Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5175 del 05/03/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 5175 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: GARRI FABRIZIA

SENTENZA

sul ricorso 4494-2011 proposto da:
GALLO DOMENICO C.F. GLLDNC42E01B808K, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 183, presso
lo

studio

rappresentato

BENINCAMPI

dell’avvocato
e

difeso

dall’avvocato

URSULA,
D’ADDARIO

FILOMENA, giusta delega in atti;
– ricorrente –

2013

contro

3151

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
4

legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA PO 25-B, presso lo studio

Data pubblicazione: 05/03/2014

dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 68/2010 della CORTE D’APPELLO
g2″–;z ( t9A/ e s) i sTA e c,41- 11 23 I TAft.f9- Arre
di LECCE, \idepositata il 30/07/2010 r.g.n. 249/2009;

udienza del 06/11/2013 dal Consigliere Dott. FABRIZIA
GARRI;
udito l’Avvocato MICELI MARIO per delega PESSI
ROBERTO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. CARMELO CELENTANO, che ha concluso per:
in via principale inammissibilità in subordine
rigetto.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

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La sentenza impugnata

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1.2 La Corte territoriale ha accertato in primo luogayil ricorrente non aveva mosso alcuna specifica
contestazione al prospetto riassuntivo prodotto dalla società datrice nel quale erano riepilogati i giorni
di assenza che ammontavano, nel loro complesso a 758 nel quadriennio antecedente 1’11.10.2000. In tal
modo, a giudizio della Corte, tale dato fattuale doveva ritenersi acquisito al processo perché non
contestato e, per l’effetto, in applicazione dell’art. 40 del c.c.n.l. di categoria del 2001, a quella data il
contratto di lavoro si era risolto, salvo il diritto del lavoratore a percepire l’indennità di preavviso.
1.3 Il giudice di appello ha poi escluso che le assenze maturate nel periodo in osservazione fossero
causalmente riconducibili all’ infortunio occorso al lavoratore nel 1982 e, con riguardo agli esiti dannosi
dello scippo subito il 28 ottobre 1998, mentre si recava ad una visita medica collegiale da lui stesso
richiesta presso l’Ospedale Militare di Taranto, ha ugualmente escluso che l’evento potesse essere
qualificato come infortunio sul lavoro.
1.4 In conclusione la Corte di appello ha accertato che le assenze contestate al lavoratore erano state
determinate da malattie comuni (in parte già certificate al momento dell’assunzione) e come tali
andavano conteggiate tutte. Ha poi verificato che ai sensi dell’art. 48 comma 5 del c.c.n.l. era
consentito di escludere dal computo delle assenze solo quelle maturate nei sedici mesi immediatamente
successivi ad un infortunio e che, pertanto, l’applicazione di tale disposizione non incideva sul calcolo
complessivo del comporto, essendo l’infortunio di riferimento risalente all’anno 1982. Quanto agli artt.
25 comma 9 del c.c.n.l. del 1994 e 18 del c.c.n.l. vigente al momento del recesso, il giudice del gravame,
verificata la mancanza di un collegamento causale tra le malattie che avevano cagionato le assenze e
l’infortunio del 1982,ne ha escluso l’applicabilità.

Per la cassazione della sentenza ricorre Domenico Gallo che articola due motivi.
Resiste con controricorso la società Poste Italiane s.p.a..
I motivi di ricorso

2.1 Violazione dell’art. 5 della legge 15 luglio 1966 n. 604 nonché carente e contraddittoria
motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c..
Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello ha erroneamente gravato il lavoratore dell’onere di
contestare l’esattezza dei giorni di assenza laddove invece era la società datrice a dover provare che il
dipendente aveva maturato un numero di assenze superiore al periodo di comporto stabilito dal
contratto.

2.2 violazione e falsa applicazione degli artt. 2087 e 2110 c.c. nonché carente e contraddittoria
motivazione in relazione all’art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c..

1.1 La Corte d’Appello di Lecce, sezione di Taranto, ha respinto la domanda di Domenico Gallo tesa
ad ottenere l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento con il quale Poste Italiane s.p.a., in data
23.2.2001 aveva risolto il rapporto di lavoro ritenendo provato l’ avvenuto superamento del periodo di
comporto che il contratto collettivo di comparto aveva stabilito in due anni nell’ arco di un
quadriennio.

