Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5156 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. I, 03/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 03/03/2011), n.5156

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.D. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,

PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

14/11/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 6.03.2008, V.D. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con Decreto del 20.10-14.11.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti ed in parziale accoglimento del ricorso, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 5.000,00, oltre interessi legali, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè la metà delle spese processuali, liquidata in complessivi Euro 297,00, di cui Euro 20,00 per esborsi, 117,00 per diritti ed Euro 150,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese distratte in favore del difensore antistatario e compensate per la residua parte. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che il V. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo introdotto dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 4.05.2000, ed ancora pendente in primo grado, nonostante la presentazione, avvenuta il 4.04.2002, di un’istanza di prelievo;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo, di ordinaria complessità, poteva essere fissata in anni tre, secondo anche l’orientamento CEDU;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 5 anni, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato all’attualità nella misura di Euro 1.000,00 ad anno di ritardo, avuto riguardo alle peculiarità del caso;

– che in considerazione del parziale accoglimento del ricorso, della particolare materia della controversia e della natura seriale del giudizio, sussistevano giusti motivi per compensare la metà delle spese processuali.

Avverso questo decreto il V. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009, I Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificatori 1.09.2009.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente, con il ricorso il V. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (motivi da 1 a 5) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno dei 92 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00, e sia (motivi 6 e 7) alla compensazione parziale delle spese, avversata soltanto per essere stata erroneamente ed illegittimamente disposta in ragione della mancata opposizione dell’Amministrazione e/o sul presupposto della irripetibilità delle spese. Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Il primo motivo del ricorso si rivela inammissibile per genericità del relativo quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:

il secondo ed il terzo motivo del ricorso, giacchè generici nella parte in cui contestano l’attuato argomentato richiamo al parametro indennitario minimo CEDU e giacchè per il resto la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714;

200723844;200803716) il quarto ed il quinto motivo del ricorso inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684;

200922869; 201001893; 201019054) il sesto ed il settimo motivo del ricorso, relativi alla compensazione parziale delle spese, in quanto i quesiti si rivelano non pertinenti, involgendo ragioni dell’avversata statuizione (mancala opposizione dell’Amministrazione e/o sul presupposto della irripetibilità delle spese) diverse da quelle espressamente indicate dalla Corte di merito a sostegno della decisione.

Il V., soccombente, va condannato al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il V. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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