indagini bancarie sul conto degli acquirenti o di loro familiari sarebbero stati successivi agli acquisti immobiliari, come compiutamente documentato in ricorso dall’Amministrazione finanziaria, deve darsi atto che la CTR ha solo isolatamente esaminato gli elementi addotti dall’Ufficio (oltre a quelli già sopra indicati, l’evidenziata differenza tra i prezzi di vendita degli immobili dichiarati in atti e le quotazioni maggiori sul mercato immobiliare ritenute inattendibili perchè ricostruite dall’Ufficio sulla base di fonti non ufficiali), con ciò attribuendo ad essi valore meramente indiziario, essendo quindi mancata, proprio sul piano della validità del ragionamento inferenziale, da parte della decisione impugnata, la doverosa valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi isolati per accertare se essi fossero concordanti e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva, che magari non potrebbe dirsi raggiunta con certezza considerando atomisticamente uno o alcuni di essi. (cfr., tra le altre, Cass. sez. 6-5, ord. 2 marzo 2017, n. 5374; Cass. sez. 3, ord. 12 aprile 2018, n. 9059).

4. Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata cassata con rinvio per nuovo esame alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alla disciplina delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale delle Marche in diversa composizione, cui demanda anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 21 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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