Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5152 del 03/03/2010

Cassazione civile sez. I, 03/03/2010, (ud. 29/10/2009, dep. 03/03/2010), n.5152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

CAVALIERI s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via Barberini 3, presso l’avv.

Parlato Guido, che la rappresenta e difende per procura in atti;

– ricorrente –

contro

EXAS ENTERPRISES s.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via Giulio Cesare Cordara

36, presso l’avv. Mennella Monica, che la rappresenta e difende per

procura in atti;

– controricorrente –

e

V.G., elettivamente domiciliato in Roma, via del Babuino

51, presso l’avv. Andrea Moretti, rappresentato e difeso dagli

avvocati Paolo Pecora e Francesco Ambrosino per procura in atti;

– controricorrente –

e

R.F., elettivamente domiciliato in Roma, via Panama

95, presso l’avv. Giovanni Rizza, rappresentato e difeso dall’avv.

Stefano Cianci per procura in atti;

– controricorrente –

e

RIUNIONE ADRIATICA DI SICURTA’ s.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via

Panama 88, presso l’avv. Giorgio Spadafora, che la rappresenta e

difende per procura in atti;

– controricorrente –

e

M.G., MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro tempore, CAMERA DI COMMERCIO, INDUSTRIA, ARTIGIANATO E

AGRICOLTURA DI NAPOLI, in persona del legale rappresentante pro

tempore;

– intimati –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 1974/2005 in

data 23-28 giugno 2005;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 29

ottobre 2009 dal relatore, cons. Dr. Stefano Schirò;

uditi, per i controricorrenti R.F., Exas

Enterprises s.r.l. e Riunione Adriatica di Sicurtà s.p.a.,

rispettivamente, gli avvocati Stefano Cianci, Monica Mennella e

Giorgio Spadafora, che hanno chiesto tutti il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del sostituto procuratore generale, dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza del 20 febbraio 2002 il Tribunale di Napoli respingeva la domanda, con la quale la s.r.l. Cavalieri aveva chiesto dichiararsi la illegittimità e la inefficacia, per carenza dei poteri conferiti dallo statuto sociale all’amministratore unico e limitati agli atti di ordinaria amministrazione, dell’atto di compravendita di tre immobili sociali e dell’atto di cessione di un esercizio commerciale adibito ad autorimessa, e per l’effetto disporre la retrocessione in suo favore dei rispettivi beni, acquistati dalla s.r.l. Exas Enterprises, nonchè condannarsi l’amministratore unico, R.F. e i notati roganti, V.G. e M.G., al risarcimento dei danni da quantificarsi in corso di causa. Il Tribunale respingeva altresì le domande di garanzia proposte dalla s.r.l. Exas Enterprises nei confronti del R. e del Ministero della Giustizia, quelle del notaio V. verso il R. e la Ras Riunione Adriatica di Sicurtà e quella del Ministero della Giustizia nei confronti della Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli.

2. Con sentenza del 28 giugno 2005 la Corte di appello respingeva l’appello della società Cavalieri, confermando integralmente l’impugnata sentenza.

A fondamento della decisione la Corte di merito – premesso che, per quanto concerneva la determinazione dei poteri spettanti agli amministratori di una società, la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione non coincideva con quella prevista dagli artt. 320, 374 e 394 c.c. con riferimento ai beni degli incapaci (e secondo la quale erano atti di ordinaria amministrazione quelli puramente conservativi del patrimonio amministrato, mentre erano atti di straordinaria amministrazione quelli di disposizione e, di alienazione, nonchè quelli che comportavano una diminuzione del valore economico dei beni gestiti), in quanto l’ambito dei poteri attribuito agli amministratori di società andava stabilito con riferimento all’oggetto sociale, dovendo in particolare considerarsi rientranti nell’oggetto sociale gli atti che inerivano alla gestione della società, pur se eccedenti i limiti della cosiddetta ordinaria amministrazione, quando la stessa attività sociale richiedeva lo svolgimento di atti non meramente conservativi, diretti a perseguire in modo dinamico lo scopo sociale (come, ad esempio, gli atti di acquisto di un immobile o di rimessione di un debito), eccedendo invece i poteri degli amministratori, quale atti vietati di straordinaria amministrazione, gli atti che esorbitavano dall’oggetto sociale – osservava che nella specie gli atti di alienazione compiuti rientravano nell’oggetto sociale, riguardante l’attività di gestione ed amministrazione di autorimesse e di acquisto e vendita di immobili, suoli o fabbricati di proprietà sociale, in quanto concorrevano univocamente a realizzare gli scopi sociali e dovevano pertanto essere considerati come atti di ordinaria amministrazione, mentre la limitazione agli atti di ordinaria amministrazione dei poteri dell’amministratore unico contenuta nell’art. 12 dello statuto riguardava esclusivamente la categoria degli atti estranei all’oggetto sociale. Soggiungeva la Corte di merito che, poichè gli atti di disposizione compiuti erano inerenti all’oggetto sociale, era irrilevante valutare la mala fede del terzo contraente, anche perchè il Tribunale, solo per completezza espositiva, aveva ritenuto esservi carenza di prova sul punto. Inoltre, ad avviso della Corte, sempre per mera completezza espositiva – tenuto conto della valutazione di piena legittimità dell’operato dell’amministratore unico – il giudice di primo grado aveva ritenuto esservi stata ratifica da parte dell’assemblea della società dell’attività dal medesimo posta in essere.

