Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 518 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. III, 12/01/2011, (ud. 27/10/2010, dep. 12/01/2011), n.518

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14933/2006 proposto da:

CREAZIONI DORIANA DI CHITI DORIANA DITTA (OMISSIS), in

persona della titolare Sig.ra C.D., elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 12, presso lo studio

dell’avvocato AGOSTA Giuseppe, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GORI MASSIMO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

V.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA VELLETRI 35, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO

PIETRO, rappresentato e difeso dall’avvocato TORLONE Giovanni giusta

delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

R.S.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 762/2005 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

Sezione Prima Civile, emessa il 18/01/2005, depositata il 20/05/2005

R.G.N. 1859/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

27/10/2010 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo, che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 15 maggio 1998 V.G. e R.S., nella loro qualità di erede di V.V., proposero opposizione all’esecuzione intrapresa da CREAZIONI DORIANA di Buongiovanni Valerio & C. s.a.s., sulla base di cambiali ad essa rilasciate da V.V., cambiali tornate insolute e protestate. Sostennero i ricorrenti che si trattava di titoli di favore, emessi senza che esistesse alcuna reale obbligazione nei confronti del B. e della sua ditta.

L’opposta, costituitasi in giudizio, contestò le avverse deduzioni.

Con sentenza del 3 aprile 2003 il Tribunale di Grosseto rigettò l’opposizione.

Proposto dai soccombenti gravame, la Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata il 20 maggio 2005, l’ha invece accolta, dichiarando l’inesistenza del diritto di procedere ad esecuzione forzata nei confronti degli appellanti sulla base dei titoli de quibus.

Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione la Ditta CREAZIONI DORIANA di Chiti Doriana (già CREAZIONI DORIANA di Buongiovanni Valerio & C. s.a.s.), formulando quattro motivi e notificando l’atto a V.G. e a R.S..

Solo il primo ha notificato controricorso, mentre nessuna attività difensiva ha svolto l’altra intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1 Col primo motivo l’impugnante denuncia violazione dell’art. 1697 cod. civ., art. 191 cod. proc. civ., e segg., nonchè erroneità della motivazione. Oggetto della critica è l’assunto della Corte d’appello secondo cui gli opponenti, sui quali incombeva l’onere di dimostrare l’inesistenza del rapporto sottostante, avevano fornito tale prova attraverso la consulenza tecnica d’ufficio. Così argomentando, il decidente aveva mostrato di ignorare che la consulenza tecnica d’ufficio non può mai essere invocata dalla parte per sottrarsi all’onere probatorio di cui sia gravata, perchè l’indagine peritale attiene unicamente alla valutazione dell’oggetto della prova.

1.2 Col secondo mezzo la ricorrente lamenta mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione con riferimento all’affermazione del giudice di merito secondo cui le valutazioni espresse dal consulente erano sufficienti a far ritenere raggiunta la prova dell’insussistenza del rapporto fondamentale, laddove, secondo il nominato esperto, la contabilità esaminata non era fonte adeguata e corretta di informazioni. In tale contesto del tutto acriticamente la Corte d’appello aveva recepito le conclusioni del tecnico, omettendo di spiegare Le ragioni per cui dall’elaborato peritale aveva tratto il convincimento dell’inesistenza del rapporto sottostante.

1.3 Col terzo motivo si deduce vizio motivazionale e omessa valutazione di elementi di prova. Evidenzia l’esponente che il nominato consulente, dopo avere ripetutamente sottolineato la lacunosità delle scritture contabili, senza neppure esplicitare il metodo utilizzato per rispondere ai quesiti formulati dall’istruttore e senza tener conto degli assegni ricevuti dal V. a copertura degli insoluti di CREAZIONI DORIANA s.a.s. nel periodo precedente al 1995, aveva proceduto a delle mere operazioni di somma e di sottrazione, prendendo a riferimento la documentazione allegata al fascicolo e pervenendo così alla enunciazione di un mero dato numerico, privo di ogni significanza.

1.4 Col quarto motivo la ricorrente prospetta vizio motivazionale perchè la Corte d’appello avrebbe omesso di precisare, con riferimento ad ogni singolo rapporto cambiario, i motivi per cui aveva ritenuto insussistente il credito azionato.

2 Le censure, che si prestano a essere esaminate congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondate per le ragioni, che seguono.

Secondo la Corte territoriale gli appellanti, sui quali, essendo state azionate cambiali emesse dal loro dante causa, incombeva dimostrare l’inesistenza del rapporto fondamentale, avevano assolto al relativo onere probatorio. E invero, all’esito delle scrupolose indagini del consulente tecnico, doveva escludersi che le obbligazioni per le quali CREAZIONI DORIANA aveva agito in executivis potessero essere ricondotte all’ambito, da essa indicato, dei rapporti commerciali intrattenuti con V.V., perchè le scritture esaminate, relative al periodo tra il 1 gennaio 1987 e il 31 dicembre 1997, al quale, per espresso accordo delle parti, era stata limitata l’indagine, davano piuttosto un saldo a credito del V. di oltre L. trecento milioni, di talchè, anche a voler conteggiare l’importo di due assegni non considerati dall’ausiliario perchè non reperiti, i titoli azionati risultavano comunque privi di causa giustificativa.

3 A fronte di tale apparato motivazionale, le critiche svolte in ricorso ne ignorano, a ben vedere, il nucleo argomentativo centrale, consistente nella constatazione della insussistenza di poste debitorie a carico del V. e dunque della mancanza di una causa giustificativa delle cambiali dallo stesso emesse, risolvendosi piuttosto nella contestazione del positivo apprezzamento, da parte del giudice di merito, dell’assolvimento dell’onere probatorio gravante sugli opponenti, in ragione della inidoneità, a questi fini, del mezzo della consulenza tecnica d’ufficio.

A confutazione delle stesse è allora sufficiente ricordare che, se è pur vero che la consulenza di ufficio non è qualificabile come mezzo di prova – essendo essa volta ad aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni risolvibili con specifiche conoscenze tecniche – ciò non toglie che il decidente possa affidare all’ausiliario non solo l’incarico di valutare i fatti accertati o dati per esistenti (consulente deducente), ma anche quello di accertare i fatti stessi (consulente percipiente), ogni volta che ritenga che l’accertamento richieda particolari cognizioni (Cass. civ., 13 marzo 2009, n. 6155): di talchè necessario e sufficiente è allora che la parte deduca i fatti stessi a fondamento del suo diritto.

A ciò aggiungasi che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, non incorre nel vizio di carenza di motivazione la sentenza che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti di una relazione di cui il giudicante dichiari di condividere il merito, di talchè, per infirmare, sotto il profilo dell’insufficienza argomentativa, tale motivazione è necessario che la parte alleghi i rilievi mossi al parere dell’esperto già dinanzi al giudice a quo, la loro rilevanza ai fini della decisione e l’omesso esame da parte del decidente, mentre una mera disamina, corredata da notazioni critiche, di vari passaggi dell’elaborato peritale, per giunta diversi da quelli richiamati in sentenza, si risolve nella mera sollecitazione a un sindacato di merito, precluso in sede di legittimità (Cass. civ., 4 maggio 2009, n. 10222).

Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.200,00 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre I.V.A. e C.P.A., come per legge.

Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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