Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5150 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 07/12/2016, dep.28/02/2017),  n. 5150

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2790-2011 proposto da:

C.F., elettivamente CIRCONVALLAZIONE CLODIA 5,

dell’avvocato GIUSEPPE MARIA MASULLO, rappresentata e difesa

dall’avvocato LEONARDO BIAGI giusta delega in calce;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI LIVORNO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 92/2009 della COMM. TRIB. REG. della TOSCANA

SEZ. DIST. di LIVORNO, depositata l’11/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/12/2016 dal Consigliere Dott. TRICOMI LAURA;

udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL

CORE SERGIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con ricorso per cassazione fondato su quattro motivi C.F., esercente un’attività commerciale nel settore dell’abbigliamento, impugna la sentenza n. 92/14/09 della Commissione Tributaria Regionale della Toscana, sezione distaccata di Livorno, depositata l’11.12.2009 e non notificata, con la quale, respinto l’appello della contribuente, è stata confermata la prima decisione che aveva ritenuto legittimo l’avviso di accertamento n. R5P010900087/05 per IVA, IRPEF ed IRAP relativo all’anno di imposta 2002, con il quale erano stati accertati in via induttiva, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, lett. d) e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, maggiori ricavi mediante l’applicazione di diverse percentuali di ricarico sul costo del venduto.

2. Il giudice di appello ha affermato che nel caso in esame l’Ufficio aveva proceduto a determinare il reddito della contribuente sulla base delle informazioni fornite dalla stessa in sede di accesso, quali le distinte delle giacenze del magazzino – da cui erano emerse gravi incongruenze tra le giacenze finali dell’anno 2001 e quelle dell’anno 2002 – nonchè la circostanza che la quasi totalità degli articoli presenti nel magazzino era stata acquistata in “nero”, oltre ad altre incongruenze ed anomalie contabili che avevano legittimato l’accertamento di tipo induttivo.

Ha osservato che i maggiori ricavi erano stati determinati sulla base delle dichiarazioni rese dalla stessa contribuente in sede di accesso, con particolare riferimento alle percentuali di ricarico, e che tali dichiarazioni erano da ritenere confessione stragiudiziale idonea a fondare i risultati accertativi. Ha considerato inoltre che la contribuente non aveva supportato con concreti elementi di prova le sue difese, nè aveva redatto un inventario delle merci, che avrebbe potuto essere utilizzato per confrontare quanto risultante dalle contestazioni rese dall’Ufficio.

3. La Agenzia replica con controricorso e la contribuente deposita memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il Collegio ha deliberato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.

2.1. Primo motivo – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 53 e della presunzione d’acquisto e cessione di beni ivi contemplata in ragione dell’omesso accertamento della presenza fisica o materiale della merce in magazzino al momento della verifica, nonchè della conforme giurisprudenza della Corte sulle relative questioni di diritto.

La ricorrente riconosce che effettivamente dall’esame dell’inventario cartaceo di merce e delle fatture d’acquisto per l’anno 2002 era emersa nelle rimanenze di fine d’anno la presenza di numerosi beni merce assenti nelle giacenze di inizio anno e nelle fatture di acquisto dell’anno, merce in ragione della quale l’Agenzia aveva presunto acquisti nero e conseguenti vendite al nero nell’anno 2002. Ciò premesso la ricorrente si duole che l’accertamento sia stato solo cartaceo, senza che l’Agenzia abbia proceduto all’inventario fisico per accertare la materiale presenza o meno della merce nei locali dell’azienda. Sostiene inoltre che l’Agenzia aveva errato nell’applicare la disciplina probatoria prevista per l’IVA, per la ricostruzione dei ricavi aziendali ai fini delle imposte dirette, laddove la stessa era insuscettibile di estensione analogica e inapplicabile direttamente.

2.2. Il motivo è inammissibile perchè censura direttamente l’operatò dell’Agenzia delle entrate, mentre il giudizio per cassazione, a critica vincola impone lo svolgimento di doglianze sulla statuizione assunta dal giudice di appello; è inoltre carente sul piano dell’autosufficienza, in quanto non trascrive alcun passo dell’avviso di accertamento, più volte richiamato.