2. Per la cassazione di tale sentenza ricorre la s.r.l. Cavalieri sulla base di sei motivi, illustrati con memoria. Resistono con controricorso la Exas Enterprises s.r.l., R.F., V.G. e la s.p.a. Riunione Adriatica di Sicurtà, che ha anche depositato memoria. Non hanno svolto attività difensiva M.G., il Ministero della Giustizia e la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Napoli.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità, improponibilità e improcedibilità del ricorso sollevate dalla Exas Enterprises s.r.l. e dal R., in quanto la dedotta irregolarità di redazione del ricorso medesimo non pregiudica la piena comprensione delle ragioni di censura poste a base dell’impugnazione. Inoltre, poichè il ricorso, con la procura a margine, risulta notificato al controricorrente R. il 18 novembre 2005, come si evince dalla relata di notifica, la indicazione in calce a detto ricorso di una data posteriore a quella di notificazione (20 novembre 2005) costituisce mero errore materiale che non inficia la validità del ricorso in questione, della procura e della notificazione. Non si ravvisa infine carenza d’interesse al ricorso per cassazione, per non avere la società Cavalieri impugnato la sentenza di appello sul punto riguardante l’accertamento dell’eventuale mala fede della società acquirente, avendo la Corte di merito ritenuta la questione assorbita dal compiuto accertamento dell’attinenza all’oggetto sociale degli atti posti in essere dall’amministratore della società Cavalieri.

Con il primo motivo la ricorrente – denunciando violazione e falsa applicazione dell’art. 2384 c.c. – deduce che la Corte di appello ha errato nel ritenere che la limitazione agli atti di ordinaria amministrazione dei poteri dell’amministratore unico, prevista dall’art. 12 dello statuto, riguardasse soltanto gli atti estranei all’oggetto sociale, in quanto non ha tenuto conto che tale disposizione statutaria costituiva un ulteriore limitazione dei poteri dell’amministratore unico anche con riferimento agli atti inerenti all’oggetto sociale. Osserva infatti la società Cavalieri che la clausola statutaria in questione, interpretata nel senso sostenuto dalla Corte di appello, lungi dallo stabilire una limitazione dei poteri dell’amministratore, determinerebbe invece una estensione di tali poteri anche agli atti estranei all’oggetto sociale e sarebbe invalida in quanto elusiva delle norme dettate dal codice civile in tema di oggetto sociale, che, proprio in base a tali norme costituisce “il limite supremo dell’attività della società” e circoscrive i poteri degli amministratori soltanto al compimento di quegli atti che siano finalizzati al raggiungimento dello scopo sociale.

2. Con il secondo motivo la s.r.l. Cavalieri si duole che la Corte di merito, nel l’interpretare lo statuto della società medesima, abbia violato le norme di ermeneutica contrattuale e in particolare gli artt. 1362, 1363, 1366, 1367 e 1369 c.c..

3. Con il terzo motivo si denuncia vizio di motivazione, in quanto la Corte di merito non avrebbe adeguatamente argomentato in ordine alla propria interpretazione della clausola statutaria relativa alla limitazione dei poteri dell’amministratore agli atti di ordinaria amministrazione, nel senso che detta limitazione avrebbe riguardato soltanto gli atti estranei all’oggetto sociale.

