Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5165 del 03/03/2011
Cassazione civile sez. lav., 03/03/2011, (ud. 11/01/2011, dep. 03/03/2011), n.5165
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere –
Dott. IANNIELLO Antonio – Consigliere –
Dott. ZAPPIA Pietro – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso proposto da:
M.B. (OMISSIS), C.C.
(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MONTE
ZEBIO 30, presso lo studio dell’avvocato CAMICI GIAMMARIA, che li
rappresenta e difende unitamente all’avvocato LANZILLI MARTA, giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in
persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA
CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’avvocato
ELISABETTA LANZETTA, giusta mandato speciale a margine del
controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 39/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del
21/01/09, depositata il 12/02/09;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/01/2011 dal Consigliere Relatore Dott. SAVERIO TOFFOLI;
è presente il P.G. in persona del Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI.
Fatto
MOTIVI
La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c. a seguito di relazione ex art. 380 bis.
La Corte d’appello di Torino accoglieva la domanda proposta da M.B. e C.C., ex dipendenti dell’INPS, di computo di determinate voci retributive ai fini della pensione integrativa, ma rigettava la domanda di computo ai fini della misura dell’indennità di buonuscita o di quiescenza dell’indennità di funzione, del salario di professionalità e del compenso ispettore di vigilanza.
Detti lavoratori propongono ricorso per cassazione a cui resiste l’Inps con controricorso.
Il ricorso, che denuncia violazione della L. n. 70 del 1975, artt. 13, 25 e 31, degli artt. 5 e 34 del regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza degli impiegati dell’Inps, dell’art. 152 del regolamento organico del personale e della L. n. 144 del 1999, art. 65, è qualificabile come manifestamente infondato in relazione all’orientamento affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte relativamente alla questioni prospettate e in particolare a quanto ritenuto da Cass. S.U. n. 7154/2010, che ha enunciato il seguente principio: “In tema di base di calcolo del trattamento di quiescenza o di fine rapporto spettante ai dipendenti degli enti pubblici del cd. parastato, la L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13, di riordinamento di tali enti e del rapporto di lavoro del relativo personale, detta una disciplina del trattamento di quiescenza o di fine rapporto (rimasta in vigore, pur dopo la contrattualizzazione dei rapporti di pubblico impiego, per i dipendenti in servizio alla data del 31 dicembre 1995 che non abbiano optato per il trattamento di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ.), non derogabile neanche in senso più favorevole ai dipendenti, costituita dalla previsione di un’indennità di anzianità pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo in godimento quanti sono gli anni di servizio prestato, lasciando all’autonomia regolamentare dei singoli enti solo l’eventuale disciplina della facoltà per il dipendente di riscattare, a totale suo carico, periodi diversi da quelli di effettivo servizio. Il riferimento quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione L. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti dell’INPS) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’Inps, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo.
Il ricorso deve dunque essere rigettato.
Le spese del giudizio vengono compensate per giusti motivi in quanto solo recentemente è stato composto dalle Sezioni unite il contrasto giurisprudenziale manifestatosi quanto alla questione oggetto del giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2011.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011