Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5159 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 14/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5159

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. DIOTALLEVI Giovanni – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ANDREAZZA Gastone – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24296-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 120/2009 della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA,

depositata il 10/07/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato GUIZZI che ha chiesto il rinnovo

della notifica, l’Avv. dello Stato deposita plico non recapitato

alla controparte presso il difensore;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE Sergio, che ha concluso in via principale rinnovo della

notifica, in subordine accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate verificava che nell’anno di imposta 2001 P.A. aveva dichiarato un reddito di Lire 1.497.000, mentre, nel corso del medesimo anno, aveva acquistato tre unita immobiliari del valore complessivo di Euro 309.000, un terreno non edificabile del valore di Euro 1.032, un box del valore di Euro 8.600. Pertanto l’Agenzia delle Entrate, utilizzando gli indici di capacità contributiva desumibili dal possesso di beni e servizi (“redditometro”), emetteva un avviso di accertamento di maggior reddito ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38.

Contro l’avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Milano che lo accoglieva parzialmente con sentenza n. 297 del 2008.

Contro la sentenza P.A. proponeva appello e l’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio proponendo appello incidentale. Con sentenza del 10.7.2009 la Commissione tributaria regionale accoglieva l’appello della contribuente annullando integralmente l’atto impositivo.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ricorre per cinque motivi: 1) nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360c.p.c., comma 1, n. 4 nella parte in cui ha omesso di esaminare i motivi di appello incidentale; 2) violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38 e 39, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha attribuito all’Ufficio l’onere di provare l’origine del maggior reddito accertato; 3) insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, poichè la sentenza non è idonea ad indicare l’iter logico sotteso dalla statuizione; 4) insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha ritenuto rilevante la vendita di immobile effettuata dal contribuente per il prezzo di Euro 105.000, che non essendo stata ancora percepita nell’anno 2001 non poteva rientrare tra le voci positive dell’anno di accertamento 2001; 5) insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5: anche tenendo conto del reddito di Euro 105.000 residuava una capacità di spesa del ricorrente nell’anno 2001 di Euro 171.445, con conseguente imputazione all’anno di imposta oggetto di accertamento.

Il contribuente non si è costituito.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Dalla documentazione depositata in udienza dall’Avvocatura Generale dello Stato risulta che la notificazione del ricorso per cassazione, effettuata dall’ufficiale giudiziario a mezzo del servizio postale, non si è perfezionata per la mancata consegna del plico al domicilio eletto dalla contribuente presso lo studio dell’avvocato S.N. in (OMISSIS), dovuta alla irreperibilità del destinatario attestata dall’addetto al recapito in data 14.10.2010. Soltanto in data 18 novembre 2016 l’Agenzia delle Entrate ha richiesto all’Ordine degli avvocati di Milano informazioni sul domicilio professionale del suddetto avvocato, ricevendo in data 5.12.2016 comunicazione che l’avvocato S.N. ha il domicilio professionale in (OMISSIS).

Ciò premesso, deve applicarsi il principio che, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa. (Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016, Rv. 640441). Nel caso in esame è palese il grave ritardo con la quale l’Agenzia delle Entrate, parte notificante, si è attivata al fine di ottenere dal Consiglio dell’Ordine il recapito dell’avvocato presso il cui studio doveva essere eseguita la notificazione. Conseguentemente non può essere accolta la richiesta di rinvio formulata dall’Avvocatura all’odierna udienza ed il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per mancato perfezionamento del procedimento di notifica.

Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva di parte intimata.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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