Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5141 del 28/02/2017

Cassazione civile, sez. trib., 28/02/2017, (ud. 30/11/2016, dep.28/02/2017),  n. 5141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 119-2009 proposto da:

ETA RO LAVORAZIONE CARTA IN ROTOLI SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA

POLONIA 7, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO PETRUCCI, che lo

rappresenta e difende con procura ricorso a mente dell’art. 83

c.p.c., comma 3;

– ricorrente –

contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro pro tempore,

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 178/2007 della COMM.TRIB.REG. del LAZIO,

depositata il 13/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/11/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE LOCATELLI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PETRUCCI che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per i controricorrenti l’Avvocato URBANI NERI che si riporta

agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

A seguito di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza del 21.11.2003, l’Agenzia delle Entrate di Roma emetteva nei confronti della società Eta-Ro Lavorazione carta da rotoli spa un avviso di accertamento, relativo all’anno di imposta 2002, contenente due recuperi a tassazione ai fini Irpeg ed Irap: con riferimento alla somma di Euro 64.120,82, corrisposta dalla società ai soci unici A.A. ed A.S. a titolo di diritti (royalties) per lo sfruttamento del brevetto di produzione e stampa dei biglietti autostradali, l’Ufficio osservava che la licenza per lo sfruttamento del brevetto, avente durata ventennale, era scaduta in data 31.7.2002; pertanto le somme corrisposte dal 31 luglio al 31 dicembre 2002 non erano più giustificate dal pagamento dei diritti di brevetto, ma dovevano qualificarsi come utili distribuiti ai soci; con riferimento alla somma di Euro 17.794 per spese di viaggio sostenute dal Presidente del Consiglio di Amministrazione, l’Ufficio ne contestava l’indeducibilità per inidoneità della documentazione e carenza del requisito della inerenza.

La società proponeva ricorso alla Commissione tributaria provinciale di Roma che lo accoglieva parzialmente con sentenza n. 58 del 2006, annullando la ripresa dei costi non inerenti relativi al pagamento delle royalties.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la società si costituiva proponendo appello incidentale. La Commissione tributaria regionale del Lazio con sentenza del 13.11.2007 accoglieva l’appello principale dell’Ufficio, osservando che la società non aveva fornito elementi di prova in ordine alla esistenza di un ulteriore contratto giustificativo del pagamento delle somme, effettuate a favore dei soci, a titolo di trasferimento di conoscenze tecniche per la produzione dei biglietti autostradali; rigettava l’appello incidentale della società.

Contro la sentenza di appello la società propone ricorso per cassazione formulando undici motivi di impugnazione: 1) violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale non ha rilevato d’ufficio l’inammissibilità della domanda nuova proposta dalla Agenzia nel giudizio di appello, anche in assenza di una eccezione in tal senso formulata dalla società appellata; 2) violazione delle medesime norme indicate nel primo motivo, ma con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; 3) violazione dell’art. 115 c.p.c. e dell’istituto del notorio ai sensi dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui ha ipotizzato la non necessità di ulteriori cognizioni da trasferire con apposito contratto dopo che la società aveva utilizzato il brevetto per un periodo di anni venti; 4) violazione delle medesime norme di cui al motivo precedente, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; 5) violazione degli artt. 1321, 1322, 1326, 1346, 1362 e 1363, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; 6)motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; 7) motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; 8) violazione degli artt. 1350 e 2725 c.c. nonchè del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 1321, 1322, 1326, 1346, 1362, 1371, 1372, 2697, nonchè dell’art. 75, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nella parte in cui non ha ritenuto opponibile alla Amministrazione finanziaria il contratto di trasferimento di competenze tecniche (“know how”) in quanto non redatto in forma scritta; 9) motivazione insufficiente circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella parte in cui ha ritenuto la non opponibilità alla Amministrazione finanziaria del contratto di trasferimento delle informazioni tecniche; 10) violazione della L. n. 289 del 2002, art. 12 nella parte in cui ha ritenuto che il condono previsto dalla citata norma non sia consentito in forma solo parziale; subordinatamente solleva questione di legittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 15 se interpretato nel senso di escludere la possibilità di un condono parziale; 11) mancato esame di documenti decisivi ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 con riguardo ai documenti inerenti le spese di trasferta depositati nel giudizio di appello. Deposita memoria illustrativa. Formula istanza di discussione congiunta del presente ricorso con quello n. 13970/2013.

L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere rigettato.

1. Il primo motivo è infondato. Con la proposizione dell’atto di appello l’Agenzia delle Entrate non ha introdotto alcuna domanda od eccezione nuova, inammissibili a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, ma ha ribadito la fondatezza del proprio atto impositivo allegando l’inesistenza di negozi giuridici validi ed efficaci, idonei a giustificare il trasferimento di somme dalla società ai soci anche dopo la scadenza dei diritti di brevetto, svolgendo sul punto argomentazioni critiche alle motivazioni della sentenza ad essa sfavorevole pronunciata dalla Commissione tributaria provinciale. In proposito deve ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte, secondo cui il divieto di nuove eccezioni in appello, previsto per il giudizio tributario dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57, si riferisce esclusivamente alle eccezioni in senso stretto o proprio, rappresentate da quelle ragioni sulle quali il giudice non può esprimersi se manchi l’allegazione ad opera delle parti, con la richiesta di pronunciarsi al riguardo. Detto divieto non può mai riguardare i fatti e le argomentazioni posti dalle parti medesime a fondamento della domanda, che costituiscono oggetto di accertamento, esame e valutazione da parte del giudice di secondo grado, il quale, per effetto dell’impugnazione, deve a sua volta pronunciarsi sulla domanda accolta dal primo giudice, riesaminando perciò fatti, allegazioni probatorie e argomentazioni giuridiche che rilevino per la decisione. (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 6391 del 13/03/2013, Rv. 625589).

