Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5147 del 03/03/2011

Cassazione civile sez. I, 03/03/2011, (ud. 17/01/2011, dep. 03/03/2011), n.5147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – rel. Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.G. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, P. ZA BARBERINI 52, presso l’avvocato GOLINO VINCENZO,

rappresentato e difeso dall’avvocato SEGOLONI ANNALISA, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

TODINI COSTRUZIONI GENERALI S.P.A. (C.F. (OMISSIS)), nella

qualità di mandataria dell’Associazione Temporanea di Imprese Todini

Costruzioni Generali S.p.a. – G.L.I.COS. S.R.L. – Litoide S.r.l., in

persona dell’Amministratore Delegato pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 32, presso l’avvocato MELUCCO

ANDREA, rappresentata e difesa dall’avvocato FERRETTI LUIGI, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

ANAS – ENTE NAZIONALE DEL LAVORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 383/2004 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA,

depositata il 10/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/01/2011 dal Consigliere Dott. RENATO BERNABAI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 22 Aprile 1999 il sig. S. G. conveniva dinanzi alla Corte d’appello di Perugia l’ANAS- Azienda nazionale autonoma strade e l’associazione temporanea di imprese formata dalla TODINI COSTRUZIONI GENERALI s.p.a. dalla G.LI.COS. s.r.l. e dalla LITOIDE s.r.l. per ottenere l’indennizzo, preteso nella somma di L. 520.921.000, per l’occupazione e l’espropriazione di fondi di sua proprietà, siti nel comune di Foligno, contestualmente meglio descritti.

Esponeva che la parte relitta dell’appezzamento, destinata ad attività agrituristica, aveva subito un pregiudizio per l’interruzione della continuità fisica ed economica con la porzione espropriata, la chiusura dell’ingresso de maneggio e la diminuita possibilità di sfruttamento.

Si costituivano ritualmente entrambe le convenute.

L’Anas eccepiva, in via pregiudiziale, la carenza di legittimazione passiva e, nel merito, l’adeguatezza dell’indennità offerta.

A sua volta, la Todini Costruzioni Generali s.p.a. eccepiva l’irritualità della citazione in causa dell’associazione temporanea, priva di legittimazione passiva, spettante alla sola capogruppo e, nel merito, contestava trattarsi di espropriazione parziale, data la mancanza di unità funzionale del terreno espropriato con quello residuo.

Con sentenza parziale 3 luglio 2000 la Corte d’appello di Perugia dichiarava la carenza di legittimazione passiva dell’Anas.

Nel prosieguo istruttorio, veniva espletata consulenza tecnica d’ufficio.

Con sentenza 10 dicembre 2004 la Corte d’appello di Perugia determinava l’indennità di espropriazione in Euro 8.723,44, l’indennità di occupazione in Euro 3695,23, disponendone il versamento nei modi di legge, e condannava la Todini Costruzioni Generali s.p.a., quale capogruppo dell’associazione temporanea di imprese, al risarcimento del danno subito dalla porzione residua, liquidato in Euro 54.568,88; oltre alla condanna alla rifusione delle spese di giudizio.

Motivava:

– che era indubbia l’unità economica e funzionale dell’intero fondo adibito ad azienda;

– che pertanto l’indennità doveva essere liquidata in base al criterio di cui alla L. n. 2359 del 1865, art. 40, trattandosi di terreni agricoli, secondo i parametri di calcolo di cui alla L. n. 865 del 1971;

– che il danno subito dalla porzione di terreno destinato al maneggio doveva essere liquidato in misura pari al costo dei manufatti, esclusa ogni altra voce indimostrata;

– che l’indennità per l’occupazione, durata cinque anni e ventuno giorni, andava determinata nella frazione di un dodicesimo per ogni anno di occupazione legittima.

Avverso la sentenza, notificata l’8 aprile 2005, il sig. S. G. proponeva ricorso per cassazione, notificato il 7 giugno 2005, deducendo con unico motivo la violazione della L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40 (Espropriazioni per causa di pubblica utilità) e della L. 22 ottobre 1971, n. 865, artt. 15 e 16 (Norme sull’espropriazione per pubblica utilità), nonchè la carenza di motivazione, perchè l’accertamento della natura non edificabile dell’area non appariva giustificato alla luce delle caratteristiche oggettive, tenuto conto della vocazione agrituristica e della parziale edificazione del terreno; ed inoltre, perchè l’indennità era stata liquidata sulla base di valori risalenti al 1999, anzichè alla data del decreto di esproprio: senza neppure considerare il pregiudizio subito dall’azienda agricola per effetto dello smembramento dei terreni su cui insisteva e della perdita di pregio paesaggistico, oltre che dell’inquinamento subito dalla porzione relitta.

