Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5161 del 06/03/2018


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 5161 Anno 2018
Presidente: SPIRITO ANGELO
Relatore: MOSCARINI ANNA

ORDINANZA

sul ricorso 15621-2015 proposto da:
FABBRIZIO FRANCO, elettivamente domiciliato in ROMA,
CIRCONVALLAZIONE CLODIA

82,

presso lo studio

dell’avvocato SEBASTIANO PENNISI, che lo rappresenta
e difende giusta procura in calce al ricorso ;
– ricorrente contro

DEL GALLO DI ROCCAGIOVINE ALBERTO, DEL GALLO DI
ROCCAGIOVINE LAETITIA, DEL GALLO DI ROCCAGIOVINE
GREGORIO, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.
AVEZZANA 2, presso lo studio dell’avvocato MARINA
MARINO, che li rappresenta e difende unitamente
all’avvocato SERAPIO DEROMA giusta procura in calce

1

Data pubblicazione: 06/03/2018

al controricorso;
– controricorrenti nonchè contro

EREDI DI FRANCESCO DEL GALLO DI ROCCAGIOVINE
COLLETTIVAMENTE ED IMPERSONALMENTE;

avverso la sentenza n. 2863/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 06/05/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 04/12/2017 dal Consigliere Dott. ANNA
MOSCARINI;

2

– intimati –

FATTI DI CAUSA
Franco Fabbrizio ricorre per la cassazione della sentenza della Corte
d’Appello di Roma n. 2863 del 2014 che, in accoglimento dell’appello,
ha dichiarato la nullità della sentenza del Tribunale di Roma
relativamente alla sua domanda risarcitoria, con compensazione delle

Franco Fabbrizio, sulla base del passaggio in giudicato di una
sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato trasferita
a suo favore, ai sensi dell’art. 2932 c.c., la proprietà di un immobile,
pronunciando condanna generica ai danni chiese, con citazione
davanti al Tribunale di Roma, la quantificazione dei medesimi,
assumendo di non aver potuto disporre dell’immobile a causa
dell’illegittima detenzione del medesimo da parte di Francesco del
Gallo di Roccagiovine. Questi, costituendosi in giudizio, eccepì
l’inammissibilità della pronuncia diretta a trasferire il possesso del
bene per violazione del ne bis in idem e contestò la tesi della mancata
disponibilità a ricevere in consegna l’immobile. Venne espletata una
CTU per valutare l’astratta produttività del fondo e, all’esito della
medesima, il Tribunale di Roma condannò il convenuto Del Gallo a
risarcire al Fabbrizio danni per l’importo di C 45.000 oltre interessi. La
Corte d’Appello di Roma, accogliendo l’appello, ha innanzitutto
dichiarato “nulla” la sentenza, per avere il primo giudice emesso
condanna risarcitoria equitativa senza spiegare le ragioni a sostegno
di tale pronuncia. Poi, “considerato che la nullità della sentenza non
esonera la Corte dall’esame del merito”,

ha dichiarato “nulla” la

domanda risarcitoria “per totale omissione di idonea allegazione”,
ritenendo che il riferimento indicato dall’attore nell’atto di citazione
fosse troppo vago e privo di elementi per poter dedurre l’entità del
richiesto danno. Infine, la sentenza impugnata ha concluso che “la
nullità della domanda comporta l’assorbimento dell’appello

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spese dei due gradi di merito.

incidentale” con il quale il Fabbrizio aveva chiesto, in riforma della
prima sentenza, la condanna di del Gallo di Roccagiovine al
risarcimento dei danni per un importo superiore a quello liquidato dal
Tribunale. Avverso la sentenza il Franco ricorre con ricorso affidato a
tre motivi, illustrati da memoria. Gli eredi del Gallo di Roccagiovine

RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente censura la sentenza per violazione
dell’art. 164 c.p.c. in quanto la Corte d’Appello avrebbe
illegittimamente statuito la nullità della citazione, pur in presenza di
un petitum determinato, di una specifica causa petendi e di tutti gli
elementi necessari e sufficienti per consentire la liquidazione del
danno.
Con il secondo motivo censura il capo di sentenza che ha liquidato il
danno in base ad una valutazione equitativa assumendo che non ci
fossero i presupposti per il giudizio di equità.
Con il terzo motivo censura l’impugnata sentenza nella parte in cui ha
ritenuto assorbito l’appello incidentale sulla quantificazione del danno,
richiamando le valutazioni svolte sul punto dal CTU e dal CTP.
I motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, sono fondati.
Occorre innanzitutto porre in evidenza l’erroneità logico-giuridica
della pronuncia impugnata nella parte in cui, da un lato, censura di
“nullità” la sentenza del Tribunale (per avere immotivatamente reso
la condanna risarcitoria equitativa), e dall’altro, dichiara “nulla” la
citazione introduttiva “per totale omissione di idonea allegazione”. In
via di principio, avrebbe dovuto prima stimare la legittimità dell’atto
introduttivo e, ritenutolo non corrispondente al paradigma
processuale, avrebbe poi dovuto omettere di valutare la correttezza
della condanna equitativa. Passando all’esame dei motivi, occorre
rilevare quanto segue. Con sentenza del 16 gennaio 1996 la Corte
d’Appello di Roma (poi passata in giudicato) aveva trasferito, ex art.

