Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5141 del 21/02/2019
Cassazione civile sez. II, 21/02/2019, (ud. 27/09/2018, dep. 21/02/2019), n.5141
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MATERA Lina – Presidente –
Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –
Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –
Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –
Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11690/2015 proposto da:
F.M. ex lege domiciliato in Roma, p.zza Cavour presso
la Cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e difeso
dall’Avvocato Pierlorenzo Boccanera;
– ricorrente –
contro
P.B.P., ex lege domiciliato in Roma, p.zza Cavour
presso la Cancelleria della Corte di cassazione e rappresentato e
difeso dall’Avvocato Cosimo Borsci;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1047/2014 del Tribunale di Macerata,
depositata il 03/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
27/09/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.
Fatto
RILEVATO
che:
– il presente giudizio trae origine dall’opposizione al decreto ingiuntivo notificato da F.M. nei confronti di P.B.P. per la restituzione della somma mutuata di Euro 2500;
– il Giudice di pace di Macerata – davanti al quale l’opponente aveva eccepito l’infondatezza della pretesa creditoria anche in ragione dell’ uso illecito dell’assegno bancario “non trasferibile” fatto dal F., respingeva l’opposizione;
– il giudice di prime cure motivava la decisione sulla scorta della rilevanza dell’assegno bancario quale prova del rapporto causale sottostante e della conformità della trascrizione degli s.m.s. (short message service, d’ora in poi solo sms) prodotti a quelli contenuti nella scheda telefonica del F. e la cui provenienza dall’utente telefonica del P.B. non era stata contestata;
– l’ingiunto proponeva appello ribadendo le eccezioni riguardanti l’inidoneità dell’assegno a costituire prova del credito in ragione della circolazione avvenuta nonostante la clausola di non trasferibilità appostavi dal traente; inoltre contestava l’efficacia probatoria degli sms;
– il Tribunale di Macerata, quale giudice d’appello, con sentenza n. 1047/2014 pubblicata il 3/11/2014 in accoglimento del gravame, revocava il decreto ingiuntivo con condanna dell’appellato alle spese del doppio grado del giudizio;
– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da F.M. con ricorso tempestivamente notificato il 4/5/2015 ed articolato sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso P.B.P.;
– in prossimità dell’udienza il ricorrente ha depositato tempestiva memoria ex art. 380 bis c.p.c..
Diritto
CONSIDERATO
che:
– con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2712 c.c., comma 1, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per non avere il giudice d’appello riconosciuto efficacia probatoria agli sms come trascritti, sul presupposto che si trattava di documenti telematici contestati dalla parte nei cui confronti erano fatti valere;
– con il secondo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 2712,2697 c.c., art. 116 c.p.c., comma 1, ed omesso esame di un fatto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., commi 3 e 5, per non avere ritenuto che il disconoscimento della conformità delle riproduzioni del documento informatico privo della firma digitale non preclude al giudice di attribuire valenza indiziaria o presuntiva rispetto al fatto storico in esso rappresentato;
– i motivi possono essere esaminati congiuntamente perchè attengono a diversi aspetti della medesima norma applicata dal Tribunale di Macerata;
– i motivi sono infondati perchè il giudice d’appello ha correttamente applicato l’art. 2712 c.c., riconducendo nell’ambito di tale disposizione, che ora ricomprende anche le riproduzioni informatiche prive di firma, il documento “sms”;
– ne consegue che anche l’efficacia probatoria degli sms è diretta emanazione del principio secondo cui essi formano piena prova dei fatti e delle cose rappresentate se colui contro il quale sono prodotti non ne disconosce la conformità ai fatti o alle cose medesime;
– tuttavia, come indicato anche dal ricorrente, il disconoscimento della loro conformità ai fatti rappresentati non ha gli stessi effetti del disconoscimento della scrittura privata, previsto dall’art. 215 c.p.c., comma 2, perchè, mentre in questo secondo caso, in mancanza di richiesta di verificazione e di esito positivo di questa, la scrittura non può essere utilizzata, nel primo, non può escludersi che il giudice possa accertare la conformità all’originale anche attraverso altri mezzi di prova comprese le presunzioni (cfr. Cass. 11445/2001);
– ciò posto), il giudice d’appello ha ritenuto decisivo il disconoscimento del contenuto delle trascrizioni degli sms fatto dal P.B. (cfr. penultimo capoverso pag. 1 della sentenza) e ritenuto che sul punto non fossero state fornite prove da parte dell’odierno ricorrente;
– si tratta, in altri termini, di un apprezzamento di merito, che seppure sommariamente motivato, è insindacabile in sede di legittimità (cfr. Cass. 17097/2010; id. 16056/2016) se non nei limiti oggi riconosciuti a seguito della riforma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, a seguito della L. n. 134 del 2012 (cfr. Cass. Sez. U. 8053/2014);
– con il terzo motivo il ricorrente deduce l’omessa pronuncia sulle reiterate istanze istruttorie (relative a testi e all’acquisizione del contenuto dei messaggi telefonici) riguardanti il rapporto giuridico da cui derivava il credito monitoriamente azionato, quale vizio motivazionale in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5;
– il motivo è infondato perchè, anche a volerlo intendere come omesso esame di un fatto storico oggetto di discussione fra le parti, l’acquisizione dei tabulati non appare decisiva avuto riguardo al tenore non univoco dei messaggi così come trascritti dall’ingiungente: in altri termini, essi sono inidonei a fornire la prova dell’asserito mutuo e della relativa obbligazione di restituzione, in conformità al pacifico orientamento giurisprudenziale;
– è principio consolidato, infatti, che l’attore che chiede la restituzione di somme date a mutuo deve provare gli elementi costitutivi della domanda e, quindi, non solo la consegna, ma anche il titolo da cui derivi l’obbligo della vantata restituzione (cfr. Cass. 24328/2017);
– non sussiste perciò il vizio di omessa pronuncia e, conclusivamente, l’esito sfavorevole di tutti i motivi giustifica il rigetto del ricorso;
– in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;
– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
PQM
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate in Euro 1500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2019