Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5176 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. trib., 26/02/2020, (ud. 21/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5176

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. MONDINI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – Consigliere –

Dott. MARTORELLI Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3824-2017 proposto da:

M.R., M.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA PIETRO BORSETTI 12, presso lo studio dell’avvocato ANGELO

AVERNI, rappresentati e difesi dagli avvocati EUGENIO MARIA PATRONI

GRIFFI, NUNZIO MALLARDO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI NAPOLI TERRITORIO in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 10879/2016 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI,

depositata il 05/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/11/2019 dal Consigliere Dott. MONDINI ANTONIO.

Fatto

PREMESSO

che:

1. M.P. e M.R. ricorrono, con due motivi illustrati con memoria, per la cassazione della sentenza emessa dalla commissione tributaria regionale della Campania il 5 dicembre 2016, n. 10879, con con cui è stato ritenuto legittimo il provvedimento dell’Agenzia del Territorio in forza del quale unità abitative di proprietà dei ricorrenti e per le quali era stato da questi ultimi proposto, con procedura Docfa, l’accatastamento nella categoria A/2, classe 4, con rendita di Euro495,80, sono stati invece accatastati nella categoria A/7, classe 3, con rendita di Euro 950,28;

2. l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.con il primo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano che la commissione, laddove ha ritenuto che l’avviso presentava una adeguata motivazione, ha violato alla L. n. 212 del 2000, art. 7 e L.n. 241 del 1990, art. 3, e laddove ha affermato che “gli immobili in questione, dotati di aree esterne adibite a corte o giardini, per come appare pacifico in causa, sono inquadrabili nella categoria A/7 quali abitazioni in villini”, ha fatto una affermazione non motivata, non corrispondente al contenuto degli atti posto che la presenza di tali aree esterne e l’inquadramento catastale degli immobili erano stati contestati fino dal ricorso originario, contrastante con i documenti prodotti da essi contribuenti (elaborato planimetrico degli immobili in questione; fotografie del fabbricato in cui gli stessi sono inserito; fotografie dei fabbricati ubicati nelle vicinanze) e già considerati dai giudici di primo grado idonei a far ritenere “congrua la categoria e la classe indicati nel mod. Docfa” (così sentenza di primo grado);

2. con il secondo motivo di ricorso, i contribuenti lamentano che la commissione tributaria regionale ha motivato la sentenza in modo del tutto illogico dicendo, prima, che “gli immobili in questione, dotati di aree esterne adibite a corte o giardini, per come appare pacifico in causa, sono inquadrabili nella categoria A/7 quali abitazioni in villini” e, subito dopo, che le spese di causa dovevano essere compensate in ragione “della dubbiezza fattuale” della controversia;

3. la prima doglianza (violazione di leggi), formulata con il primo motivo di ricorso è inammissibile per difetto di specificità (art. 366 c.p.c.). I contribuenti non hanno riportato per intero (ma solo per alcune righe) nel ricorso nè hanno allegato al ricorso l’avviso di accertamento di cui trattasi. Ciò impedisce di verificare se davvero non ricorrono i presupposti di legge necessari a far ritenere, con la commissione tributaria regionale, l’avviso motivato. Si nota che la commissione ha giustificato quanto affermato precisando che l’ufficio aveva agito sulla scorta di ciò che era stato dichiarato dai contribuenti nella proposta avanzata con procedura Docfa “di guisa che non sono seriamente postulabii incomprensioni o equivoci sull’oggetto dell’imposizione rettificativi di che trattasi” e che questa Corte ha più volte affermato (tra molte Cass. n. 31809 del 07/12/2018) che “in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. Procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, solo nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso”;

4. la seconda doglianza formulata con il primo motivo di ricorso e la doglianza veicolata con il secondo motivo, strettamente connesse, sono fondate. E’ incomprensibile come la commissione abbia potuto, per un verso, ritenere “pacifico in causa” ciò che era al centro della controversia e per la precisazione l’esistenza di una corte o giardino, per altro verso, “pacifici” e allo stesso tempo “dubbi” i fatti di causa. Una simile motivazione, che in sostanza, trascura il fatto decisivo e controverso costituito dall’effettiva esistenza di un’ area esterna ad uso esclusivo -si ricorda che è classificato in A/7, come villino, il fabbricato, anche se suddiviso in unità immobiliari, avente caratteristiche costruttive, tecnologiche e rifiniture proprie di un fabbricato di tipo civile o economico e dotato, per tutte o parte delle unità immobiliari, di aree esterne ad uso esclusivo-, non rispetta il “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6. La sentenza è dunque nulla per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

3. le doglianze in esame vanno pertanto accolte, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla commissione tributaria regionale della Campania in altra composizione, per nuovo esame;

4.il giudice del rinvio dovrà decidere anche delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, commissione tributaria regionale della Campania in altra composizione.

Così deciso in Roma, il 21 novembre 2019.

Depositato in cancelleria il 26 febbraio 2020

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