Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5148 del 25/02/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 28/01/2021, dep. 25/02/2021), n.5148

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Maria Margherita – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28128-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA N. 29, presso lo studio dell’avvocato GIANNICO

GIUSEPPINA, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati

CALIULO LUIGI, PREDEN SERGIO, PATTERI ANTONELLA;

– ricorrente –

contro

S.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VALSAVARANCHE, 46 SC.D, presso lo studio dell’avvocato CORRADI

MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato PARSI ELENA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 87/2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 20/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 28/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

S.P.G. aveva chiesto al Tribunale di Verbania che fosse accertato il proprio diritto alla trasformazione della pensione d’inabilità ordinaria, in godimento dal 2003, in pensione di vecchiaia anticipata ai sensi del D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 1, assumendo di essere invalido in misura superiore all’80%, di possedere i requisiti contributivi e di aver compiuto i sessanta anni di età alla detta data; ha chiesto quindi che l’Inps fosse condannato a corrispondergli il trattamento pensionistico al compimento del sessantesimo anno di età (20 gennaio 2011), al fine di recuperare i ratei arretrati a lui asseritamente dovuti;

il Tribunale aveva rigettato la domanda, rilevando l’incompatibilità tra l’assegno ordinario di invalidità di cui alla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10 e la pensione d’inabilità, sostitutivo, quest’ultimo, di qualsivoglia reddito da lavoro o pensionistico e, segnatamente, della pensione di vecchiaia;

la Corte d’appello di Torino, adita dal S., ha riformato la sentenza di prime cure, richiamando il consolidato orientamento con cui questa Corte (Sez. Un. 8433 e n. 9492 del 2004) ha ammesso la legittimità della trasformazione dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia in ragione del fatto che le due forme pensionistiche tutelano il medesimo rischio, ossia la perdita della capacità di lavoro e mirano a sopperire ad identiche esigenze sociali di protezione dello stato di bisogno;

la cassazione della sentenza è domandata dall’Inps sulla base di due motivi;

S.P.G. ha resistito con tempestivo controricorso, illustrato da successiva memoria;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

si esaminano preliminarmente le eccezioni dell’odierno controricorrente con cui sono dedotte l’inammissibilità del ricorso per intervenuta decadenza ai sensi degli artt. 325 e 326 c.p.c., e l’invalidità della procura speciale, atteso che la notifica della sentenza d’appello è stata eseguita presso l’Ufficio legale della sede territoriale dell’Inps di Gravellona Toce, presso il procuratore costituito Avv. P.F., difensore della parte nel secondo grado di giudizio; il controricorrente sostiene che la notifica dell’atto all’Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, presso il difensore sarebbe idonea a far decorrere il termine breve per l’impugnazione, equivalendo, la stessa, alla notificazione effettuata direttamente al procuratore costituito a norma dell’art. 170 c.p.c., e che la stessa soddisferebbe l’esigenza di conoscenza dell’atto in capo al soggetto professionalmente qualificato a valutare e porre in essere gli atti di resistenza e di difesa conseguenti;

tali eccezioni vanno disattese;

secondo il supremo insegnamento espresso dalle Sezioni Unite, la circostanza eccepita dalla difesa di S.P.G. non è idonea ad azionare l’effetto acceleratorio auspicato;

come ha sancito una recente pronuncia, infatti, “A garanzia del diritto di difesa della parte destinataria della notifica in ragione della competenza tecnica del destinatario nella valutazione dell’opportunità della condotta processuale più conveniente da porre in essere ed in relazione agli effetti decadenziali derivanti dall’inosservanza del termine breve di impugnazione, la notifica della sentenza finalizzata alla decorrenza di quest’ultimo, ove la legge non ne fissi la decorrenza diversamente o solo dalla comunicazione a cura della cancelleria, deve essere in modo univoco rivolta a tale fine acceleratorio e percepibile come tale dal destinatario, sicchè essa va eseguita nei confronti del procuratore della parte o della parte presso il suo procuratore, nel domicilio eletto o nella residenza dichiarata; di conseguenza, la notifica alla parte, senza espressa menzione – nella relata di notificazione – del suo procuratore quale destinatario anche solo presso il quale quella è eseguita, non è idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione, neppure se eseguita in luogo che sia al contempo sede di una pubblica amministrazione, sede della sua avvocatura interna e domicilio eletto per il giudizio, non potendo surrogarsi l’omessa indicazione della direzione della notifica al difensore con la circostanza che il suo nominativo risulti dall’epigrafe della sentenza notificata, per il carattere neutro o non significativo di tale sola circostanza (Sez. Un. 20866 del 2020);