2.1. Secondo motivo – Violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1983, art. 39, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, e del principio della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost., nonchè della conforme giurisprudenza della Corte sulle relative questioni di diritto.

La ricorrente si duole che la ricostruzione presuntiva di maggiori ricavi extracontabili non abbia tenuto conto anche dei correlativi costi, deducibili a prescindere dalla relativa contabilizzazione. Sostiene che tali costi d’acquisto extracontabili, presunti dalle distinte delle giacenze di magazzino dovevano essere ritenuti totalmente deducibili dal maggior reddito imponibile induttivamente accertato, laddove al contrario ciò non era avvenuto.

2.2. Il motivo è fondato.

Invero, in tema di accertamento delle imposte sui redditi con metodo induttivo l’Amministrazione finanziaria deve procedere alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente tenendo conto anche delle componenti negative del reddito, a condizione però che esse siano state dimostrate dal contribuente, o che risultino in altro modo dagli accertamenti compiuti (cfr. Cass. nn. 1166/2012, 25317/2014). La CTR non si è attenuta a tale principio e la decisione va sul punto cassata.

3.1. Terzo motivo – Omessa, carente, insufficiente pronuncia e/o motivazione sulla fondatezza nel merito dell’accertamento dell’obbligazione tributaria, con violazione del principio secondo il quale il giudice tributario è giudice non solo della legittimità dell’atto, ma anche del merito ed è tenuto a pronunciarsi anche sulla quantificazione del reddito.

La ricorrente censura che la CTR non si sia spinta nell’esame e nella valutazione delle presunzioni fondate sul dettaglio delle rimanenze e dei presunti acquisti nero e sul loro riflesso ai fini del reddito non solo in termini di maggiori ricavi, ma anche di maggiori costi.

3.2. Quarto motivo – Omessa pronuncia e/o motivazione inesistente, incongruente, insufficiente, erronea, illogica e contraddittoria, riguardo un fatto controverso decisivo del giudizio, ovvero sulla legittimità, idoneità e congruità e coerenza della prova presuntiva portata dall’Ufficio a sostegno dell’accertamento induttivo emesso, quindi di quella concreta contraria viceversa illustrata dalla ricorrente e del tutto ignorata dal giudice d’appello, nonchè la legittima distribuzione dell’onere della prova, in violazione – falsa applicazione tra l’altro del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, artt. 2729, 2727 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 112 c.p.c. e della conforme giurisprudenza della Corte.

3.3. I motivi terzo e quarto sono inammissibili per plurime ragioni e vanno respinti.

3.4. Sono infatti generici e privi di concreti riferimenti ai fatti controversi, oltre che carenti sul piano dell’autosufficienza in quanto non recano la trascrizione dell’avviso nei passi principali, conferenti alle censure; inoltre non colgono la ratio decidendi fondata anche sul mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sulla contribuente. In proposito, con riferimento alla rilevanza delle dichiarazioni rese dalla contribuente nel corso della verifica, ricordando che questa Corte ha già affermato che la partecipazione del contribuente alle operazioni di verifica senza contestazioni, pur in mancanza di un’approvazione espressa, equivale sostanzialmente ad accettazione delle operazioni stesse e dei loro risultati, attesa la facoltà e l’onere di formulare immediatamente il proprio dissenso (Cass. nn. 15851/2016, 1286/2004), va a maggior ragione confermata la sostanziale natura confessoria delle dichiarazioni rese dalla contribuente in sede di accesso e la loro idoneità a fondare l’accertamento.

4.1. In conclusione il ricorso va accolto sul secondo motivo, inammissibili i motivi primo, terzo e quarto: la sentenza impugnata va cassata e, non potendo essere decisa nel merito la controversia, va rinviata alla CTR della Toscana in altra composizione per il compiuto riesame e per la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte di cassazione, accoglie il ricorso sul secondo motivo, inammissibili i motivi primo, terzo e quarto; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Toscana in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 7 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2017

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