Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 5131 del 26/02/2020

Cassazione civile sez. I, 26/02/2020, (ud. 15/10/2019, dep. 26/02/2020), n.5131

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23443/2015 proposto da:

Cedro Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Lo Faso Andrea, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Istituto Autonomo Case Popolari – Comprensorio di Acireale, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Piazza Adriana n. 15, presso lo studio

dell’avvocato Menichelli Marco, rappresentato e difeso dall’avvocato

Condorelli Domenico, giusta procura in calce al controricorso e

ricorso incidentale;

– controricorrente incidentale –

contro

Cedro Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro

tempore, domiciliato in Roma, P.zza Cavour, presso la Cancelleria

Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Lo Faso Andrea, giusta procura in calce al ricorso;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

C.L., P.G., Regione Siciliana Assessorato Lavori

Pubblici, R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 870/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, del

22/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/10/2019 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

L’Istituto Autonomo case popolari propose opposizione avverso tre decreti ingiuntivi emessi nei suoi confronti rispettivamente in favore dei Sigg.ri R.L., P.G. e C.L. per il pagamento della somma di Euro 11.067,192 ciascuno, a titolo di corrispettivo dovuto per le spese di collaudo dei lavori appaltati dalla Regione Siciliana alla ditta Cedro Costruzioni srl, ritenendosi estranea all’incarico di collaudo affidato direttamente dalla Regione Siciliana alla suddetta impresa costruttrice.

In corso di giudizio vennero chiamate in causa la Regione siciliana e la Cedro Costruzioni srl.

La Regione Sicilia rimase contumace mentre la società Cedro Costruzioni srl, costituendosi nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e contestando l’opposizione e la chiamata in causa, avanzò domanda riconvenzionale di pagamento nei confronti dello IACP di Euro 2.675.445.426 per maggiori costi ed oneri sopportati nell’esecuzione dell’appalto oltre i termini contrattuali come risultanti dalle trenta riserve iscritte tempestivamente.

Il Tribunale di Catania rigettò l’opposizione dello IACP avverso i tre decreti ingiuntivi e, previo espletamento di CTU, in parziale accoglimento della domanda di Cedro Costruzioni srl, condannò lo IACP a pagare all’impresa la minor somma di Euro 23.898,00.

A seguito di appello di Iacp e di Cedro Costruzioni srl,avverso la suddetta sentenza la Corte di Appello di Catania rigettò le impugnazioni e confermò la sentenza di primo grado.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania ha proposto ricorso per cassazione Cedro Costruzioni srl affidato a due motivi. lacp resiste con controricorso e ricorso incidentale affidato ad un motivo e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso principale la ricorrente Cedro Costruzioni srl denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 e 116 c.c. ed R.D. n. 350 del 1895, artt. 23 e 54 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè la Corte di Appello di Catania ha omesso di esaminare la circostanza denunciata dalla ricorrente in ordine al mancato espletamento della procedura di verifica e di conciliazione prevista dalle norme sopra indicate tra D.L. ed appaltatore.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente Cedro Costruzioni srl denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4 perchè ha accolto le conclusioni della CTU prevalentemente di natura giuridica, senza alcuna congrua ed adeguata motivazione.

I due motivi di ricorso sono infondati e devono essere respinti.

Il primo motivo di ricorso relativo all’inosservanza della procedura di verifica (il R.D. 25 maggio 1895, n. 350, art. 23 dispone: “Qualora le contestazioni riguardino fatti, il Direttore redige un processo verbale delle circostanze contestate in contraddittorio dell’imprenditore o del suo legale rappresentante, o, mancando questi, in presenza di due testimoni. In quest’ultimo caso copia del verbale sarà comunicata all’appaltatore per le sue osservazioni da presentarsi al Direttore nel termine di otto giorni. Ove in questo termine egli non abbia presentate osservazioni, le risultanze del verbale s’intenderanno da lui accettate.”) è generico, infondato e non pertinente.

