Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5180 del 06/03/2018

Cassazione civile, sez. III, 06/03/2018, (ud. 20/12/2017, dep.06/03/2018),  n. 5180

Fatto

1.1. D.L.A., citata quale responsabile civile per l’incidente stradale occorso il (OMISSIS) nel comune di (OMISSIS), all’incrocio tra (OMISSIS), provocato con la vettura di sua proprietà da Mi.Al., allora minorenne, figlia di Mi.Vi. e di C.R., ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, pronunciata il 30 marzo 2015 la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Varese l’8 novembre 2011, il giudice di secondo grado; a) rideterminava la somma liquidata alle vittime del sinistro; b) in accoglimento del gravame proposto da Groupama Assicurazioni S.p.A. (Groupama), condannava in via di regresso i genitori della minore e la proprietaria del veicolo, in via tra loro solidale, a rifondere alla compagnia assicuratrice gli importi corrisposti ai danneggiati a titolo di risarcimento, con ulteriore condanna al pagamento delle spese di giudizio del primo del secondo grado, c) respingeva l’appello incidentale proposto da D.L.A., proprietaria dell’auto, relativamente all’affermata responsabilità, ritenendo che non fosse stata raggiunta la prova liberatoria basata sul fatto che la minore si era messa alla guida dell’auto contro la sua espressa volontà. Con ricorso per cassazione notificato il 2 luglio 2015 e depositato il 16 luglio 2015, D.L.A. ricorre in cassazione deducendo tre motivi di impugnazione. Nel giudizio di cassazione interveniva la Groupama assicurazioni S.p.A. che deduceva l’inammissibilità o l’infondatezza del ricorso. La controricorrente produceva memoria difensiva. All’udienza di discussione fissata per il 20 dicembre 2017 il Procuratore generale concludeva come in atti, chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2. Con il primo motivo di ricorso si deduce l’omessa o la falsa applicazione degli artt. 40 e 41 c.p., art. 2054 c.c., comma 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, sull’assunto che il giudice di secondo grado sia incorso nel grave errore logico e giuridico di confondere il piano della colpevolezza con quello della causalità, considerando che la proprietaria, a quel tempo assente per ferie, non avrebbe assolto l’onere della prova liberatoria relativa alla “circolazione prohibente domino”. La responsabilità solidale nella causazione del sinistro sarebbe stata giudicata addebitabile anche alla ricorrente per avere – in tesi – affidato incautamente il veicolo di sua proprietà al figlio M.A., allora maggiorenne, abilitato alla guida il quale, a sua volta, in assenza della madre, l’avrebbe incautamente consegnato alla minore priva di abilitazione alla guida. Assume la ricorrente che, senza l’incauto affidamento del veicolo operato, per sua autonoma e imprevedibile iniziativa, dal figlio alla minore, quest’ultima non avrebbe potuto porsi alla guida del mezzo, posto che la condotta della proprietaria di affidamento del veicolo al figlio, in base a un criterio probabilistico, non poteva costituire una situazione di pericolo per la circolazione. Il motivo di ricorso, tuttavia, non confronta le circostanze, genericamente riferite al nesso di causalità, con la motivazione resa sul punto, ove si legge che, per stessa ammissione della ricorrente (la quale ha chiesto di provare la suddetta circostanza anche per testi) già in altra occasione la guida della sua auto era stata lasciata alla minore dal di lei figlio, e ciò non di meno si era allontanata per ferie da casa, abbandonandovi le chiavi della sua auto, dimostrando pertanto di non avere adottato in concreto un comportamento ostativo, specificamente inteso a impedire la circolazione del veicolo mediante l’adozione di cautele tali che la volontà del proprietario non possa risultare superata. Il motivo d’impugnazione dedotto è pertanto inammissibile in quanto non riferito allo specifico punto di motivazione con cui è stata affermata la responsabilità della ricorrente.

3. Con il secondo motivo si deduce la violazione dei principi del giusto processo e la violazione e o la falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sull’assunto che il giudice di secondo grado abbia ingiustamente negato all’appellante la possibilità di espletare le prove orali reiterate con l’atto di appello incidentale, in tal modo violando i principi in tema di giusto processo e segnatamente il diritto di difesa, il diritto alla prova, e di parità di contraddittorio. In proposito, si osserva che capitoli di prova non ammessi attengono a circostanze che la stessa Corte d’appello ha preso in considerazione come, se anche avvenute, non in grado di provare la estraneità ai fatti della proprietaria del veicolo. Anche tale deduzione è inammissibile in quanto non logicamente collegata alla motivazione resa dalla Corte territoriale.

4. Con il terzo motivo si deduce l’omessa o la violata e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, art. 18, art. 2054 c.c., comma 3, artt. 40 e 41 c.p., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, deducendo che il diritto di rivalsa è stato esercitato dall’assicurazione senza tener conto della carenza di apporto causale del proprio assicurato in relazione allo utilizzo del veicolo, poichè la minore si era impossessata illecitamente del veicolo concretando di fatto l’ipotesi del reato di furto o di furto d’uso, fruendo solo della complicità del figlio M.. In proposito giova rammentare che, in tema di assicurazione obbligatoria dei veicoli a motore, la garanzia assicurativa copre anche il danno dolosamente provocato dal conducente nei confronti del terzo danneggiato, il quale, pertanto, ha diritto di ottenere dall’assicuratore del responsabile il risarcimento del danno, non trovando applicazione la norma di cui all’art. 1917 c.c. – che non costituisce il paradigma tipico della responsabilità civile da circolazione stradale, rinvenibile, invece, nelle leggi della RCA e nelle direttive europee che affermano il principio di solidarietà verso il danneggiato – salva la facoltà della compagnia assicuratrice di rivalersi nei confronti dell’assicurato-danneggiante, per il quale la copertura contrattuale non opera (v. sez. 3, Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19368 del 03/08/2017, che ha affermato tale principio con riferimento ad una fattispecie in cui la autovettura era stata utilizzata come una vera e propria arma, investendo più volte la vittima nell’intento deliberato di ferirla o di ucciderla). Alla luce di quanto sopra osservato, anche tale motivo risulta inammissibile, in quanto la ricorrente mette genericamente in discussione l’esercizio del diritto di rivalsa dell’assicuratore in un caso ove la copertura assicurativa certamente opera a favore del danneggiato e genera un diritto di rivalsa nei confronti dei responsabili civili che hanno consentito alla minore di mettersi alla guida dell’auto. Pertanto tale deduzione risulta inammissibile in quanto ancora una volta non attinente alla pronuncia che ha affermato la responsabilità solidale della ricorrente nella causazione dell’evento lesivo.

5. Alla soccombenza della ricorrente segue la condanna alle spese ex art. 91 c.p.c., liquidate come di seguito in base alle tariffe in uso, oltre la condanna al pagamento del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

P.Q.M.

1. Dichiara inammissibile il ricorso;

2. Condanna la ricorrente alle spese, liquidate in Euro 14.094,00 per onorari, Euro 200,00 per spese, oltre spese forfetarie al 15% e oneri di legge.

3. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2017.

Depositato in Cancelleria il 6 marzo 2018

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