2. Il secondo motivo è inammissibile. Con esso la ricorrente non articola una autonoma censura, riferibile al vizio di motivazione, ma opera dichiaratamente un mero rinvio al primo motivo “per l’ipotesi che la Corte ritenga che la censura vada inquadrata nell’ambito del n. 3”. Ne consegue l’inammissibilità dell’esame della censura costituente mera diversa intitolazione del precedente motivo di ricorso con il quale è stato dedotto, infondatamente, un vizio del procedimento per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57.

3. Il terzo e quarto motivo sono inammissibili per inidoneità del quesiti, che consistono in una ricostruzione fattuale diversa da quella ritenuta dalla Commissione tributaria regionale, di per sè estranea all’ambito di cognizione del giudizio di legittimità.

4. Il quinto, sesto e settimo motivo sono inammissibili. Con essi la ricorrente non sottopone all’esame della Corte questioni di diritto e neppure denuncia vizi logici o carenza della motivazione, bensì propone una diversa interpretazione in fatto degli accordi contrattuali intercorsi tra società e soci, attività riservata al giudice di merito. In proposito deve ribadirsi il principio che l’attività ermeneutica diretta alla ricostruzione della comune volontà dei contraenti, si sostanzia in un accertamento in fatto, come tale riservato al giudice di merito e sindacabile in cassazione solo sotto il profilo del difetto di motivazione o della violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale. ((Sez. 3, Sentenza n. 12289 del 05/07/2004, Rv. 574146).

5. L’ottavo e nono motivo sono inammissibile perchè irrilevanti. L’argomentazione principale svolta dal giudice di appello è che “la società non ha fornito elementi probanti della esistenza di un ulteriore contratto per le prestazioni di professionalità e tecniche da trasferire, insieme al brevetto, per la produzione del bene”. Solo in via subordinata (e ferma restando la prima ratio decidendi) la Commissione tributaria regionale ha aggiuntivamente osservato che, in caso di ipotetica esistenza di un ulteriore contratto, sarebbe stata necessaria la forma scritta ai fini della opponibilità dello stesso all’Amministrazione finanziaria.

6. Il decimo motivo è infondato. La L. n. 289 del 2002, art. 15 relativo al condono per le cosiddette “liti potenziali”, prevede la facoltà del contribuente di definire in forma agevolata la pretesa tributaria risultante, tra l’altro, da un processo verbale di constatazione o da un avviso di accertamento. L’assenza di una espressa previsione della facoltà di accedere alla definizione agevolata in maniera parziale, comporta che la possibilità di beneficiare del condono debba essere limitata alla sola ipotesi di definizione integrale della pretesa tributaria, dovendosi applicare il principio che le norme in materia di condono, di natura eccezionale, sono soggette alla regola della interpretazione in senso stretto(Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25238 del 08/11/2013, Rv. 629201); inoltre l’inammissibilità della definizione agevolata solo parziale risulta coerente con la ratio della norma, finalizzata alla prevenzione del contenzioso tributario.

La questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata. La dedotta violazione dell’art. 24 Cost. è esclusa dalla piena libertà di autodeterminazione del contribuente, che può optare per la definizione agevolata oppure adire la via della tutela giurisdizionale; ugualmente non è prospettabile la dedotta violazione del principio di capacità contributiva, stabilito dall’art.53 Cost., non sussistendo alcun obbligo per il contribuente di aderire ad un condono in presenza di una pretesa tributaria che egli reputi, anche solo parzialmente, ingiusta.

7. Il motivo undicesimo è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza. Il ricorrente accenna ad una “ricevuta rilasciata dalla segreteria della Commissione regionale”, relativa all’asserito deposito, nel giudizio di appello, di ulteriori documenti a giustificazione delle spese di trasferta; nello stesso tempo assume la “mancanza di un riconoscimento (seppur implicito) della P.A. che la documentazione in parola fosse stata depositata”. In tal modo la stessa ricorrente derubrica a “fatto perplesso” l’avvenuta produzione documentale (non risultante dalla sentenza, nè altrimenti dimostrata) e non assolve l’onere di indicazione puntuale del tempo e luogo di produzione della documentazioni di cui censura il mancato esame sotto il profilo del vizio di motivazione.

Non sussistono ragioni di economia processuale o di altra natura per procedere alla richiesta riunione dei ricorsi a norma dell’art. 274 c.p.c., valutata anche la eterogeneità delle ragioni addotte a sostegno dei ricorsi avverso le distinte sentenze.

Spese regolate come da dispositivo.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della Agenzia delle Entrate, liquidate in Euro 7.300 oltre eventuali spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2017

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