Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5149 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. I, 03/03/2011, (ud. 07/02/2011, dep. 03/03/2011), n.5149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

V.A.G. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presse la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MARRA ALFONSO LUIGI,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;

– intimato –

avverSo il decreto della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositato il

08/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

07/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

DESTRO Carlo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 2008, V.A.G. adiva la Corte di appello di Napoli chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondergli l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con Decreto del 16.05 – 8.10.2008, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, condannava il Ministero dell’Economia e delle Finanze a pagare all’istante la somma di Euro 3.600,00 oltre interessi legali, a titolo di equo indennizzo del danno non patrimoniale, nonchè, data la soccombenza, le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 850,00 (di cui Euro 390,00 per diritti ed Euro 460,00 per onorari) oltre alle spese generali ed agli accessori di legge, spese distratte in favore del difensore antistatario. La Corte osservava e riteneva, tra l’altro:

– che il V. aveva chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo amministrativo in tema di differenze retributive, introdotto nel novembre del 2000, dinanzi al TAR Campania, ed ancora pendente in primo grado;

– che la durata ragionevole del primo grado di detto processo amministrativo poteva essere fissata in anni tre;

– che per il periodo d’irragionevole ritardo di definizione, il chiesto indennizzo del danno morale poteva essere liquidato nella misura di Euro 3.600,00, tenuto conto del comportamento dell’istante (mancata presentazione istanza di prelievo), della natura seriale del giudizio e degli interessi in gioco, senza che fosse dovuta alcuna maggiorazione, atteso il tipo di procedura.

Avverso questo decreto il V. ha proposto ricorso per Cassazione, notificato il 9.07.2009. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Riassuntivamente, con il ricorso il V. denuncia violazioni di legge e vizi motivazionali e chiede l’annullamento del decreto impugnato, in applicazione delle rubricate disposizioni normative e dei relativi principi giurisprudenziali anche sovranazionali, riferiti sia (mot da 1 a 8) ai criteri di liquidazione del danno morale, che conclusivamente assume essergli dovuto nella misura di Euro 125 per ciascuno degli 86 mesi di protrazione del processo, con integrazione del bonus di Euro 2.000,00 e sia (motivi 9 e 10) alle liquidate spese processuali, che si assume immotivatamente ridotte rispetto alla depositata nota spese.

Il ricorso non merita favorevole apprezzamento.

Inammissibili si rivela il primo motivo del ricorso, per genericità del relativo quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla fattispecie concreta. Del pari privi di pregio sono:

– il secondo, il terzo e parte del quarto motivo del ricorso, giacchè nel caso in disamina la Corte di merito ha legittimamente non correlato l’indennizzo alla durata dell’intero processo, posto che la legge nazionale L. n. 89 del 2001, (art. 2 comma 3, lett. a), con una chiara scelta di tecnica liquidatoria non incoerente con le finalità sottese all’art. 6 della CEDU, impone di riferire il ristoro al solo periodo di durata eccedente il ragionevole (cfr. tra le altre, Cass. 200508568; 200608714; 200723844; 200803716) parte del quarto, il quinto ed il sesto motivo del ricorso, per genericità del quesito e del motivo, giacchè la Corte ha puntualmente ed ineccepibilmente esposto le ragioni del discostamento peggiorativo dal parametro indennitario minimo CEDU, che il ricorrente non avversa specificamente – i settimo e l’ottavo motivo del ricorso, inerenti alla mancata attribuzione del bonus di Euro 2.000,00, il quale presuppone casi di particolare gravità del danno in relazione alla posta in gioco, nella specie non specificamente dedotti nè altrimenti evincibili (in tema cfr cass. 20086808; 200917684;

200922869; 201001893; 201019054);

– il nono ed il decimo motivo del ricorso, inerenti alla statuizione sulle spese processuali, liquidate in favore del V. in complessivi Euro 850,00, di cui Euro 390,00 per diritti ed Euro 460,00 per onorari, dal momento che l’attuata quantificazione, apparentemente anche in linea con i criteri applicabili nella specie e con le attività ordinariamente implicate, risulta solo genericamente avversata, anche con riguardo alla asserita immotivata riduzione delle voci esposte nella nota spese, doglianza che non è stata accompagnata nè dalla trascrizione di tale nota, essendo riportati nel ricorso solo schemi tariffari generali, nè dalla indicazione degli estremi anche temporali di relativo deposito nel pregresso grado, nè dalla precisazione delle in tesi apportate riduzioni (in tema, cfr. cass. 200905894 in motivazione).

Non deve farsi luogo a pronuncia sulle spese atteso l’esito della controversia ed il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’Amministrazione intimata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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