Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5154 del 03/03/2010
Cassazione civile sez. I, 03/03/2010, (ud. 13/11/2009, dep. 03/03/2010), n.5154
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. FIORETTI Francesco Maria – Consigliere –
Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10649-2008 proposto da:
G.V. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI, giusta
procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– controricorrente –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il
24/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/11/2009 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
ABBRITTI PIETRO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
La Corte osserva quanto segue:
Fatto
FATTO E DIRITTO
G.V. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di nove motivi avverso il provvedimento emesso dalla Corte d’appello di Napoli dep il 24.10.07 con cui la PDCM veniva condannata ex lege n. 89 del 2001 al pagamento di un indennizzo di Euro 9666,66 per l’eccessivo protrarsi di un processo svoltosi innanzi al Tar Campania.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha resistito con controricorso.
Diritto
OSSERVA
Il decreto impugnato ha accolto la domanda di equo indennizzo per danno non patrimoniale nella misura dianzi specificata avendo accertato una durata irragionevole del processo di circa nove anni e otto mesi sulla base di una ritenuta durata ragionevole di anni tre.
Con il primo motivo di ricorso si censura la pronuncia per non avere dato applicazione all’art. 6 della Conv di Strasburgo secondo l’interpretazione fornita dalla Corte Edu.
Il motivo appare del tutto inconsistente limitandosi a delle astratte affermazioni di principio senza muovere alcuna censura concreta a punti o capi del decreto specificatamente individuati.
Con il secondo, il terzo ed il quarto motivo si deduce, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio motivazionale: a) il mancato computo dell’indennizzo riferito all’intera durata del processo anzichè al solo periodo di irragionevole durata; b) la insufficienza della liquidazione del danno.
I motivi sono manifestamente infondati. Per quanto concerne il periodo di tempo in relazione al quale rapportare la liquidazione del danno, questa Corte ha, a più riprese, affermato che la L. n. 89 del 2001, art. 2 espressamente stabilisce che il danno debba essere liquidato per il solo periodo eccedente la durata ragionevole.
Per quanto concerne l’ammontare della liquidazione, di cui si deduce la insufficienza (9666,66 Euro per nove anni e otto mesi di ritardo pari a 1000,00 Euro per anno per anno di ritardo), la Corte d’appello, si è attenuta ai parametri minimi della Cedu che, come è noto, oscillano tra i mille ed i millecinquecento Euro per anno).
Con il quinto, il sesto ed il settimo motivo, si deduce sotto diversi profili il mancato riconoscimento di un bonus di Euro 2000,00 in ragione della natura previdenziale della controversia.
Tali censure sono manifestamente infondate.
La Corte di Strasburgo ha,infatti, affermato il principio che il bonus in questione debba essere riconosciuto nel caso in cui la controversia riveste una certa importanza ed ha poi fatto un elenco esemplicativo, comprendente le cause di lavoro e quelle previdenziali. Tutto ciò non significa che dette cause sono necessariamente di per sè particolarmente importanti con una conseguente liquidazione automatica del bonus in questione, ma che,data la loro natura, è possibile che lo siano con una certa frequenza. Tale valutazione di importanza rientra nella ponderazione del giudice di merito che,come è noto, dispone di una certa discrezionalità nel variare l’importo di indennizzo per anno di ritardo (da mille a millecinquecento salvo limitato discostamento in più o in meno a seconda delle circostanze) e che in tale valutazione, qualora riconosca la causa di particolare incidenza sulla situazione della parte, può arrivare a riconoscere il bonus in questione. Tutto ciò non implica uno specifico obbligo di motivazione essendo tutto ciò compreso in quella che concerne la liquidazione del danno, per cui,se il giudice non si pronuncia sul bonus, implicitamente ciò sta a significare che non ha ritenuto la controversia di tale rilevanza da riconoscerlo.
Con l’ottavo ed il nono motivo si duole che la Corte d’appello abbia erroneamente compensato ovvero dichiarato irripetibili le spese sulla base della contumacia dell’amministrazione resistente. I motivi appaiono manifestamente fondati.
E’ sufficiente rilevare che la responsabilità dell’amministrazione nasce dal ritardo con cui si è svolto il giudizio presupposto onde non può dubitarsi che la stessa abbia dato causa al giudizio di equa riparazione onde il regime delle spese deve essere regolato ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c. senza che la contumacia della resistente possa incidere a tale proposito.
In conclusione il ricorso può trovare accoglimento nei termini di cui in motivazione, con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, sussistendo i presupposti di cui all’art 384 c.p.c., la causa, ferma restando la pronuncia del giudice di merito in ordine alla liquidazione dell’equo indennizzo, può essere decisa nel merito con la liquidazione, come da dispositivo, delle spese del giudizio di merito, da compensarsi per la metà in ragione del limitato parziale accoglimento della domanda, oltre che di quelle del presente giudizio di legittimità che vanno compensate nella misura di due terzi in ragione del rigetto dei principali motivi.
PQM
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione,cassa il decreto impugnato e Recidendo nel merito, condanna l’Amministrazione al pagamento in favore dei ricorrenti delle spese del presente giudizio liquidate per l’intero in Euro 1000,00 per onorari oltre Euro 100,00 per esborsi ed oltre spese generali ed accessori di legge, da compensarsi nella misura di due terzi,nonchè al pagamento delle spese del giudizio di merito liquidate per l’intero in Euro 600,00 per diritti, Euro 850,00 per onorari ed Euro 50 per esborsi,oltre spese generali ed accessori di legge,da compensarsi per la metà.
Spese tutte distratte in favore dell’avv.to A. L. Marra antistatario.
Così deciso in Roma, il 13 novembre 2009.
Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010