4. Con il quarto motivo, prospettandosi ancora vizio di motivazione, si deduce, da un lato, che gli atti compiuti dal R. erano sicuramente idonei a modificare la struttura e il funzionamento della società e dovevano pertanto essere valutati come atti di straordinaria amministrazione, e, dall’altro, che la Corte di appello è caduta in contraddizione perchè, dopo aver qualificato, in via di principio, come atti di straordinaria amministrazione quelli di disposizione o di alienazione suscettibili di modificare la struttura dell’ente e perciò estranei all’oggetto sociale, ha valutato in concreto come atti di ordinaria amministrazione gli atti di disposizione nella specie compiuti dal R., che invece erano sicuramente idonei a modificare la struttura della società, ed ha ritenuto che le limitazioni ai poteri dell’amministratore, previste dall’art. 12 dello statuto sociale, pur riguardando il compimento di atti di ordinaria amministrazione, si riferissero ad atti estranei all’oggetto sociale.

5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1399 c.c. e deduce che la delibera di approvazione del bilancio non costituiva una ratifica dell’operato dell’amministratore, in quanto in tale delibera difettava una espressa volontà di far proprio l’operato del “falsus procurator”.

6. Con il sesto motivo la ricorrente lamenta che la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi in motivazione sulla mancata trascrizione nei libri contabili delle operazioni effettuate e in ordine alla mancata fatturazione della compravendita, a dimostrazione del difetto dei poteri dell’amministratore circa gli atti di disposizione da lui compiuti.

7. I primi quattro motivi, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto attinenti a questioni strettamente connesse, sono privi di fondamento. Osserva al riguardo il collegio, in conformità ad un orientamento già affermato da questa Corte e a cui si intende in questa sede dare continuità, che la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione prevista dal codice civile in relazione ai beni degli incapaci (artt. 320, 374 e 394 cod. civ.) non coincide con quella applicabile in tema di determinazione dei poteri attribuiti agli amministratori delle società, i quali vanno individuati con riferimento agli atti che rientrano nell'”oggetto sociale” – qualunque sia la loro rilevanza economica e natura giuridica -, pur se eccedano i limiti della cosiddetta ordinaria amministrazione, con la conseguenza che, salvo le limitazioni specificamente previste nello statuto sociale, devono ritenersi rientranti nella competenza dell’amministratore tutti gli atti che ineriscono alla gestione della società ed eccedenti i suoi poteri, invece, quelli di disposizione o di alienazione, suscettibili di modificare la struttura dell’ente e, perciò esorbitanti (e contrastanti con) l’oggetto sociale (Cass. 1987/5353; 1994/2430; cfr.

anche 1997/2674).

7.1. La Corte di appello di Napoli, nell’affermare che, nella fattispecie in esame, gli atti di alienazione compiuti, in quanto concorrevano univocamente a realizzare gli scopi sociali, rientravano nell’oggetto sociale (riguardante l’attività di gestione ed amministrazione di autorimesse e di acquisto e vendita di immobili, suoli o fabbricati di proprietà sociale) e dovevano pertanto essere considerati come atti di ordinaria amministrazione, si è uniformata al principio in precedenza enunciato, espressamente richiamato nella motivazione della sentenza impugnata. La ricorrente ha censurato la sentenza di appello, affermando che la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione nell’ambito societario operata dal giudice di merito non poteva trovare applicazione nel caso di specie, “in forza delle limitazioni contrattuali indicate dai soci all’atto della costituzione della società” e, in particolare, della clausola contenuta nell’art. 12 dello statuto sociale, secondo la quale l’organo amministrativo della s.r.l. Cavalieri ha facoltà di compiere solo gli atti di ordinaria amministrazione, nessuno escluso o eccettuato e che, secondo la ricorrente, avrebbe introdotto una espressa limitazione dei poteri dell’amministratore, ai sensi dell’art. 2384 c.c., nel senso che detti poteri, pur nell’ambito degli atti rientranti nell’oggetto sociale, incontravano un’ulteriore limitazione, costituita dalla possibilità del compimento soltanto di atti di ordinaria amministrazione.

7.2. L’interpretazione fornita dalla ricorrente va tuttavia disattesa, proprio perchè si pone in contrasto con il principio sopra enunciato. Infatti, considerato che i poteri dell’amministratore di una società sono già limitati agli atti di ordinaria amministrazione, intesi come tutti quelli rientranti nell’oggetto sociale, non avrebbe senso logico e giuridico una clausola statutaria che, sempre con riferimento agli atti ricompresi nell’oggetto sociale e quindi da considerarsi come atti di ordinaria amministrazione, introducesse una ulteriore limitazione al compimento soltanto degli atti di ordinaria amministrazione.