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resistono con controricorso.

2932 c.c., il terreno in questione dal del Gallo al Fabbrizio, in
considerazione dell’illegittimo rifiuto opposto dal venditore di stipulare
l’atto definitivo il cui termine era scaduto il 30 giugno 1983. Aveva,
dunque, reso condanna risarcitoria generica a carico di del Gallo in
favore del Fabbrizio per la indisponibilità materiale da parte di

del definitivo. Il Fabbrizio introdusse, allora, il presente giudizio (con
esplicito riferimento alla sentenza passata in giudicato) per ottenere
sia il possesso del terreno, sia la condanna del Del Gallo al
risarcimento del danno cagionato dal mancato godimento del bene,
nella misura di £ 250 milioni (cfr. la sentenza impugnata a pag. 3 e 6
ed il primo motivo di ricorso nel quale è trascritto il brano della
citazione). Nel corso del primo giudizio il terreno fu consegnato ed il
Tribunale dispose la CTU affinché, accertata la superficie del fondo,
fosse valutato e determinato il reddito medio annuo della superficie di
spettanza dell’attore a far data dall’annata agraria 1983/84 fino
all’effettiva consegna avvenuta nell’anno 2002. La CTU determinò in C
37.849 il reddito netto complessivo con riguardo al predetto periodo;
poi, con relazione supplementare, al reddito medio furono aggiunte le
indennità compensative UE per C 22.687. Il Tribunale, facendo
esplicito riferimento alla sentenza passata in giudicato, rilevò che
l’attore aveva subìto pregiudizio a causa del ritardo nel rilascio
dell’immobile e, in considerazione del mancato godimento del bene,
ritenne “equitativamente che la quantificazione del danno a favore del
prof. Fabbrizio Franco ammonti ad C 45.000 oltre interessi …”.
Così ricostruita la vicenda processuale, può desumersi che nell’atto di
citazione – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d’appello erano compiutamente descritti sia l’oggetto della domanda (il
risarcimento del danno) sia la ragione della domanda stessa (il
mancato godimento del fondo), peraltro con esplicito riferimento al
giudicato già formatosi circa il generico diritto al risarcimento del

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quest’ultimo del terreno, la cui traditio era stata differita alla stipula

danno e con indicazione della quantificazione della domanda (£ 250
milioni). Per altro verso, occorre rilevare che – come s’è visto – nel
primo giudizio è stata svolta una precisa istruttoria, che ha
comportato l’esecuzione della CTU, seguita poi da un supplemento
relativo ad altre poste risarcitorie, istruttoria che ha consentito di

anni) in C 37.849, oltre C 22.687 per indennità compensative medie.
La circostanza che il primo giudice, nella sua concisa esposizione,
abbia utilizzato l’avverbio “equitativamente” non significa, dunque,
che egli abbia arbitrariamente ed immotivatamente proceduto alla
liquidazione del danno – come ingiustamente ritiene la sentenza
impugnata – ma, piuttosto, che egli abbia, nell’ambito dei suoi poteri
discrezionali, proceduto ad una riduzione dei risultati peritali.
E, al riguardo della complessiva problematica posta dal ricorso (anche
cioè con riferimento alla domanda avanzata nella fattispecie in
esame), è necessario far riferimento alla consolidata giurisprudenza
che, in ipotesi di ritardo nella consegna o nel rilascio o comunque di
occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, afferma la
natura in re ipsa del diritto risarcitorio da mancato godimento del
bene, nel senso di normale inerenza del pregiudizio all’impossibilità
stessa di disporre del bene; con la conseguenza che l’onere di
allegazione e prova dell’attore può essere assolto anche a mezzo di
presunzioni intorno al fatto che, se egli avesse immediatamente
recuperato la disponibilità dell’immobile, l’avrebbe subito impiegato
per finalità produttive, quali il suo diretto godimento o la locazione
(cfr. in tema da Cass. n. 2025/1976, fino a Cass. 25898/2016).
Principi, questi, che risolvono sia la questione relativa all’originaria
domanda proposta, sia quella relativa alla liquidazione compiuta dal
primo giudice. In conclusione, in accoglimento dei motivi proposti, la
sentenza impugnata va cassata ed il giudice del rinvio procederà
all’esame della vicenda alla luce degli enunciati principi, esaminando,

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determinare il danno da mancato godimento del fondo (per circa venti

altresì, l’appello incidentale del Fabbrizio in tema di liquidazione del
danno (impugnazione ritenuta assorbita dal giudice d’appello in
considerazione del rigetto della domanda risarcitoria).
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di
cassazione.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla

PQM

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