Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5139 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 26/02/2020), n.5139

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12442/2015 proposto da:

R.M., elettivamente domiciliato in Roma, Via Vai Di

Lanzo 79, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Iacono Quarantino,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Matteo

Attanzio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Comune Di Pollina, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Via G. Pisanelli 2, presso lo studio

dell’avvocato Daniele Ciuti, rappresentato e difeso dall’avvocato

Giuseppe Massimo Punzi, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

A.N., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Giuseppe Nobile, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 29/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 12/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

giorno 19/11/2019 dal Cons. Dott. MARCO MARULLI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.M. nella sua qualità di titolare dell’omonima impresa edile ricorre a questa Corte onde sentir cassare l’impugnata decisione d’appello, di cui alla sentenza qui in epigrafe, che respingendone il gravame, ha confermato la decisione che in primo grado aveva respinto la domanda del medesimo intesa a conseguire la condanna del Comune di Pollina – per conto del quale, in esecuzione del contratto di appalto stipulato il 25.3.1997, il R. aveva dato corso alla realizzazione di un tratto della conduttura municipale dell’acqua – al risarcimento del danno patito in conseguenza delle lavorazioni aggiuntive resesi necessarie per il malfunzionamento della condotta e consistite nella sostituzione delle tubazioni originarie, risultate, malgrado la certificazione di accompagnamento, non conformi, perchè prive di rivestimento bituminoso interno, allo stadard UNI 6363/84 previsto dal capitolato.

La Corte d’Appello ha motivato il pronunciato rigetto sul rilievo della perizia svoltasi nel giudizio penale, scaturito a seguito dell’accertata inattendibilità della certificazione di accompagnamento, in ragione della quale andava affermato, come già ravvisato dal primo giudice, che “i tubi installati dal R. per il rifacimento della rete idrica in contrada (OMISSIS), frazione (OMISSIS), non rispondevano alle prescrizioni contrattuali perchè privi, in particolare, del richiesto rivestimento e bitumatura semplice interna”.

Il mezzo azionato dal R. si vale di due motivi illustrati pure con memoria, ai quali replicano con controricorso gli intimati.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. Il ricorso – alla cui disamina non osta la pregiudiziale della c.d. “doppia conforme”, giacchè la specie in discorso non vi soggiace temporalmente e riguarderebbe semmai solo il primo motivo di ricorso – lamenta in prima istanza l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, avendo il giudicante, all’atto di respingere il gravame, “letteralmente ignorato la confessione giudiziale resa dall’Ing. N. A. (progettista e diretto dei lavori per la realizzazione dell’acquedotto in questione e capo dell’U.T.C. di Pollina”, che nell’interrogatorio deferitogli avanti all’istruttore di primo grado all’udienza del 30.11.2005, rispondendo al capo 3 del capitolato (“vero che all’atto della consegna franco cantiere, tutti i tubi forniti dalla società G. Campione s.p.a. presentavano rivestimenti bituminoso pesante esterno e bitumatura semplice interna”) aveva risposto: “E’ vero, quando l’ho visionat(i) erano così come richiesti”.

3. Il motivo non ha fondamento e la sua infondatezza, confermando il decisum deliberato dal giudice di seconde cure che, come visto, invoca a proprio conforto l’autorità della perizia, rende superflua la cognizione del secondo motivo, inteso a censurare il predetto deliberato per non aver dato seguito all’istanza di rinnovazione della CTU, che resta dunque assorbito.

Eppur vero che prese alla lettera le dichiarazioni rese dal deponente nel corso del suo interrogatorio possano giudicarsi ammissive di un fatto che, nel mentre smentisce le risultanze peritali giudicate dirimenti dai decidenti di merito, costituisce anche la riprova del fondamento che assiste almeno in senso sostanziale la pretesa attrice, dato che, attestando con la propria “confessione” che i tubi installati dal R. erano conformi a quelli “richiesti” e meglio, rispondendo preliminarmente “è vero” sulla relativa circostanza, che essi erano provvisti anche di “bitumatura semplice interna”, le dichiarazioni dell’ A. si prestano ad essere intese come una conferma del “fatto” fondante sul piano della prova, in guisa di fatto costitutivo, la pretesa attrice; onde, in questa ottica, il rimprovero che il motivo muove alla decisione impugnata non sarebbe frutto di un giudizio inappropriato, posto che, secondo l’esegesi nomofilattica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, fatto è il fatto storico primario o secondario idoneo a fondare la domanda (Cass., Sez. U, 7/04/2014, n. 8053 e n. 8054).

4. Nondimeno, è però doveroso osservare che quella resa dall’ A., ancorchè provocata a mezzo del suo interrogatorio formale, non è propriamente una confessione giudiziale come preteso dal deducente. La confessione recita l’art. 2730 c.c. “è la dichiarazione che una parte fa della verità di fatti ad essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte”.

Ora dalla dinamica processuale delle fasi di merito consta che l’ A. sia stato chiamato in giudizio a manleva dal Comune di Pollina al fine di essere dal medesimo garantito per il caso della sua soccombenza nei confronti del R., sicchè “il fatto” che egli dichiara è certo favorevole a costui, ma non è sfavorevole verso di sè, giacchè, dichiarando che i tubi installati dal R. erano conformi alle prescrizioni di capitolato ed, in particolare, che essi erano forniti di bitumatura semplice interna, le sue dichiarazioni suonano a proprio beneficio perchè privano di fondamento la pretesa indennitaria del Comune basata sul fatto, sfavorevole per sè e dall’ A. non dichiarato, che i tubi non avessero le caratteristiche richieste.

Va da sè poi, risultando sul punto il motivo non autosufficiente – le conclusioni trascritte nell’incipit della sentenza non sono significative – che essendo stato l’ A., come detto, evocato in giudizio a garanzia dal Comune, difetta in capo al medesimo, in quanto non consta che a seguito della sua intimazione il R. avesse esteso al medesimo la propria domanda di adempimento, la qualità di parte nei confronti dell’attore, e quindi anche sotto questa angolazione si ha motivo di dubitare che le dichiarazioni da lui rese costituiscano confessione giudiziale.

5. In tal modo, ricondotte nell’alveo che è loro proprio, le dichiarazioni dell’ A. recedono al giusto rango di elementi istruttori e tanto basta per ritenere che, secondo quanto ancora correntemente si precisa in margine all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’omesso esame di elementi istruttori non integra l’omesso esame del fatto indicato dalla norma ove il fatto storico – ovvero che i tubi fossero o no provvisti della bitumatura richiesta dal capitolato – sia stato comunque considerato, a nulla rilevando che il giudice non abbia fatto menzione di ogni singolo elemento istruttorio. non essendo a ciò vincolato ed essendo egli libero di scegliere le fonti del proprio convincimento secondo la regola del prudente apprezzamento.

6. Il ricorso va dunque respinto.

7. Le spese seguono la soccombenza.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Respinge il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore di ciascuno degli intimati costituitosi in Euro 5600,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.

Ove dovuto il raddoppio del contributo, ricorrono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della I sezione civile, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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