Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 514 del 12/01/2011

Cassazione civile sez. un., 12/01/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 12/01/2011), n.514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – Primo Presidente f.f. –

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –

Dott. SALME’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. AMOROSO Giovanni – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – rel. Consigliere –

Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 3260/2010 proposto da:

C.V., C.A.B., C.R.,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA OPPIDO MAMERTINA 4, presso lo

studio dell’avvocato MARINO GIORGIO – studio dell’avvocato NEGRETTI

Giandomenico, che le rappresenta e difende, per delega a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DEL DEMANIO, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 31/2009 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE ACQUE

PUBBLICHE, depositata il 12/02/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. PAOLO D’ALESSANDRO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Considerato che il Consigliere relatore, nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c., ha depositato la relazione scritta prevista dall’art. 380 bis, nei termini che di seguito si trascrivono:

” C.V., C.R. e C.A.B. propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche che ha respinto l’appello da esse proposto contro la pronuncia del Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte di appello di Roma che aveva respinto la domanda di l’accertamento della loro proprietà su una piccola area di terreno, abbandonata dalle acque del lago di (OMISSIS) per riduzione dell’alveo di questo.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia del Demanio resistono con controricorso.

Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio e rigettato, per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Con il primo motivo, pur rubricato come violazione dell’art. 2697 cod. civ., le ricorrenti invocano sostanzialmente una completa rilettura degli elementi di prova sottoposti al giudice del merito.

Il primo motivo è inammissibile, sostanziandosi nella richiesta di un’attività che non compete al giudice di legittimità.

Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano la violazione dell’art. 943 cod. civ., comma 1.

Anche il secondo motivo è inammissibile, non concludendosi con la formulazione di un quesito di diritto, come richiesto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., applicabile ratione temporis”;

che le ricorrenti hanno presentato una “memoria di replica a controricorso”;

che il collegio condivide nella sostanza la proposta del relatore, pur ritenendo che il ricorso vada dichiarato inammissibile, osservando, in particolare, quanto al primo motivo, che comunque manca il momento di sintesi; quanto al secondo, che il quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – pur volendo seguire la tesi che esso sia desumibile dalla intestazione del motivo – non può peraltro consistere nella mera indicazione delle norme che si assumono violate (SS.UU. 19811/08); che, infine, il dubbio di legittimità costituzionale della norma è manifestamente infondato, competendo sicuramente al legislatore ordinario di disciplinare le modalità di proposizione del ricorso per cassazione;

che il ricorso va conclusivamente dichiarato inammissibile, con la condanna delle, ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000,00, oltre le spese prenotate a debito.

P.Q.M.

la Corte, a Sezioni Unite, dichiara il ricorso inammissibile e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in Euro 2.000,00 oltre le spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 12 gennaio 2011

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