Appare pertanto conforme a criteri di logica giuridica e coerente con i principi in tema di poteri degli amministratori, l’interpretazione fornita dalla Corte di appello, secondo cui la clausola prevista dall’art. 12 dello statuto sociale, che limita il potere degli amministratori al compimento dei soli atti di ordinaria amministrazione, riguarda esclusivamente gli atti estranei all’oggetto sociale.

7.3. Cosi argomentando – e diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente – non si determina una illegittima estensione dei poteri dell’amministratore anche agli atti estranei all’oggetto sociale, nè può configurarsi l’invalidità della clausola in questione, in quanto elusiva delle norme dettate dal codice civile in tema di oggetto sociale. Infatti, in tema di società di capitali, l’eccedenza dell’atto rispetto ai limiti dell’oggetto sociale, ovvero il suo compimento al di fuori dei poteri conferiti, non integra un’ipotesi di nullità dell’atto, ma, al più, di inefficacia e di opponibilità nei rapporti con i terzi; e posto che è rimesso alla società, e solo ad essa, di respingere gli effetti dell’atto, deve correlativamente essere riconosciuto alla società il potere di assumere “ex tunc” quegli effetti, attraverso la ratifica, ovvero di farli preventivamente propri, attraverso una delibera autorizzativa, capace di rimuovere i limiti del potere rappresentativo dell’amministratore (Cass. 2004/17678; 2008/9905; cfr. Cass. 2004/22669). Di conseguenza, proprio perchè l’atto estraneo all’oggetto sociale non è nullo, ma meramente inefficace e suscettibile di ratifica o di delibera autorizzativa da parte della società secondo le regole della rappresentanza (Cass. 2006/26325), non può neppure configurarsi la nullità, per violazione o elusione di norme imperative, di una clausola statutaria che, con riferimento all’eventuale compimento di atti estranei all’oggetto sociale, circoscriva i poteri dell’organo amministrativo agli atti di ordinaria amministrazione.

7.4. Alla stregua delle considerazioni che precedono, non sussistono neppure gli estremi della violazione, da parte della Corte di merito, delle norme di ermeneutica contrattuale indicate dalla ricorrente e i prospetttati vizi di motivazione della sentenza impugnata, con riferimento alla valutazione in concreto, come atti di ordinaria amministrazione, degli atti di disposizione posti in essere dal R. ed alla interpretazione fornita dai giudici di appello della clausola prevista dall’art. 12 dello statuto sociale. Tale interpretazione, infatti, oltre ad essere sorretta, come già rilevato, da una congrua motivazione ispirata a criteri di logica, consequenzialità e ragionevolezza, è coerente – alla luce dei principi che disciplinano la determinazione dei poteri attribuiti agli amministratori delle società e il regime degli atti estranei all’oggetto sociale – con il significato letterale della citata clausola e con la comune intenzione e il ragionevole affidamento dei soci, anche in relazione allo specifico contenuto dell’oggetto sociale della società Cavalieri.

Rileva infine il collegio che la deduzione da parte della ricorrente di ulteriori violazioni dei canoni ermeneutici si risolve nella mera prospettazione, non consentita nel giudizio di legittimità, di una diversa interpretazione, ritenuta preferibile, della clausola statuaria in esame e che la qualificazione degli atti di disposizione compiuti dal R. come atti straordinaria amministrazione, estranei all’oggetto sociale, si configura come inammissibile censura di merito ad un apprezzamento di fatto compiuto dai giudici di appello e sorretto da adeguata motivazione, immune da vizi logici.

8. Rimane assorbito il quinto motivo di ricorso, in quanto, una volta accertato che gli atti di disposizione compiuti dal R. sono attinenti, e non già estranei, all’oggetto sociale, resta priva di rilevanza, al fine di decidere, la circostanza che sia intervenuta o meno, da parte dell’assemblea dei soci, la ratifica dell’operato dell’amministratore.

E’ infine inammissibile il sesto ed ultimo motivo, avendo comunque la Corte di appello accertato, attraverso l’interpretazione dello statuto (per quanto riguarda la determinazione dell’oggetto sociale e dei poteri dell’organo amministrativo della società) e la valutazione del contenuto degli atti di disposizione compiuto dall’amministratore, l’attinenza di tali atti di disposizioni all’oggetto della società e non essendo le circostanze dedotte dalla ricorrente idonee a provare con certezza la estraneità agli scopi societari degli atti di disposizione medesimi, cadendo pertanto il dedotto vizio di motivazione su di un punto non decisivo della controversia (Cass. 2006/3075; 2007/11457; 2009/4369).

9. Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso e le spese processuali, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano per ciascuna di loro in Euro 3.700,00,00, di cui Euro 3.500,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2010

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