Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5158 del 28/02/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 13/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELO Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16510/2010 R.G. proposto da:

D.M.B., rappresentato e difeso dall’Avv. Nicola Franzese

del Foro di Santa Maria Capua Vetere ed elettivamente domiciliato in

Roma, Via Anastasio, n. 130, presso lo studio dell’Avv. Laura

Barletta, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Campania, n. 108/48/09, depositata l’11/05/2009.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13

dicembre 2016 dal Relatore Cons. Emilio Iannello;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa

ZENO Immacolata, la quale ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata in data 11/5/2009 la C.T.R. del Lazio confermava la sentenza di primo grado che aveva rigettato il ricorso proposto da D.M.B. avverso l’avviso di accertamento nei suoi confronti emesso per il recupero a tassazione, a fini Irpef e per l’anno 2001, della plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno edificabile, effettuata dal ricorrente unitamente ai germani, F.P. e D.M.L..

2. Avverso tale sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

L’Agenzia delle entrate non ha svolto difese nella presente sede ma ha depositato c.d. atto di costituzione al fine della partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 620 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. negato rilievo, a supporto della tesi difensiva secondo cui egli è di fatto rimasto estraneo alla compravendita, al testamento della madre che destinava il terreno che ne ha costituito oggetto ai fratelli, in quanto intervenuto successivamente alla stipula del rogito notarile.

Formula al riguardo il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se la pubblicazione del testamento costituisca un mero atto di accertamento di un documento già perfezionato, che come tale non inficia l’operatività del testamento dalla data dell’apertura della successione”.

4. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa o insufficiente motivazione su un fatto decisivo, per avere la C.T.R. omesso di motivare sufficientemente la propria decisione e in particolare l’affermazione secondo cui le doglianze svolte con il gravame prospettavano “motivi non evidenziati nel ricorso di primo grado”.

Formula al riguardo il seguente momento di sintesi: “dica la Corte se la mancata individuazione dei “motivi non evidenziati nel ricorso di primo grado” e degli “eventi intervenuti successivamente alla stipula del rogito notarile” e “dopo l’intervenuta pronuncia dei primi giudici” costituisca omessa o insufficiente motivazione che impedisce alla parte di comprendere con certezza il ragionamento della commissione e di esercitare conseguentemente e pienamente il suo diritto di difesa”.

5. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. attribuito rilievo dirimente al fatto che nell’atto di vendita è scritto che il prezzo fu incassato dai tre fratelli e (per avere) di contro escluso rilievo alla circostanza che “il corrispettivo non fu effettivamente riscosso dal ricorrente”.

Formula il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il ricorrente abbia il diritto, ex art. 2697 c.c., comma 2, di dare la prova della sua eccezione di mancata percezione del reddito; se tale prova sia stata data con i documenti prodotti in giudizio; se il giudice debba tenere conto di tale prova, ai sensi dell’art. 115 c.p.c.”.

6. Con il quarto motivo il contribuente deduce, infine, violazione o falsa applicazione degli artt. 1414 e 1415 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per avere la C.T.R. implicitamente escluso la possibilità per il contribuente di opporre la simulazione relativa contenuta nell’atto (interposizione fittizia di persone).

Formula il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se l’art. 1415 c.c. consenta o impedisca di opporre l’interposizione fittizia di persona all’Agenzia delle entrate quale creditrice del simulato alienante e se per l’effetto il contratto di compravendita per cui è causa sia inefficace anche verso la stessa”.

7. Tutti i predetti motivi si appalesano inammissibili per inadeguatezza dei quesiti formulati.

7.1. In particolare, i quesiti di diritto – di cui ai motivi primo, terzo e quarto sono inidonei ad assolvere la precipua funzione di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale (v. Sez. 5, Ord., n. 23448 del 19/11/2010); manca in particolare un riferimento compiuto alle peculiarità del caso specifico necessario al fine di comprendere la pertinenza e la decisività dei principi che si chiede siano enunciati: essi stessi del resto a ben vedere mancanti o comunque formulati in maniera del tutto generica attraverso la mera proposizione di astratti quesiti giuridici, in relazione ai quali – piuttosto che individuarsi la diversa o incompatibile regula iuris che sarebbe stata applicata in sentenza e l’errore in cui pertanto essa sarebbe incorsa – si richiede sostanzialmente un nuovo esame nel merito della controversia, ovviamente non consentito in questa sede.

Varrà al riguardo rammentare che una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede che, con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso, la parte – dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed averne indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso – esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto, formulato in modo tale da circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (Sez. U, n. 7258 del 26/03/2007, Rv. 595864). E’ perciò inammissibile il motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo (Sez. U, n. 6420 del 11/03/2008, Rv. 602276; Sez. 2, n. 16941 del 20/06/2008, Rv. 603733); come è parimenti inammissibile il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presuppone la risposta ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub iudice (Sez. U, n. 28536 del 02/12/2008, Rv. 605848).

7.2. Anche il momento di sintesi formulato a conclusione del secondo motivo di ricorso, con cui si denuncia vizio di motivazione, si appalesa inadeguato a svolgere la funzione per la quale esso era prescritto, ovvero quella di consentire – attraverso la “chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione” – la immediata rilevabilità del nesso eziologico tra la lacuna o incongruenza logica denunciata ed il fatto ritenuto determinante, ove correttamente valutato, ai fini della decisione favorevole al ricorrente (v. e pluribus Cass., Sez. 5, Sentenza n. 28242 del 18/12/2013, Rv. 629397; Sez. 5, n. 5858 del 08/03/2013, Rv. 625952).

Anche in tal caso esso invece si risolve nella mera generica sollecitazione, rivolta alla Corte, di una valutazione della fondatezza della censura.

8. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

Non avendo l’amministrazione intimata svolto difese nella presente sede, non v’è luogo a provvedere sulle spese del presente giudizio.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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