In tema di appalto di opere pubbliche, la procedura di verifica richiamata non si configura come una condizione di procedibilità della domanda giudiziale, che deve precedere il ricorso al giudice, con la conseguenza che il suo mancato esperimento non ostacola lo svolgimento del giudizio sull’accertamento e la verifica delle singole riserve.

Infatti, premesso che la mancata attivazione della procedura prevista dal R.D. n. 350 del 1895, art. 23 non prevede alcuna conseguenza sanzionatoria a carico del committente e tantomeno comporta l’automatica conseguenza in termini di fondatezza ed accoglimento delle riserve proposte, risulta dalla sentenza impugnata che la Corte d’appello ha esaminato analiticamente ogni singola riserva e motivato adeguatamente avvalendosi delle risultanze della consulenza tecnica espletata.

L’attuazione dell’opera pubblica, dalla gara di appalto, alla consegna dei lavori, alla loro esecuzione ed al collaudo, si compie in fasi successive attraverso un procedimento formale e vincolato, che si articola in una serie di registrazioni e certificazioni, alla cui formazione l’appaltatore è chiamato di volta in volta a partecipare. Allo stesso è imposto l’onere, reso evidente dal riferimento operato del R.D. n. 350 del 1895, art. 53 alla necessità che l’appaltatore indichi tutte le domande che crede di fare, di contestare immediatamente ogni circostanza che riguardi le prestazioni (eseguite o non), la quale sia suscettibile di comportare un incremento delle spese previste, mediante un atto, pur esso a forma vincolata quanto a tempo e modalità di formulazione, cui deve provvedere tempestivamente, a pena di decadenza, non soltanto per un dovere di lealtà contrattuale e per l’esigenza di tempestivi controlli, ma soprattutto nell’interesse pubblico di consentire all’Amministrazione appaltante la tempestiva verifica delle contestazioni, attesa la necessità della continua evidenza della spesa dell’opera in funzione della corretta utilizzazione e della eventuale integrazione dei mezzi finanziari predisposti per la sua realizzazione.

La censura di carattere generale non coglie la ratio decidendi della sentenza che ha ritenuto infondate le singole riserve dopo analitico esame di ciascuna di esse per i motivi esplicitati in sentenza (che non risultano oggetto di censura) mentre parte ricorrente pretenderebbe di far discendere dal mancato avvio della procedura conciliativa la automatico accoglimento delle singole riserve sollevate mentre, tra l’altro, non risulta nemmeno aver attivato il R.D. n. 350 del 1895, art. 23, comma 2.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto contiene generiche critiche alla sentenza impugnata senza alcun preciso riferimento alle questioni di carattere giuridico che sarebbero state demandate al CTU. Al riguardo, il motivo non coglie la ratio della decisione impugnata in quanto fondato sull’asserita generica violazione dell’art. 116 c.p.c.. La Corte d’appello, invece, ha esaminato analiticamente ogni singola riserva e motivato adeguatamente.

Con ricorso incidentale affidato ad un motivo lo IACP denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1321 c.c. e segg. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 perchè la Corte di Appello di Catania ha respinto l’appello incidentale dello IACP perchè mancante di specificità mentre al contrario il motivo conteneva tutti gli elementi necessari alla decisione.

Il motivo di ricorso è infondato e deve essere respinto. Infatti l’appellante ha l’onere di censurare la statuizione di rigetto con uno specifico motivo di gravame, non essendo sufficiente che egli impugni la sentenza genericamente, dovendo il giudice essere messo in condizione (senza necessità di esplorare, in assenza di parametri di riferimento, le vicende processuali) di cogliere natura, portata e senso della critica. Nella fattispecie la Corte di merito ha ritenuto generico il motivo di gravame avanzato dallo IACP proprio alla luce della mancata indicazione della questione giuridica e dei motivi di diritto sui quali si fondava l’appello.

In considerazione di quanto sopra il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere respinti con compensazione delle spese del giudizio di legittimità stante la reciproca soccombenza.

PQM

Rigetta i ricorsi principale ed incidentale, compensa le spese del giudizio di legittimità tra Cedro Costruzioni srl e IACP.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello ove dovuto per il ricorso principale e incidentale.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 15 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 febbraio 2020

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