Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5156 del 06/03/2018


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 5156 Anno 2018
Presidente: VIVALDI ROBERTA
Relatore: PELLECCHIA ANTONELLA

IL

SENTENZA

sul ricorso 28686-2015 proposto da:
GENERALI ITALIA SPA 00885351007 in persona del
procuratore speciale MICHELE CECCARELLI,
elettivamente domiciliata in ROMA, V.LE BRUNO BUOZZI
82, presso lo studio dell’avvocato ANTONELLA
IANNOTTA, che la rappresenta e difende unitamente
2017
2211

all’avvocato GREGORIO IANNOTTA giusta procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente contro

MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO 80230390587 in

1

Data pubblicazione: 06/03/2018

persona del Ministro in carica p.t., MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro
in carica, domiciliati ex lege in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, da cui sono difesi per legge;

avverso la sentenza n. 7417/2014 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 02/12/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 15/11/2017 dal Consigliere Dott.
ANTONELLA PELLECCHIA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALESSANDRO PEPE che ha concluso per
l’accoglimento del 1 ° motivo, assorbiti gli altri;
udito l’Avvocato ANTONELLA IANNOTTA;

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– controricorrentí-

FATTI DI CAUSA.
1. Con la sentenza n. 6025/2009, il Tribunale di Roma accolse
l’opposizione proposta da Assicurazioni Generali S.p.a. nei confronti
del Ministero dello Sviluppo Economico avverso una cartella di
pagamento notificata da Equitalia Nomos per il pagamento della

In particolare, il Tribunale ritenne che, siccome le entrate che trovano
causa in rapporti di diritto privato possono essere iscritte a ruolo se
risultano da titolo con efficacia esecutiva (ex artt. 17 e 21 d.lgs.
46/1999), salvo sia diversamente disposto dalla legge, l’amministrazione
non poteva escutere mediante cartella la polizza fideiussoria emessa
dalla compagnia a garanzia della restituzione dei contributi, in ipotesi di
revoca degli stessi, non potendosi riconoscere nel provvedimento di
revoca delle agevolazioni (art. 24, comma 32 1. 449/97) un titolo idoneo
allo scopo, poiché soggettivamente diretto solo nei confronti del
beneficiario delle agevolazioni medesime.
Il Tribunale rigettò inoltre la domanda di condanna generica al
risarcimento dei danni proposta nei confronti del Ministero per difetto
di prova sull’an.
2. La decisione è stata riformata dalla Corte di Appello di Roma, con la
sentenza n. 7417 del 2 dicembre 2014.
Secondo la Corte di Appello, la statuizione del giudice di primo grado
circa l’inidoneità del provvedimento di revoca a costituire titolo
esecutivo idoneo all’iscrizione a ruolo, non può essere condivisa alla
luce dell’art. 3, comma 8, 1. 99/2009, norma sopravvenuta dopo la
pronuncia di primo grado e da ritenersi retroattiva attesa la natura
interpretativa.

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complessiva somma di € 2.624.186,37, dichiarandone l’inefficacia.

In base alla suddetta norma, infatti, “i commi 32 e 33 dell’art. 24 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni, si
interpretano nel senso che il provvedimento di revoca delle
agevolazioni disposte dal Ministero dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, dal Ministero delle Attività Produttive e dal Ministero
dello sviluppo economico in materia di incentivi alle imprese costituisce

interessi, rivalutazioni e sanzioni nei confronti di tutti gli obbligati e
quindi anche nei confronti dei soggetti che hanno prestato garanzia
fideiussoria in relazione alle agevolazioni revocate”.
La Corte, inoltre, rigetta l’eccezione relativa alla indeterminatezza della
pretesa per non essere richiamati i singoli rapporti fideiussori azionati,
rilevando che la cartella faceva compiuto riferimento per ciascun
importo al numero di ruolo iscritto e alla relativa data di esecutività.

3. Avverso tale pronunzia propone ricorso in Cassazione la Generali
Italia S.p.a., sulla base di quattro motivi illustrati da memoria.

