Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5137 del 25/03/2021

Cassazione civile sez. VI, 25/02/2021, (ud. 25/11/2020, dep. 25/02/2021), n.5137

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LEONE Margherita Maria – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21741-2019 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, (OMISSIS), in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA

dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati

PATRIZIA CUCCI, CLEMENTINA PULLI, MANUELA MASSA;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

GAETANO IROLLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 150/2019 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositata

il 11/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 25/11/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

il Tribunale di Napoli, decidendo in sede di cd. opposizione ad ATP, ex art. 445 c.p.c., comma 6, dichiarava P.G. persona invalida al 100% e con diritto all’indennità di accompagnamento a decorrere dal febbraio 2017;

per quanto di rilievo in questa sede, il Tribunale giudicava idonea la domanda amministrativa sia pure corredata da un certificato medico in cui era espressamente escluso che ricorressero le condizioni per beneficiare della indennità di accompagnamento (id est: che si trattasse di persona impossibilitata a deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o persona che necessitasse di assistenza continua non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita);

avverso la sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’INPS con un unico motivo, cui ha resistito P.G. con controricorso;

la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo, l’INPS – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – ha dedotto violazione e falsa applicazione della L. n. 533 del 1973, art. 7, dell’art. 2697 c.c., del D. 9 novembre 1990 del Ministero del Tesoro, artt. 1 e 2, in relazione alla L. n. 18 del 1990, del D.P.R. n. 698 del 1994, art. 1, emanato in attuazione della L. n. 537 del 1993, art. 11, del D.L. n. 78 del 2009, art. 20, convertito in L. n. 102 del 2009 e della circolare INPS n. 131 del 2009, emanata in esecuzione del D.L. n. 78 del 2009 cit., art. 20, comma 3, per avere il Tribunale dichiarato proponibile la domanda giudiziale, pur in presenza di una domanda amministrativa corredata da certificato medico con segno di spunta sulla insussistenza delle condizioni per l’indennità di accompagnamento;

il motivo è infondato;

la presentazione della domanda amministrativa costituisce un presupposto dell’azione nelle controversie previdenziali, ai sensi dell’art. 443 c.p.c.;

nella fattispecie all’esame del Collegio non è in discussione la presentazione della domanda amministrativa ma ciò di cui si discute è se il certificato medico “negativo” – con segno di spunta sull’inesistenza delle condizioni per il diritto all’indennità di accompagnamento – rilasciato su modulo predisposto dall’INPS, possa condizionare la stessa domanda amministrativa e renderla equiparabile alla mancata presentazione della stessa, con conseguente improponibilità della domanda giudiziaria per difetto del necessario presupposto processuale;

questa Corte, con sentenza n. 14412 del 2019, ha già risolto, in favore della proponibilità della domanda, l’incompleta compilazione della domanda amministrativa mancante del segno di spunta sulle condizioni per beneficiare dell’indennità di accompagnamento;

in continuità con tale arresto, nella successiva pronuncia n. 24896 del 2019, la Corte ha, poi, chiarito il profilo che qui maggiormente rileva e cioè che “l’indicazione negativa, da parte del medico curante, della sussistenza delle condizioni legittimanti l’indennità di accompagnamento non preclude l’esercizio dell’azione per il riconoscimento del beneficio preteso”;

tale orientamento, già confermato in plurimi arresti di questa sesta sezione, va ulteriormente ribadito in questa sede;

il D.L. n. 78 del 2009, convertito con modif. nella L. n. 102 del 2009, vigente all’epoca dei fatti di cui è causa, che ha modificato il sistema precedente di cui al D.P.R. n. 698 del 1994, emanato in attuazione della L. n. 537 del 1993, disciplinante il procedimento per l’accertamento sanitario dell’invalidità, stabilisce all’art. 20, comma 3, che “a decorrere dal 10 gennaio 2010 le domande volte ad ottenere i benefici in materia di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, complete della certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti, sono presentate all’INPS, secondo modalità stabilite dall’ente medesimo. L’Istituto trasmette, in tempo reale e in via telematica, le domande alle Aziende Sanitarie Locali”;

la disposizione, come affermato nei precedenti citati, attribuisce all’INPS solo l’individuazione delle modalità concrete di presentazione delle istanze, non anche l’individuazione del contenuto delle domande e ciò in coerenza con l’esclusiva prerogativa del legislatore in merito alle condizioni di accesso alla tutela assistenziale;

l’art. 111 Cost., comma 1, stabilisce una riserva di legge assoluta, in materia di giusto processo, con tale formula indicandosi l’insieme delle forme processuali necessarie per garantire, a ciascun titolare di diritti soggettivi o di interessi legittimi lesi o inattuali, la facoltà di agire e di difendersi in giudizio;

per effetto di tale previsione va escluso che l’Inps possa introdurre nuove cause di improponibilità della domanda derivanti dal mancato, inesatto, incompleto rispetto della modulistica all’uopo predisposta dall’ente previdenziale;

diversamente opinando, si realizzerebbe una sostanziale limitazione del diritto di azione, costituzionalmente garantito, dell’aspirante al riconoscimento del beneficio assistenziale;

a tali principi si è attenuta la sentenza impugnata che è dunque immune dai denunciati errori di diritto;

le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna l’INPS al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 2.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con attribuzione all’avv.to G. Irollo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento,

da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 febbraio 2021

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