Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5154 del 03/03/2011
Cassazione civile sez. I, 03/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 03/03/2011), n.5154
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo – Presidente –
Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –
Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.P. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il
23/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 29.01.2008, A.P. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.
Con Decreto del 19.11-23.12.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti ed in parziale accoglimento del ricorso, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 4.150,00, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè la metà delle spese processuali, liquidata in complessivi Euro 970,00 (di cui Euro 20,00 per esborsi, Euro 350,00 per diritti ed Euro 600,00 per onorari) oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese distratte in favore del difensore antistatario e compensate per la residua parte La Corte osservava e riteneva, tra l’altro;
– che l’ A. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di danno biologico da mancato godimento del riposo settimanale compensativo, introdotto, dinanzi al TAR Campania, con ricorso depositato il 14.11.2000, ed ancora pendente;
– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo protrattosi per 7 anni, 2 mesi e 15 giorni sino al deposito del ricorso per equa riparazione, poteva essere fissata in anni due, data la natura delle questioni trattate;
– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, quantificabile in 5 anni, 2 mesi e 15 giorni, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere equitativamente liquidato all’attualità in ragione di Euro 800,00 ad anno, data la natura del diritto fatto valere in giudizio, la posta in gioco e la mancata presentazione di istanze di prelievo;
– che considerando il parziale accoglimento del ricorso, sussistevano giusti motivi per compensare la metà delle spese processuali.
Avverso questo decreto l’ A. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso notificato il 17.08.2009.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Riassuntivamente, con gli otto motivi del ricorso l’ A. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00. Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.
Inammissibile si rivelano il primo ed il quinto motivo del ricorso per genericità dei relativi quesiti, del tutto astratti e privi di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:
il secondo, il terzo, il quarto ed il sesto motivo del ricorso, giacchè, dati i quesiti, solo genericamente si avversa l’attuato, motivato discostamento peggiorativo dal noto parametro indennitario minimo CEDU e giacchè inoltre la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714; 200723844; 200803716) il settimo e l’ottavo motivo del ricorso inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravita del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684; 200922869; 201001893; 201019054).
L’ A., soccombente, va condannato al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna l’ A. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 600,00 oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011