Sostiene il ricorrente che, ove il datore di lavoro intenda avvalersi del disposto della speciale causa di
risoluzione del rapporto di lavoro prevista dall’art. 2110 comma 2 c.c., è su di lui che grava l’onere di
provare l’esistenza della causale del recesso. L’affermazione del lavoratore che le assenze contestategli
erano conseguenti ad un infortunio sul lavoro, e come tali non computabili, costituirebbe ad avviso del
ricorrente una negazione del fatto costitutivo del recesso che conferma semmai in capo alla parte
datoriale l’onere di provare il fatto costitutivo di un legittimo recesso.

La Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto non contestate le assenze senza una precisa
indicazione degli elementi di fatto da cui ha tratto il suo convincimento, così incorrendo nel denunciato
vizio di omessa o, quanto meno, carente motivazione.

Le ragioni della decisione

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3.1 Le questioni prospettate con i primi due motivi di ricorso riguardano la disciplina dell’onere
probatorio in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto, del quale si afferma
essere stato erroneamente gravato il lavoratore che, al contrario, sarebbe stato tenuto ad allegare e
dimostrare il mero fatto del licenziamento.
3.2 E’ utile precisare preliminarmente che secondo l’insegnamento costante di questa Corte al quale si
intende dare continuità, “il licenziamento per superamento del periodo di comporto è assimilabile non
al licenziamento disciplinare, ma a quello per giustificato motivo oggettivo. Ne consegue che il datore di
lavoro, non ha l’onere di indicare le singole giornate di assenza, potendosi ritenere sufficienti
indicazioni più complessive come la determinazione del numero totale delle assenze verificatesi in un
determinato periodo, fermo restando l’onere, nell’eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare,
compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato” (cfr. tra le altre Cass. 25.11.2010 n. 23920,
18.11.2010 n. 23312 ed anche più di recente Cass. 10.12.2012 n. 22392)
3.3 Da tanto consegue che ove il datore di lavoro abbia allegato, come nella specie, che il lavoratore si
sia assentato per malattia per un numero di giorni superiore a quello che la contrattazione collettiva
indica come limite massimo entro il quale è esclusa la recedibilità dal rapporto, costituisce preciso onere
del lavoratore contestare l’esattezza del conteggio effettuato.
Ed infatti in caso di impugnativa di licenziamento per superamento del periodo di comporto, il datore
di lavoro non deve necessariamente provare i giorni di assenza per malattia mediante la produzione dei
relativi certificati medici ma è piuttosto devoluta al giudice di merito la scelta tra le risultanze istruttorie
di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, nonché la valutazione
delle prove ed il controllo della loro attendibilità e concludenza (cfr. Cass. 13.9.1997 n. 9121 e più
recentemente n. 8385/2002).
E nella specie il giudice di merito ha fatto corretta applicazione dei principi sopra richiamati
evidenziando che la materia del contendere si concentrava più che sull’effettivo numero complessivo di
assenze sulla computabilità di alcune di esse, da escludere in quanto conseguenza diretta di un
infortunio occorso sul lavoro.
Così rideterminato l’oggetto specifico dell’accertamento si osserva che la sentenza non si presta ai rilievi
che le vengono mossi.

3.3 violazione e falsa applicazione dell’ art. 112 c.p.c. nonché motivazione carente e
contraddittoria.

Con accertamento non censurabile in questa sede, perché coerentemente ancorato alle emergenze
probatorie processuali e logicamente motivato, la Corte territoriale ha escluso l’incidenza dell’infortunio
occorso al Gallo nel 1982 sulle assenze ben più recenti computate nel quadriennio immediatamente

In conclusione la Corte territoriale in esito ad un buon governo delle risultanze istruttorie, ha
coerentemente e logicamente chiarito le ragioni della computabilità di tutte le assenze ai fini del calcolo
del periodo di comporto senza invertire, come allegato, gli oneri probatori tra le parti.
Né, con riguardo all’ultima censura formulata, il giudice di appello si è sottratto all’onere di precisare
elementi di fatto da cui ha tratto il suo convincimento posto che, al contrario, ha puntualmente indicato
sia le fonti testimoniali che il contenuto delle deposizioni a cui ha inteso riferirsi per classificare come
malattie comuni quelle derivate dall’episodio verificatosi nel 1998.
In conclusione le censure, tutte, sono infondate ed il ricorso deve essere perciò rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

PQM
La Corte
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in € 3500,00 per compensi
professionali ed in € 100,00 per esborsi. Oltre agli accessori dovuti per legge.
Così deciso in Roma il 6 novembre 2013

Il Consigliere estensore

il Presidente


antecedente il recesso. Allo stesso modo il giudice di appello non si è sottratto alla verifica della natura
dell’infortunio del 1998 e ne ha escluso ogni connessione causale con l’attività lavorativa argomentando
il proprio convincimento dalle emergenze probatorie sia documentali che testimoniali acquisite al
processo.

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