3.1. Resiste con controricorso illustrati da memoria il Ministero dello
sviluppo economico.

RAGIONI DELLA DECISIONE
4.1. Con il primo motivo, la compagnia ricorrente lamenta la
“Violazione e falsa applicazione degli artt. 324, 327 cod. proc. civ. e
2909 cod. civ. e dei principi e norme che disciplinano il passaggio in
giudicato della sentenza in primo grado, in conseguenza del mancato
tempestivo appello, nel termine di decadenza: art. 360 n. 3 cod. proc.
civ. — Violazione e falsa applicazione degli arti. 1 e 3 della Legge n. 742
del 1969 e dell’art. 92 Ordinamento giudiziario e dei principi e delle
norme che escludono la sospensione feriale dei termini per le
opposizioni all’esecuzione: art. 360 n. 3 cod. proc. civ. —Nullità della
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titolo per l’iscrizione a ruolo degli importi corrisposti e dei relativi

sentenza della Corte di Appello di Roma Sezione I, n. 7417, alle date 27
ottobre — 2 dicembre 2014, per essere già passata in giudicato la
sentenza del Tribunale di Roma n. 6025 alle date 16-17 marzo 2009, per
decorso del termine di decadenza ex art. 327 cod. proc. civ.: art. 360 n.
4 cod. proc. civ.”

sentenza del Tribunale di Roma, del 16-17 marzo 2009, sarebbe passata
in giudicato, essendo decorso il termine annuale di decadenza di cui
all’art. 327 cod. proc. civ.
Trattandosi di impugnazione di cartella esattoriale, il giudizio dovrebbe
essere qualificato come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., al
quale non si applica la sospensione feriale.

4.2. Con il secondo motivo, la compagnia ricorrente lamenta la
“Violazione e falsa applicazione degli artt. 17 e 21 del D. Lgs. n.
46/1999 e dell’art. 24 comma 32 Legge 449/1997, nella sua
formulazione anteriore all’entrata in vigore della Legge n. 99 del 2009, e
dei principi e norme che impongono la precostituzione di un titolo
esecutivo, ai fini di procedere all’iscrizione a ruolo, in relazione ai
rapporti di diritto privato, non potendosi ravvisare tale titolo, nei
confronti del fideiussore, nel decreto ministeriale di revoca delle
agevolazioni, emesso in data 10 aprile 2003, nei confronti del soggetto
beneficiario delle agevolazioni: art. 360 n. 3 cod. proc. civ. — Violazione
e falsa applicazione dell’art. 3 comma 8 Legge n. 99 del 2009 e dei
principi e norme che disciplinano la natura interpretativa delle norme
che escludono comunque l’efficacia retroattiva delle norme se lesive del
principio di ragionevolezza e di tutela del legittimo affidamento, nonché
dei principi costituzionali di cui agli artt. 2, 3, 24, 41, 111 e 113 Cost., in
relazione alla previsione secondo cui il decreto di revoca delle
5

L’atto di appello era stato notificato il 3 maggio 2010, quando la

agevolazioni avrebbe natura di titolo esecutivo nei confronti del
soggetto fideiussore, anche se con riferimento ai decreti ministeriali
emessi in data anteriore all’entrata in vigore della Legge 99/2009: art.
360 n. 3 cod. proc. civ.”
La Corte di Appello di Roma si sarebbe limitata ad affermare la natura

verificare se la stessa norma avesse una portata univoca o si prestasse ad
un’effettiva opzione interpretativa.
La norma, nella specie, non prestava il fianco a dubbi interpretativi, sia
da un punto di vista letterale sia perché è costante l’orientamento della
giurisprudenza circa la totale autonomia e differenziazione delle
obbligazioni del soggetto beneficiario dell’anticipazione, rispetto a
quella gravante sul fideiussore.
Inoltre attribuire alla norma efficacia retroattiva sarebbe lesivo di
principi costituzionali, tra cui quello di ragionevolezza, di tutela del
legittimo affidamento, nonché del rispetto delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario.
Infatti, le modifiche normative intervenute in corsa interferirebbero
sull’andamento di un procedimento già instaurato, mutandone la
prevedibile soluzione ed incidendo sul diritto di difesa del fideiussore, il
quale nel giudizio di opposizione non può contestare la legittimità del
decreto di revoca di cui però subisce gli effetti quale titolo esecutivo.

4.3. Con il terzo motivo, Generali Italia S.p.a. lamenta “Violazione o
falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ. e dei principi e norme che
disciplinano la distribuzione dell’onere della prova, ponendo a carico di
colui che intende far valere un proprio diritto, comprovare i fatti
costitutivi della pretesa: art. 360, n. 3, c.p.c. — Violazione e falsa
applicazione dell’art. 115 c.p.c., dovendo il giudice porre a fondamento
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interpretativa della norma e la sua conseguente retroattività senza

della decisione le prove proposte dalle parti e non potendo prendere a
base fatti non provati che siano stati espressamente contestati dalla
parte costituita: art. 360, n. 3, c.p.c. – Violazione e falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c. e del principio secondo cui il giudice deve
pronunciare su tutte le domande ed eccezioni proposte dalle parti: art.
360, n. 4, c.p.c. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e del

