Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5169 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 5169 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: CIRILLO FRANCESCO MARIA

CC

ORDINANZA

sul ricorso 11369-2016 proposto da:
POTENZIERI ANNA, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIA AURELIA 424, presso lo studio dell’avvocato
VINCENZO CIAFFI, che la rappresenta e difende giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

UNIPOLSAI
2017
2569

ASSICURAZIONI

rappresentante

e procuratore

PAULON,

elettivamente

MAZZINI

145,

GARAU

che

all’avvocato

SPA,

presso
la

persona

lo

del

speciale Dott.

domiciliata
studio

rappresenta

VINCENZO

in

e

CORDOLA

in

UGO LINO

ROMA,

dell’avvocato
difende
giusta

legale

VIALE
PAOLO

unitamente
procura

a

Data pubblicazione: 06/03/2018

margine del controricorso;
ALLIANZ SPA, in persona del suo Funzionario e
Procuratore dott. GIOVANNI DI MAURO, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA TEULADA 52, presso lo studio
dell’avvocato ANGELO SCARPA che la rappresenta e

– controricorrenti nonchè contro

DEVITO ROSA, RACANELLI VITO ANTONIO, GATTA FRANCESCO;
– intimati –

avverso

la

sentenza

n.

4323/2015

della

CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/11/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del

15/12/2017

dal

FRANCESCO MARIA CIRILLO;

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Consigliere

Dott.

difende giusta procura a margine del controricorso;

FATTI DI CAUSA
1. Anna Potenzieri e Francesco Gatta convennero in giudizio davanti
al Tribunale di Milano, con separati atti di citazione che diedero luogo a
due cause poi riunite, Rosa Devito e Vito Antonio Racanelli, unitamente
alla Milano Assicurazioni s.p.a.

e all’Allianz s.p.a.,

chiedendo il

risarcimento dei danni procurati ai fondi di loro proprietà ed alle relative

convenuti le quali, dopo essere state rubate da ignoti, erano state portate
nei fondi di proprietà degli attori ed ivi incendiate. In particolare, essendo
risultata la vettura di proprietà del Racanelli priva di copertura
assicurativa, la domanda fu rivolta nei confronti della citata società Allianz,
quale impresa designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada.
Si costituirono in giudizio tutti i convenuti, chiedendo il rigetto della
domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda e compensò le spese di giudizio.
2. La sentenza è stata impugnata in via principale dalla Potenzieri ed
in via incidentale dal Gatta e la Corte d’appello di Milano, con sentenza
dell’Il novembre 2015, ha rigettato entrambi gli appelli ed ha condannato
gli appellanti alla rifusione delle spese del grado.
Ha osservato la Corte territoriale che la censura avanzata da
entrambi gli appellanti – relativa ad una presunta violazione dell’art. 183,
sesto comma, cod. proc. civ., per mancata concessione dei termini per
l’articolazione di mezzi istruttori – era da ritenere inammissibile, posto che
nessuno dei due appellanti aveva articolato con l’atto di appello «alcuna
istanza per prove costituende o per produzione di nuovi documenti». Per
cui, non essendo sufficiente «la mera enunciazione dello scopo cui
sarebbero state finalizzate istanze istruttorie non indicate analiticamente
nell’atto di impugnazione», non era apprezzabile la fondatezza della
lamentata lesione del diritto di difesa.
Doveva del resto ritenersi corretta, ad avviso della Corte milanese, la
decisione del Tribunale che aveva escluso che, nella specie, potessero
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colture, siti in agro di Bitetto, dall’incendio delle vetture di proprietà dei

essere operative le garanzie assicurative connesse alla circolazione dei
veicoli incendiati, perché era pacifico che le vetture erano state incendiate
«ben all’interno dei campi coltivati, in mezzo alle vigne e non sulle strade
rurali di accesso», sicché non si trattava di un evento verificatosi su strada
ad uso pubblico o comunque aperta alla circolazione.
In riferimento all’ulteriore motivo di appello, formulato soltanto dal

domanda di risarcimento dei danni avanzata dagli attori nei confronti dei
proprietari delle due auto incendiate, la Corte di merito ha affermato che
lo stesso non poteva essere accolto, mancando qualsiasi prova circa la
natura dolosa o meno dell’incendio e sull’entità dei danni derivati, che gli
appellanti avrebbero dovuto far accertare prima che le auto fossero
avviate alla demolizione. E comunque, il carattere probabilmente doloso
dell’incendio valeva ad escludere ogni profilo di responsabilità dei
convenuti, ai quali le vetture erano state rubate.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Milano propone ricorso
Anna Potenzieri con atto affidato a due motivi.
Resiste l’Allianz s.p.a. con controricorso affiancato da memoria nella
quale si è costituito il nuovo difensore, a seguito di morte del precedente;
resiste altresì l’Unipolsai Assicurazioni s.p.a. con separato controricorso.
Francesco Gatta non ha svolto attività difensiva in questa sede.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione
degli artt. 112 e 183, sesto comma, cod. proc. civ., per omessa
attivazione del contraddittorio delle parti sul thema probandum e sul
thema decidendum.
Secondo la ricorrente la Corte d’appello, condividendo l’errata
decisione del Tribunale, avrebbe leso il diritto della medesima alla prova di
alcune circostanze fondamentali. Nel censurare le argomentazioni dell’atto
di appello a sostegno delle richieste istruttorie, la Corte d’appello non
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Gatta, secondo cui il Tribunale aveva omesso di pronunciarsi sulla