Resisteva con controricorso, illustrato con successiva memoria la Todini Costruzioni Generali s.p.a.

All’udienza del 17 Gennaio 2011 il Procuratore generale precisava le conclusioni come da verbale, in epigrafe riportate.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso, che accomuna in un motivo formalmente unico un coacervo di censure distinte, è infondato.

La natura agricola del terreno è stata data, in sentenza, come incontestata. E del resto, anche a prescindere dal carattere assertivo e generico della censura mossa al predetto accertamento, il riferimento all’attività di agriturismo contenuta nello stesso ricorso conferma indirettamente l’esattezza della qualificazione.

In tema di espropriazione per pubblica utilità, i suoli non edificatori, benchè suscettibili di utilizzazione diversa da quella strettamente agricola – come ad esempio l’agriturismo – devono essere valutati secondo parametri omogenei a quelli utilizzati per i terreni agricoli, non potendosi più legittimamente affermare l’esistenza, nell’ordinamento, di un tertium genus, oltre quello delle aree edificabili e di quelle agricole (Corte costituzionale 23 luglio 1997, n. 261): alle quali ultime devono essere equiparati, ai fini indennitari, i fondi che, pur presentando caratteristiche o attitudini diverse da quelle agricole, non risultino edificatori in senso stretto (Cass., sez. 1, 9 luglio 1999, n. 7200).

Nell’ipotesi di espropriazione parziale, qualora risulti impedito l’ulteriore svolgimento di un’impresa che utilizzava l’immobile espropriato per l’esercizio della propria attività, la determinazione dell’indennità deve essere effettuata secondo il criterio dettato dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 40 (“…

differenza tra il giusto prezzo che avrebbe avuto l’immobile avanti l’occupazione e il giusto prezzo che potrà avere la residua parte di essa dopo l’occupazione”), senza che abbia rilievo il reale pregiudizio rappresentato dall’impossibilità di proseguire la precedente attività imprenditoriale. L’espropriazione di un’area agricola non si estende, infatti, al diritto dell’imprenditore sui beni utilizzati per l’esercizio dell’impresa, nè all’azienda organizzata; e la relativa indennità non può quindi superare, in nessun caso, il valore determinabile con l’applicazione del criterio legale (Cass., sez. 1, 6 aprile 2009 n. 8229; Cass., sez. 1, 31 gennaio 2008, n. 2424).

Infine, in caso d’espropriazione parziale, la diminuzione di valore subito dalla porzione relitta del fondo è indennizzabile solo quando sussista un rapporto immediato e diretto tra la parziale ablazione e il danno. Non anche, allorchè il deprezzamento sia dovuto a limitazioni legali della proprietà: come ad esempio, per perdite di visuali, maggiore rumorosità, inquinamento atmosferico o acustico che non superino la normale tollerabilità (Cass., sez. 1, 8 febbraio 2006, n. 2810).

La sentenza impugnata ha fatto corretta ed argomentata applicazione dei principi suesposti, onde va esente dalle censure mossele.

Sotto il residuo profilo della carenza di motivazione della data di riferimento della determinazione dell’indennità di esproprio, si deve aggiungere che dal testo non risulta che questa sia stata operata ai valori dell’anno 1999, come denunziato dal ricorrente.

Al contrario, la decorrenza degli interessi legali sulla somma a partire dal 7 agosto 2001 (data del decreto di esproprio) lascia presumere l’omogeneità della stima con la datazione indicata. Nè si può procedere, in questa sede, ad un riesame del merito della liquidazione, mediante riscontro diretto di atti istruttori, quale la consulenza tecnica d’ufficio.

Il ricorso è dunque infondato va respinto; con la conseguente condanna alla diffusione delle spese processuali, liquidate con un dispositivo, sulla base del valore della causa e del numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre le spese generali e gli accessori di legge Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 3 marzo 2011

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