Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5158 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. I, 03/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 03/03/2011), n.5158

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

E.D. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presse

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

07/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso dell’11.02.2008, E.D. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955. n. 848.

Con Decreto del 14.10-7.11.2008, l’adita Corte di appello, nella contumacia del Ministero dell’Economia e delle Finanze ed in parziale accoglimento del ricorso, condannava F Amministrazione a pagare all’istante la somma di Euro 2.126,00, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè la metà delle spese processuali, liquidata in complessivi Euro 362,00, di cui Euro 20,00 per esborsi, Euro 217,00 per diritti ed Euro 125,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese distratte in favore del difensore antistatario e compensate per la residua parte.

La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che l’ E. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 23.11.2000, ed ancora pendente;

– che il tempo tecnico indispensabile per la definizione del processo presupposto, già protrattosi per 7 anni e 3 mesi, poteva essere fissato in almeno tre anni;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 4 anni e 3 mesi, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato all’attualità nella complessiva misura di Euro 2.126,00, riducendo della metà l’importo di Euro 1.000,00 ad anno di ritardo, in ragione del fatto che nel processo amministrativo erano mancate istanze sollecitatorie;

– che nessun fondamento normativo aveva la pretesa liquidazione di ulteriori Euro 2.000,00 “in ragione della materia”;

– che equa appariva la compensazione al 50% delle spese processuali.

Avverso questo decreto l’ E. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 17.09.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente, con il ricorso l’ E. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 5) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi 6 e 7) alla compensazione parziale delle spese, avversata soltanto per essere stata erroneamente ed illegittimamente disposta in ragione della mancata opposizione dell’Amministrazione.

Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Il primo motivo del ricorso si rivela inammissibile per genericità del relativo quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:

il secondo ed il terzo motivo del ricorso, giacchè genericamente avversano l’attuato e motivato discostamento peggiorativo dal parametro indennitario minimo CEDU e giacchè inoltre la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2, comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568;

200608714; 200723844; 200803716) il quarto ed il quinto motivo del ricorso inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808;

200917684; 200922869; 201001893; 201019054) il sesto ed il settimo motivo del ricorso, relativi alla compensazione parziale delle spese, in quanto i quesiti si rivelano non pertinenti, involgendo ragione dell’avversata statuizione (mancata opposizione dell’Amministrazione) diversa da quella considerata dalla Corte di merito ed essenzialmente seppure implicitamente ricondotta al parziale accoglimento della domanda.

L’ E., soccombente, va condannato al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna l’ E. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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