avrebbe considerato che nel processo di appello vige il divieto di
produzione di nuovi documenti. La Potenzieri ricorda di avere chiesto già
in primo grado la concessione dei termini di cui al citato art. 183, sesto
comma, richiesta ingiustamente disattesa dal Tribunale che aveva fatto
precisare subito le conclusioni, avviando la causa in decisione. Nell’atto di
appello era stato chiarito che, se tale termine fosse stato concesso,

al fine di dimostrare la circostanza che, ancorché di proprietà privata, i
fondi agricoli fossero aperti alla circolazione dei veicoli di un numero
indeterminato di persone». Vi sarebbero quindi un’omissione di pronuncia
ed una violazione delle regole sulla concessione dei termini per la
formulazione dei mezzi di prova.
1.1. Il motivo, redatto con una tecnica prolissa e ripetitiva, è
inammissibile.
Osserva la Corte, innanzitutto, che la censura non coglie la

ratio

decidendi della sentenza impugnata la quale ha affermato di non poter
valutare la sussistenza di una lesione del diritto di difesa, posto che le
richieste istruttorie erano vaghe. Il motivo in esame, in sostanza, non fa
che confermare la correttezza di tale argomentazione, perché si limita a
dire che cosa la ricorrente avrebbe voluto provare, ma senza indicarne il
come, cioè senza chiarire con quali documenti o testi e senza indicare i
capitoli di prova; il che, in sostanza, costituisce un’ulteriore conferma della
genericità della richiesta.
In merito poi alla soluzione giuridica che la sentenza d’appello ha
fornito sul problema in esame, rileva il Collegio che correttamente è stata
richiamata la sentenza 21 marzo 2011, n. 6343, di questa Corte,
confermata dalla più recente sentenza 10 febbraio 2016, n. 1866, secondo
cui la parte che impugni la sentenza per la mancata concessione dei
termini di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ. deve dimostrare
che da tale mancata concessione sia conseguita in concreto una lesione

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l’odierna ricorrente «avrebbe richiesto ed articolato la prova testimoniale

del suo diritto di difesa, allegando il pregiudizio che gliene sia derivato,
essendo altrimenti il gravame inammissibile per difetto di interesse.
Occorre poi aggiungere, ad abundantiam, che la Corte d’appello non
si è limitata a confermare il rigetto delle richieste istruttorie, ma ha anche
bene illustrato le ragioni per cui ha ritenuto che non potesse parlarsi di
operatività della garanzia assicurativa, e tali argomenti non sono stati

anche per tale ragione inammissibile, siccome inidoneo a superare tutte le
argomentazioni della pronuncia di merito.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art.
360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione
degli artt. 112 e 101, secondo comma, cod. proc. civ., per omessa
attivazione del contraddittorio delle parti sul

thema probandum e sul

thema decidendum.
Il motivo ha ad oggetto la sentenza impugnata nella parte in cui ha
affermato che non poteva essere accolta la domanda di risarcimento dei
danni rivolta dagli attori direttamente nei confronti dei proprietari dei due
veicoli incendiati. La ricorrente ricorda che l’art. 101, secondo comma,
cod. proc. civ. impone al giudice che voglia porre a fondamento della
decisione una questione rilevata d’ufficio l’obbligo di assegnare alle parti
un termine per memorie contenenti osservazioni sulla questione stessa.
Nella specie, la Corte d’appello avrebbe ritenuto di non poter accogliere la
domanda proposta «per un ulteriore motivo non esaminato dal giudice di
prime cure», senza aver provocato sul punto il contraddittorio.
2.1. Il motivo è inammissibile.
La sentenza impugnata, infatti, con un’affermazione che il ricorso non
contesta, ha spiegato che tale questione era stata fatta oggetto di appello
solo da parte del Gatta, e non anche della Potenzieri (v. p. 5 della
pronuncia in esame). Ne consegue che, investendo l’odierno motivo di
ricorso un aspetto per il quale la Potenzieri non aveva avanzato alcuna
doglianza in sede di appello, nei suoi confronti l’esame della questione è
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nemmeno presi in esame nel motivo di ricorso in esame, che si rivela

precluso per essersi maturato il giudicato sul punto; il che si traduce
nell’inammissibilità della censura.
3. Il ricorso, pertanto, è dichiarato inammissibile.
A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del d.m. 10 marzo
2014, n. 55, sopravvenuto a determinare i compensi professionali.

d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate per ciascuno
dei controricorrenti in complessivi euro 8.200, di cui euro 200 per spese,
oltre spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n.
115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte
della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezion

N\9–

Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del

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