Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5179 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 30/01/2017, dep.28/02/2017),  n. 5179

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23652/2012 R.G. proposto da:

Vigilante Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dall’Avv.

Valerio Freda, elettivamente domiciliata in Roma alla piazza Venezia

n. 11 presso lo studio dell’Avv. Nicola Pennella – ASSONIME, per

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Agenzia delle entrate,

rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma alla Via dei Portoghesi n. 12 sono domiciliati;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania n. 104/5/12 depositata il 29 febbraio 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2017

dal Consigliere Dott. Enrico Carbone.

Udito l’Avv. Pasquale Pucciariello per i controricorrenti.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Su ricorso della Vigilante Costruzioni s.r.I., la Commissione tributaria provinciale di Avellino annullava l’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti della società per recupero IVA, IRES e IRAP anno d’imposta 2005.

Su appello dell’Agenzia delle entrate, la Commissione tributaria regionale della Campania riformava parzialmente la sentenza, dichiarando legittimo l’accertamento di maggiori ricavi immobiliari per Euro 243.389,00.

La contribuente ricorre per cassazione sulla base di sei motivi. Agenzia e MEF resistono mediante controricorso.

Il Collegio ha deliberato di adottare la motivazione semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia omessa pronuncia, per non aver il giudice d’appello rilevato la carenza di specificità dei motivi di gravame in ordine alla questione del c.d. valore normale dei cespiti, trattata invece dal primo giudice.

1.1. Il motivo è infondato.

Il giudizio d’appello si estende ai punti della sentenza di primo grado anche implicitamente connessi a quelli censurati (Cass. 11 gennaio 2011, n. 443, Rv. 615891; Cass. 26 gennaio 2016, n. 1377, Rv. 638411): la questione del valore normale è intrinsecamente correlata a quella della congruità dei valori dichiarati, oggetto specifico del gravame.

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 14 e 54, D.P.R. n. 917 del 1986, art. 9, come modificati dalla legge comunitaria 2008; in relazione alle stesse norme, il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., il quarto motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c..

Ciascuno di questi motivi aggiunge e mescola alla denuncia per violazione di legge una denuncia per vizio di motivazione, così sfiorando l’inammissibilità per cumulo promiscuo: ove si voglia conservare la loro efficacia, deve ritenersi che tali mezzi intendano censurare errori nella selezione del criterio normativo di valorizzazione dei cespiti, nella distribuzione del relativo onere probatorio e nell’applicazione della regola di univocità delle presunzioni semplici.

2.1. I motivi sono infondati.

La sentenza d’appello ha posto sull’amministrazione finanziaria l’onere di provare l’anomalia di prezzo della cessione immobiliare, ammettendo l’ufficio ad assolvere tale onere con presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti.

Trattasi di un’impostazione conforme alla giurisprudenza di legittimità, che, per effetto dell’adeguamento comunitario retroattivo L. n. 88 del 2009, ex art. 24 (c.d. legge comunitaria 2008), esige dall’amministrazione la prova dell’esistenza di attività non dichiarate da cessione immobiliare e tuttavia ammette l’ufficio ad adempiere tale onere probatorio sulla base di presunzioni semplici qualificate da gravità, precisione e concordanza (Cass. 26 settembre 2014, n. 20429, Rv. 632181).

3. Il quinto e il sesto motivo di ricorso denunciano omessa o insufficiente motivazione “circa un punto decisivo della controversia”.

3.1. I motivi sono inammissibili.

La denuncia ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (nel testo applicabile ratione temporis, successivo al D.Lgs. n. 40 del 2006 e anteriore alla L. n. 134 del 2012) deve specificamente indicare il “fatto” controverso e decisivo in relazione al quale la motivazione si assume viziata, dovendosi intendere per “fatto” non una questione trattata o un punto deciso, ma un vero fatto, principale o secondario (Cass. 5 febbraio 2011, n. 2805, Rv. 616733; Cass. 27 luglio 2012, n. 13457, Rv. 623584).

Nel caso in esame, la specificazione fattuale manca palesemente, giacchè la doglianza investe il ragionamento decisorio nella sua complessità, ciò che tradisce l’attesa di una rivisitazione del materiale probatorio-indiziario (ammontare dei mutui, entità delle ipoteche, visure catastali), attività istituzionalmente preclusa al giudice di legittimità.

4. Il ricorso deve essere respinto; la ricorrente deve rifondere le spese di questo giudizio all’Agenzia delle Entrate (non anche al Ministero dell’economia e delle finanze, costituitosi sebbene non intimato e privo di legitimatio ad causam).

PQM

Rigetta il ricorso e condanna Vigilante Costruzioni s.r.l. a rifondere all’Agenzia delle entrate le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 6.500,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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