ed eccezioni proposte dalle parti: art. 360, n. 3, c.p.c. – omesso esame
circa la mancata allegazione produzione decreti ministeriali di revoca
che il Ministero ha invocato a fondamento della pretesa senza allegarne
copia e senza, nemmeno, indicarne il numero e la data di pubblicazione:
art. 360, n. 5, c.p.c”.
La Corte di appello, pur a fronte delle specifiche contestazioni di
Generali, non avrebbe verificato se il Ministero avesse comprovato
l’effettiva esistenza di un titolo esecutivo, asseritamente costituito da un
decreto di revoca, non prodotto e di cui non venivano indicati
nemmeno gli estremi.
4.4. Con il quarto motivo, la ricorrente lamenta “Violazione e falsa
applicazione dell’art. 3 della L. 241 del 1990 e dei principi e norme che
impongono che i provvedimenti amministrativi siano motivati: art. 360,
n. 3, c.p.c. – Violazione e falsa applicazione dell’art. 130 R.D. 4 gennaio
1925 n. 63 e dei principi e norme che impongono alle Compagnie di
assicurazione di svolgere la sola attività assicurativa, che si realizza
attraverso la neutralizzazione del rischio assicurato sia a livello di
impresa sia con riferimento alla causa di ogni contratto assicurativo: art.
360, n. 3, c.p.c. — Violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost e dei
principi e norme che disciplinano il diritto di difesa, che impongono
che la cartella esattoriale sia intellegibile nel senso di consentire al

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principio secondo cui il giudice deve pronunciare su tutte le domande

destinatario di conoscere a quale rapporto la pretesa azionata si
riferisca: art. 360, n. 3, c.p.c.”
Nella cartella di pagamento mancherebbe ogni riferimento alle polizze
fideiussorie o a qualsiasi altro elemento di collegamento (nominativo
del beneficiario o decreto ministeriale di revoca), con conseguente

pagamento richiesto a qualsivoglia polizza ad esso riferibile ed essendo
quindi lo stesso esposto al pagamento di somme per titoli
assolutamente indeterminati.
Il principio secondo cui la cartella esattoriale deve essere motivato in
modo congruo ed intellegibile, opererebbe a fortiori nel caso di una
compagnia assicurativa. Infatti, per consentire lo stesso funzionamento
della causa del contratto di assicurazione ed il corretto esercizio
dell’attività d’impresa assicurativa, la compagnia dovrebbe poter
imputare il pagamento, nel momento stesso in cui si verifica, ad una
specifica polizza, con riferimento alla quale procedere alla
neutralizzazione del rischio mediante utilizzazione delle riserve premi e
sinistri ovvero attraverso la ridistribuzione del rischio mediante
coassicuratori e/o riassicuratori.
Né l’indeterminatezza ed indeterminabilità della cartella in questione
potrebbe essere ritenuta sanata mediante l’arbitraria individuazione di
rapporti e di asseriti crediti effettuata dal Ministero ex post, pena la
violazione del diritto di difesa di cui all’articolo 24 Cost.
5. Il Collegio in via preliminare rileva l’inammissibilità del ricorso,
rilevabile d’ufficio, perché il ricorso è stato proposto da un soggetto che
non è stato parte del giudizio in cui è stata pronunciata la sentenza
impugnata e che non ha né allegato , né dimostrato la legittimazione a
proporlo nonostante quella carenza.
8

nullità della medesima cartella, non pretendo il destinatario imputare il

Dall’allegazione svolta nell’intestazione del ricorso si evince anzi che la
stessa ricorrente, descrivendo la sua relazione con il soggetto che è stata
parte del giudizio di merito, ha escluso essa stessa la legittimazione a
proporre il ricorso, atteso che l’essere la Assicurazioni Generali s.p.a.
socio unico della ricorrente e l’essere quest’ultima soggetta all’attività di
direzione coordinamento della medesima, nonché soggetto

giustificativa dell’agire per conto della detta s.p.a., con conseguente
violazione manifesta dell’art. 81 cod. proc. civ.
Del resto sia la conclusionale, nel grado di appello, sia la sentenza
impugnata indicano come parte nelle intestazioni le Assicurazioni
generali s.p.a.. Invece nel ricorso risulta il nuovo soggetto ‘Generali
Italia s.p.a.’ che nemmeno si qualifica come “già Assicurazioni generali
s.p.a.” (Cass. 22467/2017).

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le
spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità che liquida in Euro 16.000,00 per compensi, oltre alle spese
prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito
dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza
dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello
dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art.
13.
9

appartenente al Gruppo Generali non esprime alcuna ragione giuridica

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte suprema di Cassazione in data 15 novembre 2017.
Il Prfi

n

te.

,
Il consig ieteTestensore

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