venendo all’esame del ricorso, col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Inps denuncia “Violazione e falsa applicazione della L. n. 222 del 1984, artt. 1 e 2, nonchè del D.Lgs. n. 503 del 1992,art. 2”; il ricorrente prospetta la necessità della verifica della sussistenza dei requisiti anagrafici e contributivi in capo al S., in sostanza contestando la statuizione di decorrenza del diritto alla pensione di vecchiaia, riconosciuta a far data dal 2011, anzichè dal 2016, data di presentazione della domanda amrffinistrativa;

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, contesta “Violazione del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 12, convertito nella L. 30 luglio 2010 n. 122”, propugnando un’interpretazione letterale della normativa che, nel richiamare le pensioni di vecchiaia e fissare, rispetto ad esse, le relative “finestre” di pensionamento, non distingue le pensioni anticipate, mentre il riferimento delle finestre alle regole proprie degli “specifici ordinamenti” dovrebbe essere inteso come inerente anche il regime della pensione anticipata per gli invalidi;

il primo motivo merita accoglimento;

quanto alla decorrenza del diritto, la giurisprudenza di questa Corte ritiene che in caso di trasformazione di un tipo pensionistico in un altro, il mutamento non avviene per effetto automatico, all’atto del compimento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti per la pensione di vecchiaia, ma è necessario che l’interessato presenti domanda amministrativa, e, in caso di verifica positiva circa il possesso dei requisiti, il diritto alla pensione di vecchiaia decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della domanda di trasformazione del titolo (cfr., ex multis, Cass.n. 844 del 2018);

la questione della decorrenza dei requisiti anagrafico e contributivo in caso di domanda di trasformazione è ammissibilmente proposta dall’istituto ricorrente in questa sede, in quanto la stessa inerisce pienamente al thema decidendum, e pertanto, configurandosi quale mera difesa e non quale eccezione in senso stretto, è proponibile in ogni stato e grado del giudizio;

anche il secondo motivo è fondato;

sul punto oggetto di contestazione il Collegio ritiene di dover dare continuità al principio di diritto già affermato in plurimi arresti, in base al quale anche le pensioni di vecchiaia anticipata per invalidità devono essere considerate incluse nel meccanismo delle cd. finestre mobili di cui al D.L. n. 78 del 2010, art. 12, conv. con modif. dalla L. n. 122 del 2010 (ex plurimis, cfr. Cass. n. 29191 e n. 32591 del 2018, Cass. n. 31001 del 2019 seguita da Cass. 26 agosto 2020, n. 17796);

questa Corte ha, in particolare, affermato che “In tema di pensione di vecchiaia anticipata, di cui alla L. n. 503 del 1992, art. 1, comma 8, il regime delle cd. ” finestre” previsto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 12 (conv., con modif. in L. n. 122 del 2010) si applica anche agli invalidi in misura non inferiore all’ottanta per cento, come si desume dal chiaro tenore testuale della norma, che individua in modo ampio l’ambito soggettivo di riferimento per lo slittamento di un anno dell’accesso alla pensione di vecchiaia, esteso non solo ai soggetti che, a decorrere dall’anno 2011, maturano il diritto a sessantacinque anni per gli uomini e a sessanta anni per le donne, ma anche a tutti i soggetti che “negli altri casi” maturano il diritto all’accesso al pensionamento di vecchiaia “alle età previste dagli specifici ordinamenti””; l’ampiezza del dato normativo induce ritenere che in essa vi rientrino anche i soggetti che, essendo “invalidi in misura non inferiore all’80%”, hanno diritto alla pensione di vecchiaia anticipata secondo la disciplina dettata dal D.Lgs. n. 502 del 1993, art. 1 in relazione allo stesso settore privato;

in definitiva, il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, la quale statuirà anche sulle spese del giudizio di legittimità;

in considerazione dell’accoglimento del ricorso, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata, e rinvia la causa alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 28 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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